Carlo Bertini, La Stampa 29/11/2013, 29 novembre 2013
PRIMARIE, MARINI D’ALEMA E FASSINA IN LISTE ANTI-RENZI
Se vincere le primarie non viene considerato un problema, invece lo è «riuscire ad avere un segretario che abbia il controllo del partito», ammettono a mezza bocca i renziani alle prese con la limatura delle liste collegate al loro candidato. Un problema non da poco, perché con le pretese di franceschiniani, veltroniani e lettiani saliti sul carro del favorito, Renzi rischia di far eleggere nella sua «quota», cioè la percentuale di voti che uscirà dai gazebo grazie a lui, un buon numero di delegati non di stretta osservanza.
E se non dovessero avere in assemblea nazionale il 51% di voti sicuri, i renziani potrebbero stringere un accordo con Civati e i suoi, rivela un deputato con cognizione di causa. Senza dire però che la linea politica dell’altro rinnovatore è più vicina a quella renziana di quanto non lo sia quella dei neo alleati filo-governativi. E che forse anche questo fattore potrebbe avere un qualche peso per stringere quando sarà una sorta di patto di sindacato. Fatto sta che ora per la carica di presidente dell’assemblea, che fu della Bindi, si parla pure di una giovane, da individuare, di area civatiana.
Tolte quelle che allo stato sono voci, peraltro smentite da Civati, resta la battaglia sulle liste andata avanti fino a notte fonda. E non era un caso se lunedì scorso gli uomini di Bersani rigettavano le letture di un partito ormai libero dei vecchi big, insomma di una rottamazione già compiuta. Solo perché non ce n’era neanche uno all’assemblea del giorno prima. Convocata per lanciare i tre candidati e sciolta subito dopo. A partire da Bersani, i big invece ci saranno tutti e a vario titolo nell’Assemblea «dei mille», quella che durerà tre anni e non un giorno solo. Ma alcuni salteranno la prova dei voti, entrando di diritto: tutti gli ex segretari, quindi oltre a Bersani, anche Veltroni, Franceschini ed Epifani. E nella «delibera» che prevede queste deroghe, sarà compresa come ovvio anche la figura del premier in carica, cioè Letta.
Chi invece vuole cimentarsi ai gazebo “contro” Renzi, oltre a Massimo D’Alema, è Franco Marini, candidato di maggior peso dell’area cattolica ex Ppi, che verrà candidato a Roma. Mentre Beppe Fioroni e la Bindi rientreranno nella quota di cento parlamentari, che in base allo statuto fanno parte del «parlamentino» del Pd.
A rastrellare consensi pro-Renzi e quindi contro Cuperlo, saranno sindaci di prima fascia come Piero Fassino a Torino, Enzo Bianco a Catania. E Michele Emiliano a Bari, la cui candidatura contro quella di D’Alema nello stesso «collegio» avrebbe provocato un terremoto locale, tanto da indurre i capi pugliesi del Pd a chiedere a D’Alema di spostarsi in quel di Foggia. A combattere contro Renzi sono reclutati anche ministri e viceministri, come i giovani turchi Andrea Orlando in Liguria e Stefano Fassina nel Lazio. E governatori, il toscano Enrico Rossi e Katiuscia Marini in Umbria, mentre è in forse Crocetta. Con Cuperlo anche il padre nobile del Pci, Alfredo Reichlin e a Milano il giornalista Gad Lerner. Nel capoluogo lombardo Renzi ha dalla sua Stefano Boeri e la ginecologa Alessandra Kustermann, che vanta un curriculum scientifico di tutto rispetto.
Il braccio di ferro tra i colonnelli che gestiscono la pratica liste ha avuto pure come oggetto la nomina d’ufficio degli ex ministri dei governi di centrosinistra e dei ministri in carica, usciti poi dalla famigerata delibera, insieme agli ex premier: punto spinoso quest’ultimo, poiché avrebbe riguardato non solo D’Alema, comunque candidato, ma anche Romano Prodi, che non ha però neanche rinnovato la tessera.
Il problema per Renzi, che ha depennato vari nomi di lettiani e franceschiniani dalle liste, costringendo a nuove trattative Luca Lotti, è dunque assicurarsi una vera maggioranza in assemblea. E cercare di dare l’immagine di un Pd svecchiato nei suoi organi dirigenti. Intanto ogni giorno che passa se la deve vedere con D’Alema e Bersani: «Non vedo come Renzi possa rivolgersi contro un governo che, oramai, è in gran parte il nostro governo, guidato da un leader del nostro partito e sostenuto per il 90% dai nostri parlamentari. Mi pare problematico», dice il primo. «Sul sostegno al governo si decide tutti assieme», lo mette in guardia l’ex leader...