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 2013  novembre 29 Venerdì calendario

PERISCOPIO


Dubbi – E se invece gli avessero fatto un favore? Jena. La Stampa.

Il profitto non è «lo sterco del diavolo» (come predica, male, il Papa gesuita, «pauperista», demagogo e vanesio, alla perenne ricerca di visibilità mediatica) ma è la benzina che fa girare il motore della crescita e del benessere generale. Piero Ostellino. Corsera.

Cuperlo sembra un politico della Prima repubblica, e nel pensarlo elaboro il complimento più grande. Ha l’autorevolezza, pacatezza e cultura di quella gente lì; la sua totale anomalia rispetto ai tempi potrebbe anche farlo funzionare in tv, dove non passerebbe inosservato. Ma non lo conosce nessuno, a volte viene scambiato per Civati, e chi lo conosce sa di lui che è stato dalemiano prima, bersaniano poi (biglietti da visita, questi, per lo più impopolari, mediaticamente inaccettabili). Diego Bianchi. il venerdì.

In Italia è sempre florida l’ideologia del complotto degli epigoni della «Stragi, desidera?», così rispondeva al telefono la geniale centralinista dell’apposita commissione parlamentare d’inchiesta. Tra i pensieri, diceva Francis Bacon, quello del sospetto è come il pipistrello tra gli uccelli: si alza in volo sempre al crepuscolo. Lanfranco Pace. Il Foglio.

Che cos’ha Matteo Renzi di così speciale? Se lo ascoltate, nulla. Parla chiaro, asfalta, si veste, è cool, le sciorina, ha la battuta, dispone di un arsenale comunicativo eccellente e variopinto con tempi di reazione da campione di scherma. Ma, sotto le parole, niente, non un programma, non un sogno, non una grande visione per il futuro. Paolo Guzzanti. Il Giornale.

Il congresso più importante del Pd si è svolto in una serena e assoluta indifferenza per i contenuti. Finora si è discusso soltanto di regole interne. Nessuno conosce il programma dei candidati, che in qualche caso esiste, in altri sì, ma non conta nulla. Curzio Maltese. il venerdì.

Nel Diciannovesimo secolo la politica era concepita come esercizio della potenza; nel Ventesimo come la messa in opera di un progetto. Ma un progetto pilotato da chi? Lenin aveva conferito un ruolo preponderante agli intellettuali, perché pensava che gli operai fossero troppo dipendenti dagli schemi del pensiero capitalista. Stalin fece il contrario: si sbarazzò (crudelmente) degli intellettuali e confidò la gestione del paese alle élite operaie. Queste ultime girarono le spalle al progetto politico e installarono un regime di privilegi. Gli oligarchi della Russia attuale sono i discendenti diretti di questa «gestione popolare». È l’Europa intera che poi è stata colpita da questa deriva. Perché, demonizzando gli intellettuali, l’esperienza sovietica ha portato un colpo mortale alla politica come progetto intellettuale. Oggi la politica si riduce alla gestione degli interessi privati: «Un mondo senza idee». Rita Di Leo, L’Espérience profane. L’Eclat.

La nobiltà nera romana tradisce il Cavaliere. Guarda con disgusto il generone forzista che adesso è approdato in San Lorenzo in Lucina. «Un’accozzaglia di orribili uomini tinti, dai capelli color nocciola o, peggio, biondo saggina, vestiti super leccati e soprattutto tutti uguali e in egual maniera, supercafoni», scrive in un posto su Facebook, Blasco Notarbartolo, che sarebbe duca di Villarosa, ma al blasone non ci tiene e preferisce essere chiamato «signore». Perché «ce ne sono così pochi in giro». Insomma «a sfregiare con camionette dei carabinieri e bandiere distoniche l’armonia del luogo» mal gliene incolse al Cavaliere, tuona Notarbartolo che peraltro ha un cuore che batte a destra. Sforza Ruspoli, uno che il blasone prima di tutto («meglio nobile che ignobile» il suo motto), uno che vuol «liberare» Roma dai partiti e dalle sedi istituzionali. Tutti via. «Vadano altrove, perché sono incompatibili. Roma è una città sacra, il centro deve essere riservato ai pedoni, al culto e alle processioni». Giampiero Cazzato. il venerdì.

In piazza Lega Lombarda c’era un bisca. Uscì un tizio «stirato»: cioè senza una lira. Aveva perso tutto ai dadi. Mi fa, ovviamente in dialetto: «Non ho un centesimo, portami a casa, domani passi in quel bar e ti pagheranno». Così avvenne. Cosa voglio dire? C’era rispetto delle gente e delle regole. Ognuno faceva la propria scelta. Senza, nei limiti, rompere le scatole al prossimo. Gualtiero Felisi, taxista a Milano.

La Chiesa del Medioevo è riuscita a condurre una generosa, e spesso vittoriosa, battaglia non solo contro l’usura, come pudicamente sempre si dice, ma contro l’interesse. Ma, alla fine, ha prevalso il mercante (oggi chiamato imprenditore) con la logica dell’investimento. È qui che cambia tutto. Al quieto e circolare presente si sostituisce il dinamico e imperscrutabile futuro che, dopo una travolgente cavalcata durata due secoli e mezzo, ci ha portati alla situazione attuale, un teorema insolubile: dobbiamo crescere ma non possiamo più crescere. Massimo Fini. Il Fatto quotidiano.

Per quanto riguarda lo stand dei beduini all’Expo 2015 abbiamo pensato di ricostruire 100 km esatti di deserto, da Milano Pero Fiera a Vercelli, al posto della pista ciclabile (che per motivi istituzionali viene abolita). Tutti i giorni la gente potrà vedere i cammellieri andare e venire da Milano a Vercelli e viceversa con i dromedari carichi di spezie, tappeti e unguenti. I biglietti per lo stand dei beduini sono abbastanza costosi: 5 euro per entrare. Chi ha qualcosa da trasportare da Milano e Vercelli può usare i cammelli. È compreso nel prezzo del biglietto (mobilio fino a 200 kg). Maurizio Milani, Uomini che piangono per niente. Rizzoli.

Con Vittorio Gassman e Carmelo Bene passammo serate memorabili. Ci trovammo all’Aquila. Eravamo una setta dedita alle libagioni. Dopo una settimana, in giro, non si trovava più una goccia di vino. Luigi Proietti. Il Fatto.

Tirò indietro la testa e mosse la braccia come un cigno che stia per spiccare il volo: «L’onore», declamò guardando sopra la testa dei suoi commensali, «è ciò che ci fa essere uomini, perché un uomo senza onore è un uomo che non esiste: non ha amici, non ha rispetto, non può disporre dei suoi familiari e nemmeno di se stesso. Non è un uomo: è un ciottolo in mezzo alla strada che tutti calpestano, è un orinatoio a fianco d’una piazza, dove tutti pisciano...». Sebastiano Vassalli, Il cigno. Einaudi.

Una donna che ti ha rubato il cuore lo terrà fino al prossimo furto. Roberto Gervaso. Il Messaggero.