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 2013  novembre 29 Venerdì calendario

QUEL «BLUFF» DEI SINDACI SULLE ALIQUOTE


«Anche noi #comuni dobbiamo essere seri e schietti. Alcuni aumenti #lastMinute #Imu #primaCasa al massimo dell’aliquota sono delle furbate!». È un tweet di Alessandro Cattaneo, Fi, sindaco di Pavia e vicepresidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni guidata da Piero Fassino, a raccontare, ieri alle 18,11, il grande pasticcio che in giornata si era scatenato sull’Imu.
Con i sindaci di mezza Italia e di ogni schieramento uniti nel protestare contro un decreto, anzi - a ben vedere - contro un comunicato stampa che il Governo aveva diramato la sera prima. È il comunicato che annuncia in modo inequivocabile l’abolizione della seconda rata dell’Imu 2013 sulla prima casa. Ma che, altrettanto chiaramente, spiega che questa abolizione non sarà proprio totale.

Chi ha la prima casa in un Comune nel quale l’aliquota standard (4 per mille) è stata aumentata nel 2012 o nel 2013 dovrà andare alla cassa entro il 16 gennaio.
E pagare una quota (ancora non definita con esattezza, si dice il 40%) della differenza tra l’Imu calcolata ad aliquota standard e l’Imu calcolata con la nuova e più elevata aliquota. Non si tratterà, presumibilmente di grossi importi. E non sappiamo neppure se questa sarà la versione definitiva del meccanismo, ma è quella per ora annunciata dal governo.
Il punto è che, pur sapendo che il governo avrebbe eliminato l’Imu sulla prima casa (l’annuncio è arrivato a fine aprile, il giorno del discorso sulla fiducia del governo Letta), molti comuni hanno deciso di aumentare le aliquote del 2013, confidando che in questo modo avrebbero ricevuto un maggior "rimborso" dallo Stato, che si era impegnato a restituire l’Imu sulla prima casa in via di soppressione. In molti casi - e lo conferma il tweet del sindaco di Pavia - si è trattato di "furbate". Una modalità per reperire risorse "facili", per di più, senza disturbare i concittadini, senza tagliare gli sprechi, senza razionalizzare la spesa.
Il governo, dal canto suo, ha commesso un duplice errore. Il primo, lo abbiamo ripetuto spesso, di abolire un’imposta che tra prima casa e altre esclusioni vale quasi 5 miliardi, senza avere le adeguate coperture. Il secondo, di non aver chiarito con i sindaci che avrebbe rimborsato solo l’Imu senza tenere conto degli aumenti di aliquota decisi nel 2013.
In ballo ci sono almeno 500 milioni, che il governo ora vuole restituire ai comuni solo in parte, lasciandone a carico dei contribuenti circa la metà (forse un po’ meno).
Al di là dei tecnicismi, rimane - come sempre - la sostanza. Che racconta di come, ancora una volta, la vittima del rapporto conflittuale tra due parti dello Stato (il governo e gli enti locali) sia stato ancora una volta il cittadino-contribuente.