Alain Le Roy, la Repubblica 29/11/2013, 29 novembre 2013
REPUBBLICA CENTRAFRICANA, L’EUROPA FACCIA LA SUA PARTE
La Repubblica Centrafricana (Rca) sta vivendo oggi la peggiore crisi della sua storia. La comunità internazionale può e deve agire. È la stabilità di tutto il continente che è nuovamente messa in gioco.
In questo Stato devastato, intere zone del territorio sono in preda alla violenza di bande armate. Saccheggi, reclutamento di bambini-soldati, villaggi bruciati, stupri, esecuzioni sommarie: le popolazioni civili ne stanno pagando il prezzo. Un abitante su dieci ha già dovuto abbandonare la propria casa. Il tasso di mortalità infantile, molto elevato, è ulteriormente peggiorato, fino a raggiungere il 25% in alcune zone. Il sistema sanitario è critico, con la comparsa di epidemie locali e solo 7 chirurghi per cinque milioni di abitanti. Al clima di paura che si è venuto a creare s’accompagna anche la minaccia imminente di una catastrofe umanitaria.
In questo territorio potenzialmente ricco ma terribilmente povero, si sviluppano tensioni intercomunitarie e interreligiose. L’ostilità tra cristiani e musulmani è già all’origine di numerosi morti. La spirale di odio che oppone tra loro gli abitanti rappresenta una minaccia: bisogna evitarla ad ogni costo.
Il rischio per l’Europa è quello di vedere tutta la regione destabilizzata con quello che ciò comporta in materia di terrorismo o d’immigrazione illegale, problemi con i quali l’Italia così come la Francia dovranno fare i conti. La Repubblica Centrafricana non si chiama così per caso: si trova difatti al bivio della zona dei Grandi Laghi, dei due Sudan, del Camerun, del Ciad, e del Congo. L’insieme del continente avrebbe molto da perdere se diventasse il santuario di gruppi armati criminali o terroristici.
Non possiamo ignorare la crisi in Rca. I paesi del centro dell’Africa, l’Unione africana, sono in allerta e mobilitati. Né l’indifferenza, né il non agire rappresentano valide opzioni. Cosa dobbiamo fare?
Innanzitutto suscitare l’impegno dei centrafricani stessi. Le autorità locali, anche transitorie, devono garantire l’ordine pubblico, proteggere le popolazioni civili e lottare contro l’impunità. Devono assumere i loro impegni: condurre la transizione politica, organizzare elezioni entro e non oltre l’inizio del 2015 come previsto dagli accordi internazionali. Dal canto loro, gli attori della società civile centrafricana, in particolare i religiosi, devono continuare a mobilitarsi a favore della pace civile. Hanno bisogno di essere sostenuti, come sottolineato dal ministro francese degli Affari esteri, Laurent Fabius, e dalla Commissaria europea agli Affari umanitari, Kristalina Georgieva, in occasione della loro missione congiunta, a Bangui, il 13 ottobre scorso.
Un impegno forte della comunità internazionale è imperativo. Passa attraverso un sostegno umanitario immediato. L’Unione Europea e le Nazioni Unite vi stanno lavorando. La Francia dedica, da sola, diversi milioni di euro ad azioni umanitarie nel campo dell’alimentazione e della salute. Tali sforzi devono accompagnare l’azione delle organizzazioni non governative, in particolare centrafricane, che operano con coraggio a favore delle popolazioni più colpite.
Ma il miglioramento della situazione umanitaria è ovviamente inscindibile dal ripristino prioritario e urgente della sicurezza. Tutti gli attori, politici e umanitari, condividono questa osservazione.
L’Africa è in prima linea e ha cominciato ad intervenire. Prima, i paesi vicini e poi tutta la regione: nel luglio, l’Unione africana ha deciso di dispiegare una forza africana, la Missione internazionale di sostegno in Centrafrica (Misca), che la Francia sostiene e sosterrà. Il ministro francese della Difesa ha appena annunciato che, per sostenere l’azione della Misca, la nostra presenza militare nel Paese sarà prossimamente aumentata per raggiungere fino a 1000 uomini.
La comunità internazionale deve sostenere l’azione di questa forza militare, in tutti i settori, compresa la copertura finanziaria. La risoluzione 2121 del Consiglio di sicurezza adottata all’unanimità il 10 ottobre scorso rappresenta una prima tappa. Questa dinamica deve essere estesa tramite un impegno collettivo forte, a New York, a Bruxelles e a Addis Abeba, da parte di tutti i partner che si preoccupano del futuro di questi milioni di donne, uomini e bambini. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha appena riferito al Consiglio di sicurezza le scelte da fare. Una nuova risoluzione dell’Onu è imminente, orientata verso l’azione.
La Francia desidera che l’Unione Europea svolga pienamente il suo ruolo in questa mobilitazione internazionale e rafforzi il suo coinvolgimento in Rca. La Francia e l’Italia l’hanno incoraggiata a farlo durante il Vertice italo-francese di Roma il 20 novembre scorso. Essendo il primo finanziatore in Rca, la Ue ha già rafforzato per ben due volte nel 2013 il suo sostegno umanitario a questo paese. Ha sottolineato la sua intenzione a proseguire il suo impegno nel quadro di un approccio globale alla stabilizzazione della situazione in Rca, anche tramite un impegno finanziario alla Misca. È una sfida importante che attende l’Unione Europea nel corso delle prossime settimane e per la quale la Francia conta sulla partecipazione dell’Italia. Dobbiamo continuare ad agire insieme affinché, un anno dopo lo scoppio della ribellione, la Repubblica Centrafricana possa tornare a sperare.
L’autore è l’ambasciatore di Francia in Italia