Paolo Brusorio, La Stampa 29/11/2013, 29 novembre 2013
COSÌ SI COMBATTE IL TIFO VIOLENTO
Esportare il peggio del nostro calcio: la violenza ultrà. Operazione riuscita alla banda dei tifosi laziali che in trasferta a Varsavia per una gara di Europa League hanno dato libero sfogo a biechi istinti. Risse notturne, lanci di pietre e bottiglie contro la polizia polacca. Per la serie facciamoci riconoscere.
E li hanno riconosciuti bene tanto da arrestarne 16 in mattinata e fermarne un centinaio nel corso della giornata. Guardate la foto: mette i brividi. Ragazzi inchiodati a terra e ammanettati, agenti in assetto di guerra. Non sono più tifosi, lo si dice da tempo. Curve chiuse per razzismo, scontri in centro città, agguati nella notte: quasi un monotono ordine del giorno che ormai scandisce il nostro campionato. Ma in questa vicenda di Varsavia c’è qualcosa di diverso dal solito. L’azione e soprattutto, la reazione delle forze dell’ordine. Che non sono state a guardare, che non hanno applicato la strategia attendista del «lasciamoli sfogare perché se interveniamo scoppia il finimondo». Che non hanno accompagnato i teppisti allo stadio, ma al commissariato. Una durezza che può anche far discutere, ma che applicata negli altri Stati ha anestetizzato, quando non anche estirpato, il cancro della violenza ultrà. Da qualche anno gli stadi sono off limits per gli agenti (al loro posto gli steward) che invece hanno intensificato il controllo fuori dagli impianti. Ma l’antistadio, le piazze delle città, i treni, gli autobus, gli autogrill e tutto l’humus dove si nutre il violento restano incomprensibilmente zona franca se a fare danni è l’ultrà. Che se spacca in Italia «viene lasciato sfogare», se invece si ripete all’estero fa una brutta fine. Due pesi, due misure. E il fatto che la nostra sia praticamente colma, ci fa stare con il resto d’Europa.