Franco Rollo, l’Unità 29/11/2013, 29 novembre 2013
LO SCHIAVO VICHINGO – [UNO STUDIO IN SCANDINAVIA SVELA LE ITE DEGLI ULTIMI]
PRESSO I VICHINGHI LO SCHIAVO, A PARTE IL SOLITO COROLLARIO DI FATICHE SPOSSANTI, BOTTE E MALTRATTAMENTI ASSORTITI che hanno frequentemente accompagnato la sua condizione nelle società antiche non se la passava poi tanto male; di positivo c’è che poteva beneficiare di un regime alimentare paragonabile a quello degli uomini liberi, cosa non da poco per la Scandinavia della Tarda Età del Ferro, dove l’approvvigionamento alimentare rappresentava il problema principale di sopravvivenza.
C’era però un preoccupante handicap: se il padrone moriva, lo schiavo veniva decapitato e posto nella tomba come offerta per il morto. Le prove di una serie di atti collettivi di brutalità che testimoniano quanto poco, agli occhi dei predoni nordici, potesse valere la vita di un uomo, sono rimaste celate per secoli sotto il suolo di un’isoletta a nord-ovest della Norvegia.
Una recente indagine scientifica in cui si è fatto uso di sofisticati metodi di antropologia archeologica e forense le ha riportate alla luce. Tutto ha avuto inizio tra il 1980 e il 1983 con lo scavo di un’area cimiteriale sull’isola di Flakstad, nell’arcipelago delle Lofoten. Nell’area, gli archeologi localizzarono alcune sepolture che risalivano all’epoca vichinga (800-1030 dopo Cristo). Si tratta, per la precisione, di tre tombe individuali, due tombe doppie ed una tripla, per un totale di dieci individui inumati. Fin qui niente di insolito, le sepolture multiple non sono rare nei contesti archeologici e vengono interpretate dagli antropologi alla luce della volontà di evidenziare un legame di parentela o di clan tra i defunti. A Flakstad però qualcosa non tornava: mentre nelle sepolture individuali erano sempre presenti scheletri completi, in quelle doppie e triple lo scheletro completo era uno solo, gli altri mancavano del cranio. Scavando nei cimiteri vichinghi può succedere di imbattersi in situazioni simili. Quando ciò si verifica si ipotizza che si tratti di schiavi sepolti con i loro padroni. Le testimonianze più evidenti di questa pratica sono le decapitazioni, le mani e i piedi legati e le tracce di maltrattamenti che sono rimaste fissate indelebilmente sulle ossa.
Normalmente è relativamente facile identificare, rispettivamente i padroni e gli schiavi, decapitazioni e maltrattamenti a parte: basta esaminare le offerte funerarie che accompagnano i resti; poverissime o inesistenti nel caso degli schiavi, più ricche nel caso dei padroni. A Flakstad c’era però un problema: le offerte consistevano solo in alcuni coltelli, un morso equino, una perlina di ambra, ossa di animali, pozzetti di ferro, una pietra per affilare le lame spezzate e poco altro. Difficile, su una base così misera, identificare con sicurezza i diversi strati sociali. A completare l’inchiesta a trenta anni di distanza, come nella miglior tradizione dei «cold cases» ha provveduto un team di specialisti delle università di Oslo e di Stoccolma.
Occorre premettere che è possibile ricostruire la dieta alimentare di un individuo nelle diverse fasi della sua vita attraverso l’analisi degli isotopi stabili del carbonio, del fosforo e dell’azoto che si accumulano nelle ossa e nei denti seguendo il percorso della catena alimentare. Gli investigatori sono partiti dal presupposto che le tombe singole contenessero gente comune, uomini liberi, seppur poveri. Le sepolture doppie e triple avrebbero invece contenuto un padrone accompagnato da uno o da due schiavi, a seconda delle circostanze. Sempre secondo l’ipotesi di partenza si sarebbe dovuta evidenziare una gerarchia alimentare con il livello più basso negli schiavi (gli scheletri privi di cranio), seguito, a salire, da quello degli uomini liberi, (quelli sepolti in tombe singole) e quindi dai padroni. I risultati delle analisi sono stati eloquenti anche se non esattamente nel senso che i ricercatori si attendevano.
Si è visto che l’alimentazione degli uomini liberi si basava su una dieta mista di origine marina (merluzzo, verosimilmente) e terrestre (poca carne e cereali). Nettamente diversa era l’alimentazione dei più ricchi che consumavano prevalentemente carne. Quanto agli schiavi, le analisi isotopiche hanno mostrato che la loro dieta non differiva, qualitativamente, da quella degli uomini liberi. Il cimitero di Flakstad, con qualche sorpresa, ci restituisce così lo spaccato di una società povera in cui uno schiavo ed un uomo libero di bassa condizione conducono esistenze forse non tanto diverse e in cui lo status di nobile si manifesta non tanto attraverso il possesso di oggetti di valore, armi, armature, monili, vesti, ma col differenziarsi dagli altri strati della popolazione attraverso una dieta particolare: il nobile viene alimentato per essere tale fin dalla più tenera infanzia. Crescendo imparerà a riconoscere la distanza che lo separa dagli uomini comuni e dagli schiavi; imparerà, tra le altre cose, come, da grande, si dovrà comportare con questi ultimi al momento della morte di un altro nobile.