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 2013  novembre 29 Venerdì calendario

QUINDICI EURO PER 20 BEVUTE A SERA L’ALCOL-TOUR CHE DEVASTA I RAGAZZINI


L’obiettivo della serata è strisciare. Strisciare fuori dall’ultimo locale barcollando sulle gambe, con tanto alcol da riuscire appena a star in piedi (e sono pochi quelli che ce la fanno). “Strisciare” è la traduzione di crawl, una delle due parole che compongono il nome di una tendenza ormai consolidata anche in Italia: il pub crawl. Consiste nell’andare in una decina di locali a bere a prezzo fisso per tutta la notte, un menù alcolico di 15-25 euro (a seconda della città) cui si accede tramite giovani organizzatori poliglotti e spesso senza scrupoli, che non esitano ad accettare nel gruppo minorenni o ad abbandonare in strada i partecipanti più ubriachi che rallentano il giro.
Se ne parla da anni, ogni tanto rispunta perché ci scappa il morto (a Roma se ne contano 6 dal 2007), ma stavolta a preoccupare è la deriva dei minorenni. Alle serate non ci sono solo energumeni da dieci pinte a sera, ma anche ragazzini che finiscono in coma etilico senza accorgersene.
Qualcuno potrebbe dire che ci sono decine di adolescenti che fanno la stessa fine bevendo alcol comprato al supermercato - verissimo - ma ciò non rende più accettabile il bar tour.
Il servizio è rivolto soprattutto agli stranieri, agli studenti universitari in Erasmus, ma spesso partecipano anche gli italiani.
«Lo fanno per scopare» spiega senza giri di parole Simon (forse un nome finto), organizzatore da sei mesi del pub crawl a Roma e Milano, «le ragazze si ammazzano di alcol e a fine serata andrebbero a letto anche col padre. Non capiscono niente, e c’è gente ne approfitta ». Non a caso alcuni organizzatori a inizio serata regalano preservativi. «È un modo per rompere il ghiaccio: alla fine la maggior parte dei ragazzi, maschi e femmine, vogliono arrivare a quello».
Per arrivarci, però, bisogna prima passare attraverso una deicna di locali, in un gioco dell’oca alcolico in cui a ogni tappa c’è una birra, un cocktail, uno bicchierino di vodka o rum.
Chiediamo a un altro pr di Milano informazioni per un gruppo di 8 persone, spiegandogli che ci sono anche due 17enni. «Guarda, in linea di massima non è un problema, l’importante è che non dimostrino 15 anni (ride). In genere sono tollerati un paio di minorenni nei gruppi. Certo, se siete tutti “sbarbatelli” allora il discorso cambia, in quel caso non si può far nulla».
La stessa cosa accade a Firenze, dove negli ultimi tempi c’è stato un aumento di avvistamenti degli zombie da tour bar, riconoscibili grazie al braccialetto colorato indossato ad inizio serata. Una volta venivano distribuite magliette col logo dell’organizzazione, poi, con gli incidenti e l’attenzione sempre maggiore delle forze dell’ordine (a Roma è stato imposto il divieto del pub crawl), s’è preferita la strada della sobrietà.
«Un gruppo di ubriachi è meno evidente se non indossa maglie uguali» racconta Simon, «inoltre, per aggirare l’ostacolo dei divieti, ora sugli inviti si scrive “Ultimate Party”, è generico ma chi deve capire capisce».
A conferma della natura anglosassone basti pensare che proprio ieri, in occasione della Festa del Ringraziamento americana, è stato organizzato un giro a Roma. È qui che il fenomeno ha superato il limite, passando da occasione di sballo a tragedia.
L’ultimo caso risale a giugno. Andrew Keith Carr, studente americano di 21 anni, sta tornando a casa con amici dopo un giro dei locali, sale su un muretto, azzarda un saltello e precipita sul Lungotevere morendo sul colpo. Prima di lui c’era stato Alfredo Maria Capaldo, studente della Luiss di 23 anni originario di Lecce, precipitato con la sua Mini Cooper nel Tevere dopo un volo di 10 metri dal Ponte Palatino di ritorno da una serata. Era l’alba del 22 marzo 2007.
Stessa ora ma del 29 agosto 2009 tocca a Keith Jason Scorer, 20enne australiano, che dopo il tour alcolico cade sugli argini del fiume sotto Ponte Cavour. Altro ventenne il primo aprile 2010, stavolta americano: Connor Grimes, cade al termine di una serata passata a bere dal balcone al settimo piano di un palazzo in via Ippolito Nievo dove viveva con amici (alcuni parlarono anche di suicidio). Dal terzo piano di un ostello in via Solferino scivola invece John S.C., 22 anni, anch’egli con tasso alcolemico molto alto. La serie continua con Han Kwang Kee, turista 19enne di origini sudcoreane ma con cittadinanza statunitense, trovato senza vita sulla banchina all’altezza del Lungotevere di Tor di Nona con al polso il braccialetto del giro dei bar. Per gli ultimi due casi gli organizzatori sono stati accusati di omicidio colposo per aver lasciato le vittime da sole prima dell’incidente nonostante non si reggessero in piedi. Non riuscivano neppure a strisciare.