Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Io sono un comune italiano. Come comune italiano avevo il diritto, finché l’Imu esisteva, di aumentarne l’importo secondo percentuali prestabilite. In attesa che il governo decidesse che fare della famosa seconda rata (una cosa sono le promesse, un’altra le promesse mantenute), ho aumentato il costo dell’Imu applicando la percentuale stabilita. Ho messo il conto di questo gettito supplementare in bilancio. Poi il governo ha abolito la seconda rata dell’Imu, e con essa gli extragettito. Il governo, approvando l’Imu, ha previsto tutta una serie di rimborsi per i comuni che percepivano l’Imu normale, e che l’hanno persa. E per me che all’Imu normale avevo aggiunto quel tanto che mi era permesso? Quell’aggiunta - ha detto il governo l’altra sera (proprio mentre Berlusconi decadeva e tutti guardavano da quella parte) - quell’aggiunta io te la rimborso per metà. L’altra metà fattela dare dai tuoi cittadini. Su questo, ieri, è scoppiata una specie di guerra mondiale tra comuni e governo centrale. Guerra che si preannuncia in qualche modo epocale, perché mette di fronte due istituzioni-chiave su un terreno squisitamente politico.
• Quanti sono i Comuni che hanno aumentato l’aliquota Imu?
Seicento.
• Qual è il ragionamento che fanno questi comuni?
Il primo ragionamento di cui dobbiamo riferire è quello del sindaco di Torino, Piero Fassino, che è anche presidente dell’Anci, cioè dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. Fassino ha scritto a Letta (i due, ricordiamolo, appartengono allo stesso partito, il Pd) una lettera in cui si chiede «un incontro urgente per trovare insieme una soluzione soddisfacente alle gravissime problematiche del Comuni italiani, prima che venga adottato il provvedimento d’urgenza relativo alla seconda rata Imu, nonché si definisca il contenuto della legge di stabilità». E poi: «La situazione è al limite della rottura dei rapporti istituzionali tra Governo e Comuni», frase, come può ben capire, pesantissima, tanto più che viene pronunciata non da un qualunque Beppe Grillo, ma da un politico di lungo corso, e dotato di equilibro, come Fassino. Il sindaco di Torino ha fatto seguire all’annuncio della lettera una lunga dichiarazione: «Il governo faccia rapidamente chiarezza sulla seconda rata dell’Imu 2013 e onori gli impegni assunti con i contribuenti e i comuni italiani. I sindaci hanno dimostrato ampiamente responsabilità e spirito propositivo, ma non si può abusare della loro pazienza e tanto meno si può abusare della pazienza dei cittadini. All’atto della decisione di superare l’Imu sulla prima casa il governo assunse due espliciti impegni: i contribuenti non avrebbero più pagato l’Imu nel 2013 e ai comuni sarebbe stato garantito l’identico importo onde poter assicurare l’erogazione di essenziali servizi ai cittadini. È troppo chiedere che finalmente si dia corso a impegni così esplicitamente assunti?».
• Non si potrebbe dire che questi comuni sono stati furbi e hanno alzato apposta l’aliquota per farsi dare più soldi dal governo?
È quello che sembra sospettare il governo stesso. Il quale suggerisce, nel comunicato dell’altra sera, che i comuni rinuncino agli aumenti. Per Milano, ad esempio, questo vorrebbe dire tagliare cento milioni. Ma come escludere che i comuni siano anche stati maliziosi? Come può ben immaginare, io non mi sento di escludere niente.
• Che hanno detto gli altri sindaci?
Abbiamo dichiarazioni - una più dura dell’altra - del sindaco di Milano Pisapia («follia, se così fosse saremmo allo scontro istituzionale»), del sindaco di Napoli De Magistris, del sindaco di Bologna Merola («beffa»), del sindaco di Catania Enzo Bianco. Il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, che è anche membro dell’ufficio di presidenza dell’Anci e coordinatore delle Anci regionali, ha detto: «Siamo sull’orlo della rottura dei rapporti istituzionali. I comuni italiani sono stati molto seri, qualcuno dice che hanno provato a fare i furbi, ma non è vero: fino al 30 novembre c’era tempo per aumentare le aliquote e i Comuni che lo hanno fatto, lo hanno fatto in funzione del bilancio che dovevano approvare. La confusione l’ha generata proprio il governo posticipando i pagamenti». Il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, ha adoperato questa immagine: «È il governo che chiede i soldi ai cittadini, ma sono i sindaci che ci mettono la faccia». Il conto di tutta la faccenda è di tre miliardi. E tuttavia: la legge di stabilità è passata solo al Senato. C’è ancora da percorrere tutto l’iter della Camera. Qualcosa succederà.
• Ho sentito che ci sono state questioni anche sulla legge elettorale.
Non c’è stato solo questo. Napolitano ha detto che Letta deve ripresentarsi alle Camere e chiedere una nuova fiducia sul governo: la maggioranza, con l’uscita di Forza Italia, non è più quella. Ci sono poi i sottosegretari di Fi che - tranne Micciché - non sembrano intenzionati a dimettersi. E infine, sì, c’è la questione della legge elettorale: il governo ha invitato partiti e gruppi parlamentari a raggiungere presto un’intesa. Altrimenti saranno gli stessi ministri a presentare un disegno di legge.
(leggi)