Aldo Grasso, Corriere della Sera 29/11/2013, 29 novembre 2013
LA REPLICA INFINITA NEL SALOTTO DI VESPA
Mercoledì sera, in prima serata, «Porta a porta» ha officiato, secondo i riti dei sacri romani salotti, l’uscita dal Senato di Silvio Berlusconi, in assenza del protagonista. Riusciremo mai, un giorno, a officiare la decadenza di questo modo di fare tv? scanso di equivoci, qui si parla di linguaggi e non di persone.
Dalla prima intervista di Bruno Vespa al Berlusconi politico (11 maggio 1994), passando per il famoso contratto con gli italiani (18 maggio 2001), il destino dei due si è spesso intrecciato, specie dal punto di vista simbolico. Berlusconi ha fatto dell’autoreferenzialità la sua cifra espressiva (la sua politica è la sua persona, la sua ideologia è lui stesso) e per un ventennio è riuscito a catturare un elettorato che sogna in piccolo lo stesso tipo di protagonismo.
Vespa ha fatto qualcosa di più: con i suoi modi curiali, con la vischiosità delle sue parole, ha benedetto la politica autoreferenziale, quella politica che si rispecchia solo in se stessa (e quale miglior specchio della tv?), che parla tra sé e sé, credendo che le cose importanti siano solo quelle che succedono dentro i partiti e hanno un’eco televisiva.
Tutti i talk politici sono autoreferenziali e l’uscita da questo serpente che si morde la coda è solo il populismo, che raccoglie rabbia e frustrazione, da Santoro a Paragone.
Se mercoledì è stata scritta una pagina storica (lo hanno ripetuto in molti, come un mantra) ebbene questa epopea in tv non si è vista. Nel salotto di Vespa, che tutto incorpora, che tutto metabolizza, è andata in onda una replica vista mille volte: le lamentazioni querule di Mariastella Gelmini, le navigate furbizie di Pier Ferdinando Casini, le sottili analisi di Gianni Cuperlo (un ghiacciolo scalda di più), le inconsistenti burbanze del senatore M5S Mario Giarrusso (non basta fare il collegamento esterno per preservarsi dal vespismo).
Ci sarà un dopo Berlusconi? Ci sarà un dopo Vespa?