Ugo Magri, La Stampa 29/11/2013, 29 novembre 2013
LA TENTAZIONE DI BERLUSCONI UNA CANDIDATURA ALL’ESTERO
La prima notte senza scudo parlamentare Berlusconi l’ha superata indenne. Nessuno ha bussato alle porta di Arcore verso le cinque del mattino per trascinarlo dietro le sbarre (ipotesi che non sta né in cielo né in terra, secondo le Procure) o con un mandato di perquisizione in mano per rovistare nei cassetti e sotto i materassi (circostanza meno inverosimile, magari in orari più civili). Pare addirittura che Silvio abbia dormito senza bisogno della fiala di sedativo, tipo quella che il professor Zangrillo gli aveva inoculato prima del comizio a via del Plebiscito affinché riposasse almeno un paio d’ore. Nel «day after» della sua decadenza, il Cavaliere è parso tonico e pimpante, per nulla lamentoso, anzi super-combattivo. «Sto come un leone», è andato rassicurando le «pie donne» del centrodestra, preoccupatissime del suo stato psichico.
L’uomo senza dubbio è risentito, la rabbia deve ancora sbollire, si spinge a promettere che «mai più metterò piede alla Camera o al Senato, neanche se mi pregano in ginocchio». Però almeno non sembra preda della depressione, come gli capitò invece nel 2006, dopo la legnata elettorale incassata da Prodi. Si è accorto che non solo Renzi e Grillo fanno politica in grande senza fregiarsi del titolo di «onorevole», ma pure Vendola appartiene alla categoria dei leader extra-parlamentari. Insomma, non si sente da solo in castigo. Prenderà un po’ di respiro per sé, concentrerà l’attenzione sul business di famiglia dopo che per dieci giorni nemmeno aveva trovato modo di rispondere per telefono ai figli (qualcuno gliel’ha rimproverato quando li ha adunati finalmente l’altra sera a cena). Quindi ripartirà con slancio nell’organizzazione del partito e dei club «Forza Silvio», così almeno promette, «anche perché ho tutto il tempo a disposizione...».
Gli è giunta notizia delle liti romane tra quelli che sarebbero corsi sotto il Quirinale con le fiaccole e i cartelli la sera stessa della decadenza, e gli altri (anche loro «falchi», ma con più sale in zucca) che hanno tirato il freno. Berlusconi come sempre è dr Jeckill e mr Hide. Farà opposizione durissima al governo, questo è sicuro; eppure non è detto che voglia sbarrare la via alle riforme istituzionali, a una nuova legge elettorale o a un piano per l’emergenza-carceri (tutti temi su cui Napolitano ha insistito con una delegazione forzista). Sta prendendo coscienza che le elezioni politiche anticipate «sarebbero una grande occasione di rivincita. Però non siamo nemmeno riusciti a rinviare il voto sulla mia decadenza, figurarsi se ce la faremo a rovesciare la maggioranza e il governo...». Per cui, in attesa che provveda Renzi a rovesciare il tavolo, il Cavaliere si concentra sulle elezioni europee di fine maggio. Torna in auge una voce abbastanza incredibile, già circolata tempo fa: l’entourage starebbe valutando l’ipotesi che Berlusconi si candidi non in Italia (la legge Severino glielo vieta per i prossimi 6 anni) ma in un altro paese Ue. Ci sono dei precedenti. Per esempio, nel 2009, il giornalista Giulietto Chiesa sorprese tutti proponendosi in Lettonia. Se ne seguisse le orme, Berlusconi dovrebbe spostare la residenza nel Paese prescelto: circostanza problematica, alla luce della condanna di un anno da scontare. Nel caso di Berlusconi, la condizione indispensabile, tuttavia, è che la legge locale non vieti la candidatura a chi ha conti aperti con la giustizia. Ma se per avventura la candidatura andasse in porto, e addirittura riuscisse a farsi eleggere nel Parlamento europeo, Silvio ritroverebbe un palcoscenico politico e, soprattutto, l’immunità perduta. Ecco perché, nello scetticismo di chi se ne intende, intorno a lui perfino di questo si ragiona.