Paola Zanuttini, Il Venerdì 29/11/2013, 29 novembre 2013
«LE MIE PRIGIONI» SECONDO PAOLINI (COMINCIATE MOLTO TEMPO FA)
Roma. Appena finito in galera per una brutta storia di prostituzione e pornografia con tre ragazzi di sedici anni, Gabriele Paolini si è messo a scrivere. Le mie prigioni: sì, il titolo è questo. Il suo avvocato Massimiliano Kurnmuller, uomo di legge e di penna, autore di un manuale teorico-pratico di divinazione etrusca, pronostica rivelazioni scottanti. E inserisce il suo assistito nella schiera dei reclusi illustri dediti alle corrispondenze dal carcere: «Genere letterario molto antico, frequentato non solo da Pellico e Maroncelli, ma anche da Cellini, Marco Polo e Paolo di Tarso ». La megalomania di Paolini dev’essere contagiosa; d’altronde, la prima tesi di laurea su di lui s’intitola Fenomenologia di Gabriele Paolini virus mediatico/anticorpo dell’Aids.
Quella tesi, discussa al Dams di Bologna nel 2000 da Francesco Gazzotti, tirava in ballo La società dello spettacolo di Guy Debord e decorava Paolini con la medaglietta di situazionista. Ecco l’alibi colto per ogni provocazione e molestia della sua quasi ventennale carriera di profeta catodico del condom, con un record di 20 mila sabotaggi televisivi certificato nel 2002 dal Guinnes dei Primati. Un profeta che andava in giro con una collana di profilattici da distribuire a telecronisti e presentatori, che pontificava contro Aids, pedofilia e resto del mondo, e considerava un trionfo essere preso a calci da Paolo Fraiese. Un esibizionista cronico che si vantava di aver consegnato un preservativo anche a papa Wojtyla. Un querelante compulsivo che denunciava tutti, compresa la sorella che ne aveva richiesto il ricovero psichiatrico
La strada che, dalle incursioni in tivù, lo ha portato in galera segue in qualche modo la trasformazione mediatica degli ultimi anni: dal predominio della televisione a quello della rete. Con i processi – e le condanne – per interruzione di servizio pubblico, violenza privata e offese, le fastidiose comparsate del profeta catodico (dicitura obsoleta nell’era del plasma) si sono un un po’ diradate. E Paolini si è gettato a capofitto nella rete, aprendo siti e riempendo di proclami, invettive, diffamazioni e filmati Facebook e YouTube, che lui, con il suo accento un po’ nordico e un po’ affettato dall’erre moscia, pronuncia Fesbúk e Iutubé. Dai tribunali come dai social network ha più volte annunciato l’addio alle birichinate tivù: come al solito in mutande, il 16 novembre 2012 lo ha ufficializzato davanti all’Agenzia giornalistica Italia. L’abbandono della cattiva maestra (con doverosa e orecchiata citazione di Karl Popper) è stato proclamato al megafono: da quel giorno Paolini si sarebbe dato anima e corpo al porno e avrebbe ceduto lo scettro al suo discepolo Niki Giusino, ragazzo paffuto e rosso di capelli, allora diciassettenne, dotato di sito personale in cui si definisce teledisturbatore per antonomasia.
Naturalmente era una bufala. Perché le teleincursioni sono continuate, ma soprattutto perché al porno Paolini si dedicava già da tempo con un sito hard e con un palmarès di pellicole inaugurato nel 2006 da Dottor Gay & Mr. Hide, presentato come ducufilm sulla prostituzione maschile e stroncato dalla critica di settore.
Anche il porno si presta ai détournement situazionisti, ma in questo caso Paolini pare aver seguito derive più classiche: abboccamenti sulle hotlines, tempestose amicizie e inimicizie con le star del ramo, stalking, tentate estorsioni. Dai nani e le ballerine agli avatar dello squallore. Si potrebbe leggere una coerenza, una pretesa di denuncia quasi politica in questo trasloco, nell’ostentazione di coprofilia e pissing, nella lite finita in Procura con un ex compagno di scuola, Robert Bernocchi, con il quale aveva aperto un sito di cinema e che ha cominciato a molestare pesantemente on line, ma anche per strada, accusandolo di ogni nefandezza e definendolo alternativamente il mio più grande amore, ma anche il marchettaro più noto d’Italia.
Guardando i sintomi, si potrebbe invece leggere questo declino come un aggravamento delle condizioni psichiche. Qualche elemento: il turpiloquio che irrompe nella logorrea professorale; l’atteggiamento sempre più molesto e persecutorio; il feticismo (commercio di peli e mutande); la scarsa igiene (Emilio Fede ha detto di aver tenuto le finestre aperte per tre giorni dopo averlo ricevuto); le pulsioni autodistruttive (anche estetiche: un’orrenda capigliatura giallo-nera) che lo hanno convinto a definirsi il nuovo Pa(s)olini.
Inseguendo Paolini su internet e nei suoi libri Il profeta del condom e Io, pagina ribelle (anagramma del suo nome ad opera dell’ignoto poeta Stefano Nera), si scopre che ha una diagnosi di disturbo bipolare e che ha mandato giù parecchio Zyprexa, un potente antipsicotico, che ha seri problemi di insonnia, che ha desiderato o tentato il suicidio, che è stato violentato a 13 o forse a 16 anni da un prete amico di famiglia nella spiaggia romana di Capocotta. Si viene a conoscenza anche della prima eiaculazione, avvenuta a 11 anni vedendo Otto e mezzo (la Saraghina): da lì è partita l’adorante persecuzione di Fellini, con incursioni anche in ospedale, rilanciate a mezzo stampa. Ma con le dichiarazioni di Paolini non si può mai star tranquilli. Per esempio, la storia del prete: si chiamava Vittorio Damiani e nel 2003 si è impiccato nel carcere di Bergamo dov’era recluso per altre accuse di pedofilia. Mentre l’adolescente Paolini cresceva a Casal dei Pazzi, periferia nord orientale di Roma, don Damiani faceva il parroco nel Bergamasco e poiché la denuncia è molto tardiva si può sospettare che Paolini abbia letto la storia sui giornali facendola sua. Il sospetto cresce, guardando una sua intervista a una tivù locale in cui la sedicente vittima rivela il ricorso a pratiche diaboliche per indurre il prete al suicidio. Nella stessa intervista, per dimostrare che la cultura è nutrimento, strappa e inghiotte le pagine di un libro.
Ma non era uno studente modello, Paolini. Primo figlio maschio, viziato, dopo tre sorelle, era un allievo fancazzista e molesto del liceo classico Orazio: denunciò a Forum la prof di greco. Ha solo il diploma di terza media, che scrive con le iniziali maiuscole.
Altro mistero: come campa il nullatenente Paolini che, per i suoi incontri con i tre minorenni utilizzava uno scantinato della zia a piazza Bologna? Come si paga spese legali e per le teleincursioni o i suoi eventi? Per gli avvocati non c’è problema: interviene lo Stato con il gratuito patrocinio. Per vitto e alloggio c’è la casa dei pazienti genitori a Casal dei Pazzi: lui generale in pensione; lei, secondo il figlio, ex cantante lirica. La stanza da teen ager o la sala coi mobili in stile sono il set dei suoi proclami o delle interviste svaccate alla pornostar di turno. Per le trasferte, ha dichiarato che un decimo dei suoi blitz sull’emittente di Stato erano concordati: «Grazie a questa complicità che, dal ‘97 a oggi, ho direttamente con diversi giornalisti, autori, registi, tecnici audio e video, appalti Tv, tutti della Rai, ho avuto ben 87.950 euro, senza contare i biglietti di treni, aerei, alberghi, pranzi e cene pagati dagli stessi esponenti Rai». Poi ci sono i cachet delle sue comparsate in melanconici ristoranti e circoli militari.
Il primo articolo su Paolini risale al liceo: si presentò all’Unità dicendo che Gente Motori lo aveva pagato dieci milioni per un geniale opuscolo con le risposte ai quiz di guida. «Gli abbiamo fatto un pezzetto sulle pagine nazionali ed è cominciato l’assedio» ricorda Pietro Stramba Badiale. «Poi per fortuna fui trasferito dagli Interni alle Scienze». Sul blog culturale Minima & Moralia, lo scrittore Christian Raimo, che era suo compagno di scuola, ha postato un intervento molto ripreso e discusso in cui cerca di raccontare cosa c’è sotto la maschera da mostro di Paolini. Raimo ha messo in conto le reazioni eccessive, e ribadisce che Paolini era sveglio, gli piaceva il cinema, si dava da fare. «Ma era anche insopportabile, aveva un personaggio prestabilito, il gagà, che non mollava neanche ai corsi di teatro. La sua collezione di autografi era impressionante: faceva sega a scuola per andare davanti agli studi della Dear, lì vicino, dove in quegli anni si cominciavano a registrare tantissimi programmi Rai. La vicinanza con la Dear c’entra qualcosa con la storia di Paolini. E il passaggio dell’eterno carnevale, anche televisivo, degli anni 80 alla disillusione dei 90 c’entra molto con la nostra generazione che, all’epoca, almeno a Casal dei Pazzi, adorava gli artisti sfigati, fuori moda. Detestavamo essere borghesi, ma anche così lontani. In centro non andavamo mai, meglio allora Spinaceto. L’ho incontrato qualche anno fa, Gabriele: non la finiva più di parlare e mi è sembrato solissimo».