Mario Garofalo; Mario Porqueddu, Corriere della Sera 29/11/2013, 29 novembre 2013
TRAMONTO DI UN NOME L’IMPROBABILITÀ DI CHIAMARSI MARIO
Se c’era una cosa probabile per un maschio del secolo scorso era di chiamarsi Mario. Che non era male, perché veniva dall’etrusco e voleva dire «uomo», forse anche «condottiero», come l’anèr greco che ha dato origine ad Andrea. Quel nome era talmente piaciuto ai genitori dell’epoca che si era diffuso rapidamente, fino a trasformarsi nel paradigma dell’italiano medio. Sulle schede elettorali tipo c’era scritto «Mario Rossi», quando la Nintendo si era ispirata a un idraulico italiano aveva pensato a un «Super Mario», Ligabue in «Certe notti» cantava «ci vediamo da Mario» e volendo risalire indietro fino al cinema degli anni Cinquanta, Capannelle nei «Soliti ignoti» si metteva a cercare un Mario tra i ragazzini e si sentiva rispondere: «Qua di Mario ce ne so’ cento». «Ma io voglio uno che ruba». «Sempre cento ne so’». Quei tempi ora sembrano destinati a finire, chiamarsi Mario è diventato improbabile e lo certificano i dati dell’Istat. Il nome resiste nelle generazioni adulte, conta ancora 362.645 sull’elenco telefonico nazionale (quinto posto dopo Giuseppe, Antonio, Giovanni e Francesco), ma è praticamente sparito nelle ultime generazioni, risulta fuori dalla lista dei primi trenta scelti dai genitori nel 2013, scalzato dal papale Francesco, al primo posto (Bergoglio, comunque, di nome si chiama Jorge Mario...), e poi dagli Alessandro, Andrea, Lorenzo, persino Christian con l’«h» e senza. I primi segnali negativi si erano avuti nel 2011, quando nessun nato è stato registrato all’anagrafe di Gorizia, una vera e propria roccaforte, dove esistono due club dedicati al Santo che organizzano feste in pizzeria la sera dell’onomastico alle quali un tempo partecipava perfino Soldati. Ma adesso il tracollo è ovunque. I motivi? C’è stato chi ha sparato contro il nome, come Vasco Rossi, che si è messo a cantare «ringraziando Dio non mi chiamo Mario» pur di fare una rima. C’è stata la declinazione in «Mariuolo» dedicata da Bettino Craxi al Chiesa di Tangentopoli. Ma dev’essere stata proprio l’identificazione con l’italiano qualunque, quel suo essere troppo normale e troppo poco evocativo, a determinare il minor fascino del nome. Che pure qualche rappresentante piuttosto in vista ultimamente l’ha avuto e ancora ce l’ha, dal governo di Mario Monti ai gol di Mario Balotelli, fino alla nomina di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea, chissà che non basti a risollevarne le sorti. E scusate se la speranza viene espressa da due che «ringraziando Dio» si chiamano Mario.