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 2013  novembre 29 Venerdì calendario

LE VEDOVE INCONSOLABILI


La vignetta di Vauro, con il tappo dello champagne che fa plif, rende bene l’idea dell’insoddisfatta soddisfazione di chi l’altroieri avrebbe dovuto esultare per la liberatoria, ancorché tardiva, cacciata di Berlusconi da un Parlamento in cui non avrebbe mai dovuto mettere piede. Eppure è come se gli Evviva ci fossero rimasti strozzati in gola. Non parliamo dei parlamentari del centrosinistra che, salvo rare eccezioni, hanno sempre e fino all’ultimo lavorato per lui, riportandolo al potere dopo la scoppola elettorale di febbraio, rieleggendo con lui Napolitano, facendo scegliere a lui il premier Nipote e manomettendo con lui l’articolo 138 della Costituzione in attesa di scassarne con lui tutta la seconda parte, e ora fischiettando fanno finta di non averlo mai conosciuto. Parliamo di chi l’ha combattuto davvero, sempre, irriducibilmente, senza mai votarlo né rinunciare a contestarlo anche in piazza. E ora sente il retrogusto amaro della vittoria mutilata. I motivi sono tanti, ma ne citiamo due. Primo: lo spettacolo horror di quella robaccia che si fa chiamare Nuovo Centrodestra e che Scalfari incredibilmente spaccia per la “nuova destra repubblicana”: se il futuro che ci attende sono gli Alfano, Schifani, Quagliariello, Cicchitto, Formigoni che una settimana prima della decadenza hanno morso la mano che li ha nutriti per vent’anni, tanto vale tenersi il puzzone: se non altro ha 78 anni e dura un po’ meno. Secondo: la lettura dei giornali finto-indipendenti, che han tenuto bordone al Caimano per vent’anni e ora che è decaduto, senza un briciolo di autocritica, gli saltano addosso con la violenza indecente di Maramaldo, pronti a balzare sul carro dei nuovi vincitori. Ma, siccome sotto sotto si vergognano, non rinunciano all’equazione cerchiobottista “berlusconismo uguale antiberlusconismo”. Per raccontarsi e raccontarci che chi non ha mai scelto da che parte stare fra legalità e illegalità, fra democrazia liberale e conflitto d’interessi, insomma fra guardie e ladri, sguazzando in mezzo al guado e ciucciando un po’ di qua e un po’ di là, non aveva tutti i torti.
Basta leggere gli editoriali dei vari Battista, Folli e Polito, prefiche inconsolabili delle defunte larghe intese. Sono gli stessi che, per compiacere i loro editori e il santo patrono del Sistema, cioè Napolitano, due anni fa accreditarono la patacca di un B. convertito a statista che accettava bontà sua di dimettersi per sostenere il governo Monti in nome dell’interesse nazionale e della grandi riforme. Poi, quando un anno fa il noto responsabile staccò la spina a Bin Loden, si stracciarono le vesti, scoprendo di botto che era un irresponsabile. Subito si agitarono per mettere in guardia Bersani dall’allearsi con quei brutti ceffi di Di Pietro e Ingroia, e poi dal tentare approcci con quel putribondo figuro di Grillo. E quando nacque il governo Letta riattaccarono con la bufala della pacificazione nazionale e della riconversione di B. a statista per salvare la patria. Lui, vivaddio, coerente come non mai, pensava solo a salvarsi dalla galera. Infatti, quando il salvacondotto è sfumato, ha ristaccato la spina. E soli li ha lasciati, a maledire di nuovo la sua improvvisa, inaspettata irresponsabilità.
Fa quasi tenerezza Pigi Ballista quando secerne sul Corriere tutto l’amaro stupore perché “Forza Italia ha legato indissolubilmente il suo futuro alla sorte parlamentare del suo leader” (e a chi doveva legarla, a Giovanardi?), “si ritira dal tavolo delle riforme istituzionali” (se Dio vuole, almeno quel pericolo pare scampato) e manda “al diavolo il paese” (perché, che altro aveva fatto dal ’94 a oggi?). E si domanda affranto “che fine ha fatto il senso di responsabilità giustamente sbandierato” con la rielezione di Napolitano. Dài, su, Pigi, non fare così: non ti ha detto niente la mamma? “L’idea di una persecuzione giudiziaria del leader” che tu scopri ora con due decenni di ritardo come “inaccettabile”, è la stessa che hai sempre propagandato su La Stampa, su Panorama, su Rai1 e infine sul Corriere . O dobbiamo ricordarti tutto noi?

Molto commovente anche Polito: per lui il vero dramma non è un governicchio che non fa nulla e dunque ce lo terremo sul groppone per altri due anni. Ma il fatto che “si ricomincia” con la guerra “fra berlusconiani e antiberlusconiani”, tra “i falchi di qua e di là”, e lui non sa mai cosa mettersi: per lui chi ha sempre avuto torto e chi ha sempre avuto ragione sono la stessa cosa. Anche perché lui non lo sa proprio, cosa vuol dire avere ragione. Stefano Folli, sul Sole 24 Ore, trova “qualcosa di incivile nell’esultanza di chi riempiva i calici per brindare alla caduta del ‘nemico’”. Giusto: avrebbero dovuto listarsi a lutto per non imbarazzare la corte di paraculi e leccaculi che han tenuto in vita Berlusconi per vent’anni, non ne hanno mai azzeccata una e ora, anziché scavarsi una buca e seppellircisi dentro, ci spiegano come uscire dal berlusconismo col nipote di Gianni Letta e con tutti gli Alfanidi. Qualcuno evoca l’eterno trasformismo e gattopardismo italiota, come dopo il fascismo. Ma il paragone non regge: nel 1946 al governo andò De Gasperi, non il nipote di Starace con Ciano vicepremier.