Raffaello Masci, La Stampa 3/4/2013, 3 aprile 2013
IL CASO VENARIA E’ ISOLATO?
Tra Pasqua e Pasquetta la Reggia di Venaria è stata visitata da quasi 22 mila persone, cioè 4500 in più della Pasqua 2012. Un caso isolato?
Tutti i musei italiani, per la verità, sono andati molto bene nei giorni pasquali, ma il caso Venaria è, effettivamente, eccezionale. Il «Giornale dell’Arte», che è la bibbia del settore, conferma che Pasqua (insieme al ponte dei Santi) sono i momenti forti di tutti i musei. In questi due giorni di festa, infatti, Venaria ha fatto quello che ha fatto, ma anche il Colosseo è andato benissimo con oltre 23 mila visitatori, mentre 11 mila (in lieve flessione) ne ha avuti Pompei (altra star tra le mete preferite dai turisti) e oltre 20 mila persone si sono messe in fila alla biglietteria degli Uffizi. Di forti aumenti, rispetto a Pasqua 2012 però, si parla solo per Venaria.
È stato l’unico museo preso d’assalto per Pasqua?
Veramente no. Il Museo del Bargello a Firenze ha incrementato le visite rispetto alla scorsa Pasqua del 104%. In numeri assoluti non si possono fare paragoni (22 mila Venaria, poco più di 3 mila il Bargello), ma il museo fiorentino ha potuto beneficiare del richiamo della bella mostra «Percorsi di meraviglia», in cui si esponevano importanti opere appena restaurate.
Gli italiani stanno andando di più al museo ?
I dati pubblicati dall’Istat dicono che i musei italiani nel 1996 avevano 25 milioni di visitatori. Nel 2011 (ultimo dato certificato) si è superata quota 41 milioni. Ovviamente non tutti i musei richiamano allo stesso modo. Nel prossimo numero di maggio, il «Giornale dell’Arte» pubblicherà la classifica dei musei più visitati lo scorso anno. Per loro concessione possiamo anticipare che al vertice ci sono i Vaticani, con oltre 5 milioni di biglietti, seguiti dagli Uffizi con 1 milione e 700 mila visitatori e, medaglia di bronzo, il Palazzo Ducale di Venezia.
E per quanto riguarda i siti archeologici?
La grande star è il Colosseo (con il cui biglietto si visitano anche Foro romano e Palatino), che sfiora i 5 milioni e mezzo di visitatori. È seguito da Pompei, che arriva a 2 milioni.
E le mostre estemporanee belle e costose - vanno?
L’assessore capitolino alla Cultura, Dino Gasperini, ha dato a «La Stampa» in anteprima il dato relativo alla mostra su Tiziano alle Scuderie del Quirinale: solo nei giorni di Pasqua ha richiamato 10105 visitatori che aspettavano in fila per almeno 50 minuti per entrare. Altre mostre andate molto bene, nel 2012 (anche qui per concessione del «Giornale dell’Arte»), sono state quella su «Amore e psiche» a Palazzo Marino, a Milano, che ha richiamato una media di 5040 visitatori al giorno. Seguita dalla mostra, sempre a Milano, su Picasso (4287 al giorno), mentre Vermeer alle Scuderie del Quirinale ne ha fatti 2875. E così via. Queste mostre si tengono, in genere, nei musei e trainano quindi pubblico verso il museo stesso.
Perché alcuni musei vanno bene e altri non decollano?
Secondo Alessandro Martini del «Giornale dell’Arte», il primo fattore che richiama il visitatore è la qualità di ciò che si espone. Tiziano va benissimo perché è Tiziano. Altre mostre, specie quelle didattiche con poche opere e molti pannelli, non tengono. Il secondo fattore sono i servizi museali: bookshop, negozi di souvenir di qualità, bar, ristoranti. Ma anche cose molto più semplici, come i parcheggi, la possibilità di pagare con carta di credito, la cura riservata alle toilettes.
Musei come posto di ritrovo e di svago, quindi?
«Certamente sì - dice Martini -. Il numero dei visitatori è lievitato dopo che sono stati creati i servizi aggiuntivi e si sono curati gli spazi didattici per i bambini, dove i genitori possono lasciare i figli. Se questi servizi funzionano, le famiglie vanno al museo e ci tornano. Ma - sia chiaro - non dimentichiamo la qualità: se non ci sono opere di pregio, il museo non decolla».
Quali sono le città preferite?
Roma, Firenze, Venezia. Ma negli ultimi 10 anni sta crescendo moltissimo Torino. Per contro ci sono città (e relativi musei) che non si riesce a far decollare: Genova, per esempio, o Milano (salvo casi eccezionali, si capisce). «Molto dipende - dice Martini - da quanto le rispettive città credono ai musei e alla cultura come risorsa». L’Accademia di Brera, per esempio - opere di grandissimo pregio ed eccellente gestione da parte di soprintendente e staff - non sviluppa le sue potenzialità: le amministrazioni locali hanno altre priorità. Di quelle nazionali (a corto di soldi) neppure a parlarne.
Quindi i musei potrebbero vivere da soli?
Possono guadagnare di più, ma pensare di essere autosufficienti è un’utopia.