Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è una certa probabilità che si vada a votare in ottobre, con partiti diversi da quelli che ci sono adesso e anche con qualche faccia nuova o seminuova…
• Con una nuova legge elettorale?
Chi sa. Il tempo mi pare poco. Berlusconi accetterebbe anche il sistema tedesco, ma con uno sbarramento del 6%, in modo da ridurre per quanto possibile la presenza delle formazioni piccole e dalle alte capacità ricattatorie. Il sistema spagnolo, prevedendo circoscrizioni minuscole, renderebbe lo stesso la vita difficile alle formazioni nane. Ma l’impressione è che non ci sarà il tempo di sostituire il porcellum. Oltre tutto, benché in genere sia tornato di moda il proporzionale, i dettagli da mettere a punto sono così numerosi che è probabile una nuova elezione col sistema attuale.
• Ma come mai andremmo a votare a ottobre? E lo spread?
È possibile che lo spread ne tragga addirittura beneficio: i mercati, di fronte a una svolta che potrebbe metter tranquillo il paese per cinque anni, dovrebbero reagire bene. C’è poi il problema del progressivo indebolimento del governo, dovuto all’affannoso tentativo dei partiti di recuperare consenso e visibilità, ma anche alla decisione di Monti di non dichiarare una guerra senza quartiere alle forze politiche, cosa che avrebbe potuto, e forse dovuto, fare fin dall’inizio.
• In che senso?
L’eccezionalità del governo tecnico e della situazione finanziaria in cui il Paese si trovava lo scorso novembre avrebbe permesso a Monti di dire ai partiti: guardate, io faccio quei cinque-sei decreti legge che reputo indispensabili per uscire dalle sabbie mobili in cui ci troviamo. Decidete voi quando verrà il momento di buttarmi giù. Cioè, senza contrattare niente con nessuno, né con i partiti né con i sindacati né con le lobbies. Chi avrebbe avuto il coraggio di farlo cadere consegnandosi quindi a una catastrofe elettorale? Il punto è che questa linea di attacco frontale non è nello stile, pur coraggioso, del presidente della Repubblica. Napolitano ha predicato la concordia, l’intesa più larga possibile, la politica dell’ascolto e della mediazione, specialmente quando s’è trattato della riforma del lavoro. Così i partiti hanno mangiucchiato, depotenziandolo, il decreto sulle liberalizzazioni e adesso stanno svirilizzando quello sul mercato del lavoro. Monti non poteva avere contro, nello stesso tempo, il Quirinale e le forze politiche e quindi non ha approfittato della debolezza dei suoi interlocutori: i partiti sono ridotti a un gradimento del 2% e i sindacati sono costretti a manifestare di venerdì in modo da rallentare il traffico e farsi notare, tanto sparuta è la partecipazione ai cortei romani.
• Come mai il voto a ottobre potrebbe a questo punto risultare conveniente?
Beh, supponendo che Monti e i ministri attuali siano i candidati di qualcuno, dalle elezioni uscirebbe una maggioranza certa e capace di appoggiare (forse) fino in fondo quello che ancora oggi ci ostiniamo a chiamare “governo tecnico”. I partiti hanno cominciato a muoversi questa settimana. Casini ha sciolto i vertici dell’Udc e annunciato che a settembre nascerà il “Partito della Nazione”. L’idea è quella di attirare i cattolici del centro-destra e quelli del centro-sinistra. I cattolici del centro-destra hanno già mandato un segnale significativo: il senatore Beppe Pisanu, fino a questo momento pidiellino, ha firmato con altri 28 suoi colleghi una lettera in cui si esorta il centro-destra ad andare «oltre il Pdl». Sono quelle espressioni vaghe, ma dall’aria forte, che precedono qualche sussulto. Lei sa chi è Pisanu?
• Vagamente.
Un sassarese di 75 anni, possibile prossimo presidente della Repubblica (dopo Segni e Cossiga sarebbe il terzo sardo al Quirinale). Gran marinaio della navigazione politica, negli anni Settanta si mise alle costole di Zaccagnini, troppo buono per sopravvivere altrimenti nella Dc di Moro. Al centro-sinistra piace. Se ha stilato un documento in cui dice che bisogna «andare oltre» va preso molto sul serio. Infatti Casini ha fatto la sua mossa il giorno dopo e anche Berlusconi è improvvisamente tornato alla ribalta, e non solo al processo per Ruby. Alfano ha inopinatamente annunciato «la più grande novità della politica italiana» di cui saremo informati però solo dopo le elezioni amministrative. Un’idea di quello che sarà ce la siamo già fatta: scioglimento del Pdl e nascita di un movimento che potrebbe chiamarsi “Nuova Italia” o qualcosa del genere. Facce nuove, cinquantenni, e le solite cose da marketing. Bersani sta a guardare, per ora: non può dire che s’alleerà con Vendola per non perdere il suo lato destro. E non può dire che farà asse con Casini per non perdere il suo lato sinistro. Contrappone questo stallo all’attivismo di tutti gli altri e lo chiama «usato sicuro». Auguri.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 22 aprile 2012]