Serena Uccello, Il Sole 24 Ore 3/4/2013, 3 aprile 2013
UN MERCATO SOSTENUTO SOLO DA OVER 50 E IMMIGRATE
I dati diffusi ieri dall’Istat sull’andamento del mercato del lavoro a febbraio sono ancora più preoccupanti di quelli conosciuti in precedenza e lo sono al di là delle apparenze. Velocemente i numeri: a febbraio la disoccupazione è scesa rispetto al mese precedente dello 0,1%. Poco, pochissimo, soprattutto se si considera il ben più cospicuo incremento su base annua (+1,5%). E poco, pochissimo perché veniamo da due mesi tremendi, due mesi che da soli hanno totalizzato 180mila posti persi.
Tanto basta a catalogare la flessione di febbraio come un rimbalzo tecnico. L’osservazione oggettiva delle pedine in campo, compresi i numeri che ci arrivano dall’Europa, porta a dedurre che quello 0,1% è insufficiente a delineare qualcosa di diverso da, appunto, un rimbalzo tecnico, un risultato che attiene più alla legge della statistica che alla speranza di cambiamento. Nulla autorizza, data la gravità della crisi, a pensare che ci troviamo dinanzi a un’inversione di tendenza. Si tratta piuttosto di una correzione, tecnica ripetiamo, di un trend che, se fosse proseguito con la stessa intensità degli ultimi due mesi, avrebbe assunto proporzioni drammatiche.
C’è poi un secondo elemento che raffredda qualsiasi microtentazione di entusiasmo. Il tasso di occupazione (56,4%) è sì aumentato dello 0,1% nel confronto congiunturale ma è calato dello 0,5% rispetto a dodici mesi prima. E non solo: a determinare l’incremento, peraltro esiguo, è stata esclusivamente la componente femminile (circa 48mila occupate in più). Analizzando questo segmento emerge che questi posti al "femminile" sono ricoperti per lo più da straniere e per lo più da over 50. Questo vuol dire che là dove l’occupazione cresce lo fa per effetto dell’immigrazione e delle nuove norme pensionistiche. Un effetto che, se pur positivo, non incoraggia. I piedi restano d’argilla, i posti aumentati, se così è, non sono il frutto di una ripresa dell’economia, non segnano la ripresa di vitalità del sistema produttivo. Anche perché permane ben oltre ogni soglia di allarme consentito la disoccupazione dei giovani. E così dall’argilla passiamo alla sabbia. Anche in questo caso se è vero che la disoccupazione giovanile (37,8%) nell’ultimo mese si è contratta dello 0,8%, il dato resta ben poca cosa rispetto all’incremento annuo del 3,9 per cento. Questo nonostante un pacchetto di azioni, la recente riforma del lavoro, che avrebbe dovuto contribuire proprio a un maggiore inserimento degli under 35. Per quanto, sul punto, è onesto rinviare il giudizio ed attendere i tempi necessari perché un intervento normativo possa mostrare o meno la sua efficacia. A questo si deve aggiungere il fatto che nell’area euro le cose non vanno meglio. Sempre ieri infatti Eurostat ha confermato la disoccupazione al 12%, stabile certo ma su un livello record.