Antonello Caporale, la Repubblica 22/4/2012, 22 aprile 2012
Nel paese dei commissari – Iniziarono a rifare le strade, e a porre argini per far defluire le acque senza che allagassero più i campi e le case, e a ridipingere le aule della scuola lercie di scritte, e a rifare gli intonaci
Nel paese dei commissari – Iniziarono a rifare le strade, e a porre argini per far defluire le acque senza che allagassero più i campi e le case, e a ridipingere le aule della scuola lercie di scritte, e a rifare gli intonaci. Decisero di sostenere le mura del municipio, intaccate dalle crepe e dall´incuria, e colorarlo con tinte così forti che potessero pungere gli occhi dei visitatori e costringerli a vedere l´edificio dove dimora lo Stato. La bandiera dell´Italia fu issata, e anche le scale della piazza furono ricoperte di travertino, fino a quell´anno erano state infatti di terra battuta. Ci sono punti geografici, luoghi di questo Paese dove la democrazia non riesce ad attecchire. Ci sono città e villaggi dove il voto è spesso incatenato al crimine, l´uno sorregge l´altro, e il momento dell´elezione è un´altra occasione per la devianza, una sua prosecuzione tecnica, una corsa verso l´infinito del malaffare. E posti dove forse la democrazia più che morta non è mai nata. Platì non riesce a sopportarla, non diciamo a godersela, ma nemmeno un pochino ad apprezzarla. È l´Aspromonte, la ´ndrangheta, le famiglie avvinghiate alla barbarie a dominare l´aria e la miseria, e rifugiarsi nelle caverne, follia sotterranea di una comunità che scava dentro di sé per ripararsi dallo Stato, cunicoli e gomiti, anfratti e imbuti nei quali un giorno si sono incamminati i carabinieri dei reparti speciali guidati dal giudice Gratteri. Più che una retata somigliò a una spedizione speleologica, una visita dello Stato nei tubolari della ‘ndrangheta più arcaica. A Platì Giorgio Bocca, sceso in Calabria per scrivere dell´Aspromonte, prese uno spavento quando si vide chiedere un passaggio da una coppia di vecchietti, moglie e marito. Era in auto, li accolse. Con premura malcelata domandò loro: «È buona la strada? E i banditi ci sono?». La donna, vestita di nero, gli rispose: «Quelli noi non li vediamo, ma chi conosce la sua giornata prima che sia finita? A ognuno la sua ora, ma tu vai tranquillo». A Platì nessun sindaco resiste, in quella conca arsa e grigia dell´Aspromonte non c´è democrazia. Si vota per finta, si amministra per finta. Due anni e il Consiglio comunale si scioglie, il sindaco ripara altrove, scappa, si ribella al destino di governare l´ingovernabile. Alcune settimane fa il ministro dell´Interno ha sciolto di nuovo il Consiglio comunale. Nessuna sorpresa. La sorpresa, se si può dire così, la ebbero i cittadini durante la penultima tornata commissariale, quella che va dal 2006 al 2009. Perché finalmente si capì - lì si è effettivamente e definitivamente compreso - che la democrazia è una pietra preziosa che non tutte le dita di una mano possono esibire. In Piemonte, in Veneto, persino a Cosenza, a Cagliari, in Puglia. Altrove è possibile, ma ci sono luoghi in cui il voto è una fanfaronata della legalità, una finzione pura e semplice. «Quando arrivammo nel 2006 trovammo una comunità inselvatichita, assente da qualunque consapevolezza del bene comune. Il municipio faceva orrore solo a vederlo, le pareti della scuola erano lenzuola di inni a Totò Riina, alcune strade ancora levigate a cemento, e nessuno scolo per le acque piovane. Mura sbrecciate, mattoni bucati, una nuvola grigiastra e indistinta. Se esiste un´estetica dell´anti-Stato quella era lì». Filippo Romano, uno dei tre viceprefetti che hanno avuto la ventura di governare l´ingovernabile, rievoca i tre memorabili anni nei quali - seppellita la finzione del voto popolare - si costruì una parvenza di futuro. I commissari iniziarono dalla base della coscienza civica: comprare colori e pennelli, e avviare - grazie anche a un finanziamento straordinario di un milione di euro, il cash extra che lo Stato destinava (ora non più) ai commissari dei municipi sciolti per mafia - un´intensa microattività di lavori pubblici. In tre anni si fece quello che in venti nessuno aveva pensato di fare, o potuto fare. «C´erano forme di vandalismo giovanile quotidiano, un furore animalesco che tranciava anche solo l´idea che potesse esistere un bene comune. Abbiamo fatto fronte a quel furore alcune volte con l´astuzia, per esempio erigendo in un piccolo slargo una statua con l´effigie di Padre Pio, comprendendo che con Padre Pio in campo la partita muta di segno». I commissari scelsero così di affidare a ciascuna famiglia cinquemila euro: era il corrispettivo che lo Stato dava a chi avesse deciso di dipingerla. Soldi cash a presentazione di fattura. Uno, due, tre, poi quattro famiglie iniziarono a scrostrare i muri di grigio e le vie si colorarono, «non avevamo un piano colore - ricorda Romano - ma non ci interessava. Qualunque tintura sarebbe stata meglio di quel grigio mortale». Le case, qualche piazza, le borse lavoro per attività a bassa intensità intellettuale, le panchine e le strade. La nuova caserma dei carabinieri, la nuova fontana, la colonnina a Padre Pio. Platì cambiò aspetto. Non sempre c´è la resa totale della democrazia, non tutto è Locride. Ma il burrone è così vicino, per esempio, al corpo di Pagani, cinquecento chilometri sopra Platì. A Pagani, città di trentacinquemila abitanti seduta in una piana una volta ricca di industrie e di commerci, appena dietro il Vesuvio e Napoli, secondo l´ultimo desolante resoconto commissariale non si è visto dal 2002 un atto amministrativo che fosse conforme alla legge. Vero, siamo in terra di camorra, ma il tessuto incivile è ancora mitigato da presenze significative dello Stato, da movimenti spesso densi di fiducia e di speranza che migliaia di cittadini documentano quotidianamente. Proprio la storia amministrativa di questa città spiega come - quando ha voluto - ha imposto assessori e sindaci incontaminati con l´industria del malaffare. I dieci anni che precedono questi ultimi dieci sono stati ricchi di occasioni positive, di presenza collettiva, di confronto. «Qui la democrazia è più fragile ma non scomparsa. La città è viva ma debole nella sua struttura portante, perciò più esposta al saccheggio quando le condizioni politiche lo agevolino», dice Isaia Sales, scrittore paganese, osservatore storico dei processi meridionali di sottosviluppo e anche protagonista politico di fasi oramai in soffitta. Pagani ultimamente si è affidata ad Alberico Gambino, un signore che ha immaginato il municipio come un´impresa di ventura. E Pagani ha fatto dieci passi indietro, ha visto il suo sindaco finire in manette, e tutto di nuovo destinato alla vergogna del commissariamento. «Lo Stato - dice Sales - non agevola la resistenza civile, non ci sono luoghi e non ci sono leggi che consentano di incidere il male appena esso affiori. Lo Stato alcune volte si mostra, altre si nasconde. E qui si è nascosto». Si vive di finzioni, e il lavacro elettorale - questa è purtroppo la verità - sembra essere soltanto una scena, forse la scena principe, del teatro delle parole false della politica. L´esempio macroscopico è ancora Platì, anno 2009. Quando si chiuse il ciclo commissariale e si tornò alle elezioni il responso dell´urna fu strabiliante. Ai seggi si era recato circa il 35 per cento degli aventi diritto, contro il 60 delle precedenti tornate amministrative. Platì non chiedeva democrazia, non sapeva che farsene, non era in grado di esercitarla. Platì voleva, e ancora lo cerca, uno Stato che minimamente funzionasse. «Platì è la condizione parossistica della democrazia impossibile, ma - dice ancora Romano - ci sono altri luoghi, e ancora mi viene in mente la Locride, e la Sicilia di molti comuni, dove il sistema democratico inibisce alcuni diritti fondamentali. Ad Agrigento manca l´acqua, e il potere politico non riesce a garantire ciò che altrove è diritto naturale, certo, disponibile». Dov´è lo Stato? Sono 212 i puntini nella cartina d´Italia. Sono i luoghi dove la criminalità organizzata ha preso possesso dei municipi al punto da aver costretto il ministro dell´Interno a revocare per decreto (in alcuni comuni i decreti si sono succeduti a intervalli regolari) l´esito del voto. È una realtà oramai storicamente consolidata e purtroppo presenta novità rimarchevoli a giudicare dalla espansione geografica che quest´anno tocca anche municipi del nord ovest (Leinì in provincia di Torino, la ligure Bordighera…). Ecco, dov´è lo Stato?