Umberto Broccoli, Sette 29/11/2013, 29 novembre 2013
DOTTI, MEDICI E SAPIENTI
1977, anno dei conflitti e del conflitto. Conflitti sociali e politici con duemilacentoventotto attentati, trentadue gambizzati, undici uccisi. Circa. Conflitto più in generale, perché necessariamente un momento del genere porta con sé, da una parte una sensazione strisciante di insicurezza, dall’altra un fermento creativo legato alla crisi-cambiamento. Non è nostalgia della gioventù, ma realmente i Settanta (e in particolare gli anni a cavallo della metà del decennio) sono stati bollenti in ogni loro aspetto: i Sessanta anni ruggenti, i Settanta anni bollenti. E, di conseguenza, gli Ottanta anni svaporati ed evanescenti, quasi a far sbollire i decenni precedenti. I Settanta hanno usato un po’ tutti i colori della storia: dal rosso al nero se si guarda agli eccessi limitanti della politica, nonché alla policromia del fuoco artificiale libertario e – talvolta – velleitario, ma comunque liberatorio. Nascono le radio private, la televisione trasmette a colori, si chiude la stagione del varietà tradizionale, si scopre la voglia di scendere in piazza non solo per manifestare, ma anche per stare insieme a fare qualcosa, dilaga la canzone d’autore assieme al cantar le piccole storie quotidiane in una alternanza bipolare fra passione d’amore e passione ideologica. “La fantasia al potere” si diceva. Ed era l’aspetto scintillante di quegli anni duri, difficili e complessi. Il mondo di ieri messo in discussione nei Sessanta, ora è messo in ridicolo. I paludamenti, gli orpelli, i simboli del potere (qualsivoglia potere) diventano il bersaglio dello sberleffo, largamente più costruttivo di qualsiasi altra iniziativa contro. Già, perché nei Settanta si doveva essere sempre e comunque contro.
mangiafuoco al potere Nel 1977 esce Burattino senza fili di Edoardo Bennato e vende un milione di copie. È una rappresentazione perfetta del clima e delle reazioni intelligenti a quel clima. Edoardo parte dalla favola di Pinocchio. Già nella scelta c’è il mondo: Pinocchio, la favola, la fantasia, le metafore, il calare i personaggi nel circostante e così via. E così Mangiafuoco è la metafora del potere e chi non obbedisce al burattinaio-padrone fa una brutta fine. Guai a chi è troppo creativo, perché Mangiafuoco “ti dichiara pazzo!”. O, come Pinocchio, puoi rischiare di andare In prigione, in prigione anche se sei innocente. Poi La fata, eco diretta dei movimenti per l’emancipazione della donna: quell’anno muore Giorgiana Masi, uccisa a Roma in una manifestazione di donne: “E forse è per vendetta / e forse è per paura / o solo per pazzia / ma da sempre / tu sei quella che paga di più / Se vuoi volare ti tirano giù / E se comincia la caccia alle streghe, / la strega sei tu...” . Dotti, medici e sapienti è uno sberleffo sonoro all’Accademia e alle sue regole stantie. Accademia dalla quale provengo come tanti. Accademia per la quale, oggi, provo una noia simpatica quando mi capita di tornare ad ascoltare le relazioni di un convegno qualsiasi con Atti pubblicati seguendo rigorosamente le norme di Come si fa una tesi di laurea, il libro di Umberto Eco, pubblicato anch’esso nel 1977. Quando partecipo – raramente – a incontri del genere, quando vedo salire il professore emerito sul palco dell’oratore, sento nella parte interna dei miei pensieri la voce di Edoardo cantare: “Sono a tutti molto grato / di esser stato consultato / per me il caso è lampante / costui è solo un commediante”. Il professore emerito dice più o meno le stesse cose da sempre, con voce impostata, con gli occhialetti a mezzaluna calati sul naso e leggendo rigorosamente da un foglio ogni parola da dire. Aspettando la replica, “sale della scienza”, come dicono i dotti. Anche la replica suonerà così. Parola di Bennato: “No non è per contraddire / il collega professore / ma costui è un disadattato / deve essere internato”. Già, perché “al congresso sono tanti / dotti medici e sapienti / per parlare / giudicare / valutare e provvedere / e trovare dei rimedi / per il giovane in questione”. Mai una canzonetta ha rappresentato così bene l’ambiente accademico. Apparentemente, una caricatura: di fatto, una fotografia realistica su un qualsiasi congresso di qualsiasi materia. Con la demonizzazione del giovane. “Lei è giovane” era la formula-clava per lasciare tutto come era, in quel 1977. Solo allora?