Francesco Calogero; Giorgio La Malfa, Il Sole 24 Ore 29/11/2013, 29 novembre 2013
IL NUCLEARE È PIÙ DI UN PERICOLO
L’opinione pubblica sottovaluta da sempre il pericolo delle armi nucleari. Si sente dire che avrebbero impedito la guerra fra Usa e Unione Sovietica e che il loro potere distruttivo sarebbe la garanzia che non verranno impiegate. Il libro di Eric Schlosser, Command and Control è un antidoto alle illusioni. Basato su documenti declassificati o ottenuti grazie al Freedom of Information Act, il libro è privo di sensazionalismo, ma, leggendolo, si sente un brivido correre nella schiena e si capisce perché personaggi americani quali Kissinger, Schultz, Perry e Nunn, che non sono delle colombe, sollecitino lo smantellamento degli arsenali e la messa al bando di tali armi.
Che comportano tre rischi: un conflitto che ne faccia uso; un’esplosione accidentale; il terrorismo. Rischi concreti e realistici che aumentano al crescere dei Paesi nucleari e dei loro arsenali.
Primo, non è vero che la capacità distruttiva degli arsenali americani e sovietici abbia avuto un effetto stabilizzante. Il mondo è andato più volte vicino a una guerra nucleare, sia nei momenti di tensione fra Usa e Urss, sia in circostanze del tutto casuali, per effetto di falsi allarmi. Schlosser riferisce di una riunione fra Kennedy e i suoi consiglieri militari durante la crisi di Berlino nella quale fu seriamente considerata l’opzione di lanciare un attacco nucleare preventivo (p. 277). Nella crisi di Cuba si è andati vicini a uno scontro nucleare fra le due superpotenze. Mentre chiedevano a Kruschev di non introdurre armi nucleari a Cuba, gli americani ignoravano che un certo numero di esse erano sull’isola e che i comandanti russi erano autorizzati ad usarle in caso di tentativo di invasione militare Usa. Se gli americani avessero invaso Cuba, la guerra sarebbe scoppiata. La catastrofe fu evitata per i contatti diretti e segreti fra Robert Kennedy e i sovietici con l’ambasciatore Dobrynin.
Vi è stato il rischio di una guerra per errore. Nel 1960 i radar indicarono che era partito un attacco nucleare contro gli Usa. Scattò la massima allerta. Partirono aerei e solo a pochi minuti dal punto di non ritorno, ci si rese conto che era stato male interpretato da parte dei computer il sorgere della luna (pp. 253-254). Nel 1979, i radar segnalarono l’arrivo di decine di missili sovietici, salvo scoprire che era stato inserito per sbaglio nei pc il programma di un’esercitazione(p. 366). In Russia, nel ’95, i comandi militari informarono Yeltsin che gli Usa avevano lanciato un attacco. Anche in questo caso, si scoprì in tempo che si trattava del lancio di un satellite metereologico norvegese preannunciato da settimane alla Russia(p. 478).
Non meno drammatica è la storia degli incidenti. Ve ne sono stati centinaia, nascosti ai cittadini e alle forze armate. Scrive Schlosser: "Attraverso il Freedom of Information Act ho ottenuto un documento che elenca gli ’Accidenti e incidenti che hanno coinvolto armi nucleari fra l’estate del ’57 e la primavera del ’67’. È un documento di 245 pagine. L’ho mostrato a due funzionari del governo Usa che avevano lavorato nella sicurezza delle armi nucleari in quegli anni che non avevano mai visto il rapporto e che rimasero sconvolti dopo averlo letto" (p. 465).
Il mondo ha saputo di alcuni incidenti, di altri no. Il 17 gennaio 1966, vicino a Palomares in Spagna, si schiantò al suolo un B52 con quattro ordigni nucleari. Una delle bombe, caduta in mare, non è stata più ritrovata. Tre caddero a terra, non esplosero, ma due di esse rilasciarono una notevole quantità di materiali radioattivi. Pur negando ogni pericolo, nella bonifica venne incenerito l’equivalente di 4mila camion di prodotti vegetali e furono trasferiti negli Usa circa mille metri cubici di terreno (pp. 315-319). Un altro incidente avvenne in Groenlandia il 21 gennaio 1968. Un B52 con quattro bombe cadde vicino alla base di Thule. Le bombe non scoppiarono, ma la terra contaminata riempì 147 carri merci (pp. 320-323). Un terzo incidente avvenne il 19 settembre 1980 in Arkansas, in un silos che ospitava un missile Titan armato di una testata nucleare. La descrizione dell’incidente è fra le più drammatiche. Anche in questo caso, non vi fu un’esplosione, ma la dispersione di radioattività fu significativa. Quanto alla Russia si sa pochissimo. Si sa, però, di un incidente a Chelyabinsk-65 nel 1957 dove un’esplosione "diede luogo a una contaminazione radioattiva per centinaia di miglia quadrate" (p. 467).
Infine, vi è il rischio del terrorismo. Una Commissione senatoriale Usa negli anni 60 constatò che in alcune basi aeree vi erano aerei dotati di testate nucleari pronti al decollo affidati alla sorveglianza di un unico militare americano. In un’altra circostanza fu constatata la violazione della regola della doppia chiave che doveva garantire l’impossibilità di un uso non autorizzato delle armi.
L’aumento dei Paesi nucleari non aumenta solo il rischio che queste armi vengano usate, cresce il pericolo del terrorismo. Il Pakistan ha collocato le proprie armi nucleari nella parte del Paese più lontana dall’India e le ha disperse sul territorio. Ma nell’area scelta dominano i gruppi terroristici radicali che potrebbero facilmente impadronirsi di uno di questi siti.
Questo è il quadro che emerge dal libro di Schlosser. Nel 2009, a Praga, Obama ha fatto proprio l’appello di Kissinger ed altri alla eliminazione delle armi nucleari. Noi siamo convinti che l’Europa debba impegnarsi seriamente in questa direzione, cominciando dal rimuovere le armi nucleari presenti in cinque Paesi europei (fra cui l’Italia) e incoraggiando un dialogo con la Russia che ha ancora centinaia di testate nucleari a corto raggio. Se i Paesi che hanno i maggiori arsenali nucleari non compiono atti concreti e rilevanti volti alla riduzione dei loro arsenali, sarà molto difficile evitare una catastrofe annunciata.