Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 29 Venerdì calendario

TIENI I SOLDI IN BANCA? ALLORA DEVI PAGARE


Pagare per il «privilegio» di tenere il proprio denaro depositato in banca? È quello che rischia di succedere negli Stati Uniti.
Gli istituti di credito minacciano di ricorrere a una simile misura se la Federal Reserve farà una mossa per ora solo discussa a porte chiuse, dai suoi governatori: ridurre l’interesse (oggi 0,25%) ottenuto dalle banche sulle riserve depositate presso la Fed.
Alle spalle ci sono anni di diatribe tecniche sul modo migliore per riattivare il credito ai settori produttivi senza rendere di nuovo vulnerabili le banche. La cosa più interessante — e preoccupante, per gli Usa per i possibili riflessi in Europa — è che a questa discussione se n’è sovrapposta un’altra assai più «sanguigna»: quella sulla cosiddetta «stagnazione secolare», il fantasma di economie destinate a non crescere più in misura significativa se non si inventano strumenti nuovi. Uno spettro evocato da Larry Summers l’ 8 novembre in una conferenza di economisti al Fondo Monetario.
La sua analisi pessimista sui meccanismi inceppati della crescita (non basta neanche il denaro a tasso zero imposto dalle politiche della Fed, ci vorrebbe un tasso negativo del 2-3 per cento per tornare verso pieno impiego) è stata contestata da molti economisti. Indigeste, soprattutto, le conclusioni di Summers. L’ex ministro del Tesoro di Bill Clinton ed ex consigliere economico di Obama non propone terapie specifiche, ma chi lo contesta sostiene che la sua logica emergenziale spinge verso un uso irresponsabile del denaro pubblico e porta a soste- nere l’economia gonfiando una bolla finanziaria dopo l’altra.
Ma le idee di Summers — uno che ha speso la vita tra la Casa Bianca e Harvard e che Obama avrebbe voluto a capo della Fed — non possono essere riposte facilmente in un cassetto. Anche perché la sua analisi è condivisa da economisti progressisti e anche liberali di valore, da Paul Krugman a Martin Wolf. Le loro proposte in parte sono tradizionali: mobilitare l’eccesso di risparmio che non trova investimenti produttivi spingendolo verso programmi di opere pubbliche, soprattutto quelle mirate alla riduzione di emissioni di CO2. Ma, con lo spettro della deflazione che torna ad affacciarsi, c’è chi cerca modi di produrre un po’ di inflazione che, in dosi moderate, può essere un utile lubrificante per l’economia.
E qui stanno facendo molto discutere le idee di Miles Kimball, un economista della Michigan University. Anche lui, come certi banchieri, vuole «punire» chi deposita il suo denaro sul conto corrente, ma non per rimpinguare i bilanci degli istituti di credito. Kimball vuole spingere l’economia trasformando questo meccanismo di interessi negativi da tassa per i depositanti in incentivo per gli investitori. E se la gente ritira il denaro dalla banca e se lo tiene in contante? È qui la vera innovazione di Kimball: tutti i prezzi verrebbero fissati in dollari elettronici il cui valore, all’occorrenza, può essere variato, mentre quelli di carta subirebbero una lenta erosione del loro rapporto di cambio rispetto alla moneta elettronica. Di fatto una tassa sugli acquisti in contante. Non vi piacerà, ma sono queste le idee che circolano sul nostro futuro economico digitale.
Massimo Gaggi
@massimogaggi