Gianluca Oddenino, La Stampa 29/11/2013, 29 novembre 2013
“VENTURA? LO DETESTO... IO E LUI, QUANTA GAVETTA”
[Gian Piero Gasperini]
La bestia nera del Toro sorride. Perché ha ritrovato la sua casa dopo tre anni da dimenticare e soprattutto ha fatto ripartire il Genoa con 14 punti in 7 partite. Solo la Juve nello stesso periodo ha saputo fare di più e, guardando il mare dalla finestra del suo ufficio di Pegli, ora Gasperini è pronto alla «guerra dei (Gian)Piero».
Come sono i rapporti con Ventura? Tre anni fa dopo un Genoa-Bari volarono parole dure…
«Fuori dal campo sono buoni: è una persona cordiale. In campo ci detestiamo».
Perché?
«Ci stiamo sulle scatole l’uno con l’altro, calcisticamente parlando… Però recentemente ci siamo trovati a Torino in piazza San Carlo e abbiamo preso un caffè insieme. E l’ha offerto lui, mi ha stupito…».
A proposito di genovesità. Non è curioso che un torinese come lei abbia fatto fortuna qui, mentre Ventura sia l’artefice del miglior Toro di Cairo?
«Qualcuno potrebbe dire che nessuno è profeta in patria, ma io qualche soddisfazione a livello giovanile in dieci anni me la sono tolta con la Juve a Torino…».
Quanti derby ha vinto?
«Non li ho mai contati».
Per lei la sfida di domani sera è un derby?
«Sinceramente lo è per i tifosi granata. Io voglio battere il Toro non perché è il Toro, ma per il Genoa».
Però i derby le portano bene, nell’ultimo lei era spettatore allo stadio e arrivò la firma col Genoa…
«Vero, ero all’Olimpico. E non avrei mai pensato di tornare da Preziosi. Razionalmente dicevo no, ma poi sono prevalsi sentimento e incoscienza. Ho accettato una scommessa difficile, anche per dimostrare che le minestre riscaldate possono essere buone. È stata una sana follia, ma a volte ti fa fare la scelta giusta».
3-4-3 contro 3-4-1-2. È vero che Ventura veniva a studiare il suo primo Genoa?
«Era amico di Capozucca e dopo l’esonero di Pisa era spesso ai miei allenamenti».
Quanto fu vicino ad allenare il Toro nell’estate 2011 prima dell’ingaggio di Ventura?
«Incontrai Cairo ad Arenzano. Io ero in un momento di auge e il Toro in B: non se ne fece nulla, ma almeno servì a ristabilire i rapporti dopo la famosa partita del maggio 2009».
Nel marzo del 2012, invece, venne contattato da Cairo?
«Ci furono sondaggi, ma non diretti».
A lei piacerebbe allenare un giorno il Toro?
«Sarebbe un’altra delle cose stranissime della mia vita, come questo ritorno a Genova. Però adesso io devo vivere il presente: a forza di inseguire il futuro, aumentano i capelli bianchi».
Le dà più fastidio essere definito la bestia nera del Toro, visto che lei non ha mai perso contro i granata, oppure l’uomo che l’ha mandato in B?
«Quel Toro aveva perso 19 partite su 38 e quando hai quel ruolino, retrocedi da solo. Bestia nera? Non lo sono, lo dite voi».
Lo dicono i numeri…
«Pure coincidenze».
Ha sfiorato il Toro, ma anche la panchina della Juve. Rimpianti?
«No, è andata così ed era destino. Adesso diventa difficile pensare che possa succedere, però mi sarebbe piaciuto».
Nell’estate 2009 lei criticò la scelta dei club di affidarsi ad allenatori senza gavetta. Vedendo come è andata a finire la Juve di Ferrara, è stato profetico…
«Allenare è diverso dal giocare a calcio: quelle scelte furono un tentativo di screditare il lavoro degli allenatori».
Questo Genoa-Toro non ha raccomandati…
«Sì, ma forse la nostra è stata una gavetta un po’ troppo lunga… Anche se poi quando sono partito ho scalato in fretta, dalla C fino all’Inter. E lì ho toppato».
Perché?
«Sono arrivato nel momento sbagliato, con idee che non erano accettate in quel momento».
Da ogni esperienza si impara sempre qualcosa. Cosa le hanno insegnato Milano e Palermo?
«All’Inter non ho lavorato. A Palermo è stata una stagione proprio storta. L’insegnamento? Non ci dovevo andare».