FABIO MARTINI, La Stampa 22/4/2012, 22 aprile 2012
L’ombra che il relitto non si porterà via - In cento giorni i gigliesi lo hanno capito, la Costa Concordia resterà a lungo lì con loro, anche quando il relitto della nave da crociera non ci sarà più
L’ombra che il relitto non si porterà via - In cento giorni i gigliesi lo hanno capito, la Costa Concordia resterà a lungo lì con loro, anche quando il relitto della nave da crociera non ci sarà più. I primi ad accorgersi dell’immanenza della tragedia sono i turisti che si accostano per la prima volta all’isola. Ieri mattina, il traghetto della Toremar aveva lasciato da poco il molo di Porto Santo Stefano e una signora di Prato ha chiesto agli amici: «Guardate laggiù, quella macchia chiara in mezzo al mare! Mica sarà la Concordia?». Mancavano ben dieci chilometri di traversata prima di arrivare all’Isola del Giglio, ma quella macchia all’orizzonte, pur così lontana, annunciava già il relitto: la prova della «pervasività» di una tragedia che ha falciato la vita di trenta persone e in cento giorni ha cambiato il destino e la fama di un’isola. Poi, quando il traghetto è entrato nel Porto del Giglio, le sorprese hanno cambiato segno: i turisti sospettavano acque torbide e invece il mare che circonda la Concordia già da settimane si rivela di straordinaria trasparenza, anche per effetto del «caretaking», l’aspira-rifiuti che quotidianamente ripulisce tutta l’area. Dal ponte del traghetto, uno sguardo al lungomare del Porto regalava la seconda sorpresa: in giro, tra botteghe e ristoranti, non circola quasi nessuno. La trasparenza delle acque e la quasi scomparsa dei turisti stanziali, già da qualche tempo, sembrano restituire l’immagine di un Giglio da cartolina, quello degli Anni Cinquanta. Isola dal curioso destino: per effetto del filtro esercitato dal mondanissimo Argentario che da decenni trattiene tantissimi vip, il Giglio è sempre stata isola forastica, priva di ville lussuose, non c’è un negozio di telefonini e neppure una discoteca. Fino ad un anno fa tra i viottoli di granito del Castello circolavano ancora due asini di stazza robusta e dal pelo raso, col vecchino in groppa. E d’altra parte la modernità qui è sempre arrivata un po’ in ritardo: il primo asfalto è stato steso a metà degli anni Cinquanta per effetto di un gustoso antefatto, restato inedito, e che restituisce un frammento di come si faceva politica nel primo Dopoguerra. Un giorno di luglio del 1951 scese sull’isola un ministro semisconosciuto, si chiamava Amintore Fanfani e - senza farlo sapere alla radio o alla Settimana Incom - volle farsi a piedi la mulattiera dalla spiaggia del Campese al Castello, due ore di scarpinata in salita, sotto il sole. Alla fine si rese conto che i gigliesi, come strade, stavano ancora nel Medioevo e dispose le pratiche che, nel 1955, portarono alla prima carrozzabile nella storia del Giglio. Naturalmente i tempi sono radicalmente cambiati, oggi i milleduecento gigliesi adulti vivono quasi tutti di turismo e dunque gli isolani non possono che guardare con ansia ai due fenomeni nuovi prodotti dalla tragedia della Concordia: da una parte (complice la crisi economica) il crollo delle prenotazioni per l’estate, dall’altro il boom del «turismo morboso», «con la gente che il sabato e la domenica arriva a frotte - racconta Enrica Muti - sbarca, va a farsi la foto e il video con lo sfondo della Concordia, sta non più di due ore e se ne va, uno spettacolo poco edificante». Destino insolito, che confligge con quello spirito di umanità isolana che cento giorni fa ha commosso il mondo. Quella notte terribile in tanti si sono prodigati e una delle figure simbolo si chiama Rosalba Rossi, l’efficientissima ottantennne che, assieme al marito Paolo, ha ospitato 23 persone e che è anche la proprietaria degli scogli delle Scole, quelli contro i quali Schettino ha mandato a sbattere la Concordia. Tanti forestieri le hanno detto: ma perché non si fa risarcire dalla Costa? Lei: «Bisognerebbe essere degli avvoltoi, sono stati divelti dei sassi qualunque, mica un portale del Medioevo! I problemi, le cause giudiziarie sono ben altre, mica i miei scogli!». Orgogliosi e bastian contrari, i gigliesi, sono tornati alle loro vite, tranne qualche protagonista involontario. Come Antonello Tievoli, il maitre isolano che quella notte era in servizio sulla Costa Concordia e che il comandante Schettino volle gratificare col fatale «inchino». «Antonello non si è più visto al Giglio - raccontano al bar da Pierina - pare che da allora non si sia più imbarcato, ma c’è da capirlo: lui non c’entra nulla ma è ancora sotto choc». Ma alla fine, ascoltando i gigliesi, la questione che torna e ritorna è sempre la stessa: come «staccare» il Giglio dall’idea della tragedia, anche quando il relitto sarà stato portato via? Dice Angelo Stefanini: «Per ora la nave incagliata, con i due poveri corpi che restano intrappolati, rappresenta un peso psicologico per noi gigliesi e per chi viene da fuori». Il sindaco Sergio Ortelli, centrodestra, sin dal primo momento ha scelto la strada dell’ottimismo della volontà: «Ho combattuto sin dal primo istante il disfattismo a suon di dati e i fatti mi stanno dando ragione: il mare è pulito e vinceremo anche la difficile sfida del turismo estivo». Dice Stefano Feri, segretario del Pd: «Slegare il Giglio dalla Concordia? Anzitutto scansando una tentazione materiale e di cattivo gusto: quella di produrre e vendere gadget legati alla tragedia». E il pittore Bruno Caponi chiude il cerchio così: «Giusto, ma la memoria va preservata: si potrebbe creare un museo, riportando qui tutto ciò che è legato a questa tragedia, i giornali di tutto il mondo, le lettere di ringraziamento, gli oggetti, le foto, i film». FABIO MARTINI *** Un anno per rimuovere la Costa Concordia - TEODORO CHIARELLI Alla fine l’ha spuntata un’azienda Usa in tandem con un’italiana. La gara d’appalto per la rimozione del relitto della Costa Concordia naufragata il 13 gennaio scorso davanti all’isola del Giglio è stata vinta dalla Titan Salvage in collaborazione con la Micoperi. I lavori, soggetti ancora all’approvazione finale da parte delle autorità italiane, inizieranno a maggio e dureranno, se non ci saranno intoppi, circa un anno. A cento giorni dalla tragedia, per il gigante d’acciaio, disteso su un fianco come una balena spiaggiata all’imboccatura del porto, inizia la fase due. Titan Salvage è una società statunitense, appartenente al gruppo Crowley Group, leader mondiale nel settore del recupero di relitti. Micoperi è una società specializzata di Ravenna e vanta una lunga esperienza nella costruzione e ingegneria subacquea. Si stima che il costo dell’operazione si aggirerà intorno ai 230 milioni di euro. «La protezione dell’ambiente - dicono nel quartier generale genovese di Costa Crociere - avrà la massima priorità nel corso di tutta la durata delle operazioni. Una volta completata la rimozione, si provvederà alla pulizia dei fondali e al ripristino della flora marina». Quando sarà nelle condizioni di poter galleggiare, il relitto sarà trainato in un porto italiano, presumibilmente Livorno, dove verrà demolita. Il presidente dell’Autorità portuale labronica, Giuliano Gallanti, ha già dato la disponibilità ad accogliere la nave. «Ben venga la demolizione della Concordia a Livorno - ha dichiarato - Il nostro porto è pronto ad assumersi questa responsabilità. La Toscana ha dimostrato più di una volta di avere le professionalità e le competenze adatte. Insieme possiamo risolvere questa emergenza nazionale». I dettagli dell’operazione verranno resi noti nei prossimi giorni. La nave non verrà fatta a pezzi davanti al Giglio perché i rischi per l’ambiente sarebbero enormi: basti pensare alle spaventose quantità di polveri di ferro che si disperderebbero in mare e lungo le coste della Toscana. La Concordia sarà quindi rimossa intera: sollevata da enormi gru agganciate a pontoni posizionati in mare o su una piattaforma, rimessa in asse e svuotata dell’acqua che ha allagato lo scafo. Quindi sarà rimorchiata fino al cantiere di demolizione. Sono previste anche misure per la salvaguardia delle attività turistiche ed economiche del Giglio. La presenza del personale che lavorerà alle operazioni di rimozione non dovrebbe avere - assicurano in Costa - conseguenze significative sulla disponibilità di camere degli alberghi dell’isola. La base operativa sarà fuori dal Giglio, vicino a Civitavecchia, dove verranno raccolte apparecchiature e materiali necessari per gli interventi, in modo da evitare qualsiasi impatto sulle attività del porto isolano. «Il piano - recita una nota della società genovese controllata dal gruppo americano Carnival - è stato scelto da un comitato tecnico di valutazione composto da esperti in rappresentanza di Costa Crociere, Carnival Corporation & plc, London Offshore Consultants, e Standard P&I Club. Nonostante tutti i sei piani giunti entro la scadenza del 3 marzo 2012 fossero di elevata qualità, il comitato tecnico di valutazione ha preferito quello di Titan Salvage/Micoperi perché risponde maggiormente ai principali requisiti richiesti: rimozione intera del relitto; minor rischio possibile; minor impatto ambientale possibile; salvaguardia delle attività turistiche ed economiche dell’Isola del Giglio; massima sicurezza degli interventi». Soddisfatto il presidente di Costa, Pier Luigi Foschi: «Abbiamo cercato di individuare la soluzione migliore». La rimozione sarà l’ultima fase delle operazioni di recupero del relitto. Il «defueling», ovvero l’estrazione delle 2300 tonnellate di carburante dai 17 serbatoi, è terminato con successo lo scorso 24 marzo. Attualmente è il corso «caretaking», ossia la pulizia del fondale marino e il recupero di materiali e detriti usciti dalla nave in seguito all’incidente. Dalla fine di marzo l’olandese Smit Salvage e il partner livornese Tito Neri (il tandem battuto da Titan-Micoperi) stannoimpegnando otto mezzi marini: navi per la pulizia e la depurazione delle acque, navi pontone e navi per il trasporto, container, gru, gommoni e un team di 42 uomini. Sono le stesse società che in 32 giorni operativi sono riuscite a svuotare le 17 cisterne della nave. Un’operazione che ha consentito agli abitanti del Giglio, che dovranno affrontare una stagione turistica comunque complicata, un primo sospiro di sollievo. «Possiamo guardare al futuro con maggiore serenità» ha detto il sindaco Sergio Ortelli. *** “Dovete lasciarci in pace Tanto i suoi colleghi non vi parleranno più” - MARIA CORBI Nella Casina dei Capitani, il «club» dei comandanti di Meta di Sorrento, il paese di Francesco Schettino, alle dieci di mattina si apre. E i soci pian piano si affacciano. Da mesi ormai l’argomento è uno solo: il naufragio della Concordia e quello del loro amico e collega. Dalla parete Francesco Romano, capitano ottocentesco e fondatore di questo posto, osserva severo. Francesco Amato, comandante a riposo, difende l’amico Schettino: «Lo stanno massacrando. Può avere sbagliato, ma la gogna pubblica mi sembra troppo. E poi vorrei sapere dove erano in quella manovra le altre figure fondamentali nella guida di una nave. Sul ponte di comando c’erano minimo quattro persone, due ufficiali e due timonieri». Parla con dolore, Amato, come se quello che è capitato non riguardasse solo Schettino ma tutta la comunità. Poi alza la testa e dice sorpreso: «Ciao Fabiola». In quel preciso momento entra con passo deciso la signora Schettino. È venuta per pregare tutti di «non rilasciare più dichiarazioni», di smetterla di parlare di cose che non sanno e di chi spesso conoscono poco. È arrabbiata, ancora di più quando vede la giornalista con il taccuino aperto davanti ad Amato. «Sono venuta nel momento giusto vedo», sottolinea con l’aria di chi non ce la fa proprio più. È bella, Fabiola, con quei tratti tipici del sud, i lunghi capelli neri e gli occhi di una tigre che sta difendendo la sua famiglia, la sua vita, brandelli di futuro che adesso non si riescono nemmeno ad intuire. «Sta registrando?», chiede. Pretende che niente di questo suo lungo sfogo venga riportato. Almeno per ora. Ma non è possibile mantenere la promessa completamente. Non è possibile non raccontare del dolore di questa donna che sta vedendo la sua vita fatta a pezzi, sezionata «da chi è capace solo di fare gossip». E in questa parola, gossip, è raccolto tutto quello che è disposta a dire sull’argomento «Domnica». Non ci sta Fabiola a essere esposta insieme al marito a questa ruota mediatica. Della responsabilità del marito dice solo: «Vedremo poi se è responsabile». Ma intanto, come accade spesso in Italia, il processo più doloroso, sui media, si sta celebrando. La gente vuole vedere immolati anche con l’inchiostro i presunti colpevoli. «Siamo un Paese cattolico, ma i principi del perdono e della comprensione sono lettera morta», dice uno dei comandanti. E anche se il quotidiano cattolico Avvenire ha definito «insopportabile» tutto questo, usando il termine «lapidazione», nulla è cambiato. Le ferite di quelle pietre lanciate contro Schettino e la sua famiglia sono tutte riflesse dagli occhi addolorati, esausti di Fabiola Russo. Ha appena letto un articolo dove un compaesano di Meta riferiva frasi mai dette da suo marito. L’ex sindaco Carlo Sassi va ripetendo a chi lo intervista che Schettino appena arrivato a Meta ripeteva come un mantra «Cosa ho combinato? Cosa ho combinato?». «Questo signore, che non fa parte delle nostre amicizie, deve smetterla di parlare di noi», dice Fabiola. «Mio marito è agli arresti domiciliari e certo non poteva avere contatti con questo signore». Ma sarebbero troppe le cose da smentire. Fabiola rimane in piedi, pregando i comandanti di «stare zitti che tanto tutto quello che dicono poi viene strumentalizzato». Il clima è sospeso alla Casina dei Capitani, dove tutti portano rispetto alla signora Fabiola e anche a Schettino «perché solo chi va per mare sa quanti e quali sono i pericoli che si devono affrontare». Entra un comandante che tra pochi giorni partirà con la sua nave carica di passeggeri pronti a fare trenini e ad abbuffarsi ai buffet. «Il problema è che queste navi sono troppo grandi, portano cinquemila persone, città intere e quando succede un problema la gestione diventa molto difficile». Si discute anche del fatto che Schettino è stato lasciato solo dalla compagnia di armatori, niente rimborso delle spese legali, per lui. Citano l’articolo 56 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i capitani di lungo corso che recita al paragrafo 2: «Ove si apra procedimento penale nei confronti del comandante o direttore di macchina per fatti che siano direttamente connessi all’esercizio delle sue funzioni, ogni spesa per tutti i gradi di giudizio è a carico dell’armatore». Dunque? «Se si arriva a non rispettare questo principio, come sta accadendo per il comandante Schettino, il problema riguarda tutti noi». *** La compagnia riparte “I clienti sono tornati” - [TEO. CHI.] Pubblicità, sconti e nuovi investimenti. Così Costa Crociere tenta lentamente di ritornare alla sua normalità di società leader nel settore delle vacanze. Certo, la botta è stata dura. E non ha evidentemente aiutato l’incidente alla Costa Allegra rimasta alla deriva nell’Oceano Indiano con mille passeggeri a bordo. Passato l’inevitabile momento di sbandamento, la compagnia genovese si è rimessa in moto. «Dopo due mesi di silenzio spiega Norbert Stiekema, olandese, vicepresidente operativo di Costa Crociere per le vendite e il marketing - abbiamo lanciato una nuova campagna pubblicitaria. Abbiamo scelto toni soft, puntando sulla competitività del prodotto crociera in questa stagione di crisi economica. Abbiamo anche deciso di ridurre i prezzi del 10-15%. Un investimento per riavvicinare i nostri clienti dopo tutto quello che è successo per la Concordia, ma anche per la recessione in atto». Nel primo mese dopo il naufragio, Costa Crociere aveva visto crollare le prenotazioni del 35%. «Recuperare è difficile - spiega Stiekema tutto il mercato è andato indietro rispetto allo scorso anno. Però abbiamo notato che Costa ha conservato le sue quote di mercato: due italiani su tre che vanno in crociera, scelgono Costa. Questo ci ha confortato, ci ha ridato fiducia. I nostri ospiti sono rimasti fedeli. È importante per noi farli tornare a bordo. La pubblicità migliore è il passaparola. Gli sconti servono a questo». In Costa sostengono che non è solo questione di prezzi. «Al termine di ogni viaggio - prosegue il vicepresidente - distribuiamo un questionario 10-15% Sconti Costa Crociere ha deciso di puntare su una campagna soft per recuperare clientela dopo la tragedia. Si è puntato sulla competitività del prodotto crociera in un momento di crisi economica cercando di attirare clienti con sconti del 10-15% ai passeggeri per misurare il grado di apprezzamento. Bene, anche nei mesi bui di febbraio e marzo il 98% dei clienti si è dichiarato soddisfatto o molto soddisfatto. E sa che cosa hanno apprezzato di più? Gli ufficiali e l’equipaggio. Più del cibo, del bar, degli spettacoli e dei divertimenti. Dopo tutto quello che si è detto e scritto, per noi è una grande soddisfazione». I primi risultati, dicono in Costa, stanno arrivando. «In Italia siamo oggi allo stesso livello di prenotazioni di un anno fa - prosegue Stiekema - Il mercato spagnolo è stato il primo a ripartire. Quello francese è in crescita e dobbiamo ancora avviare il supporto pubblicitario. In Germania siamo tornati ai livelli pre-crisi. Ci preoccupa un po’ la stagione estiva: siamo partiti tardi per la Concordia, e in più c’è l’intero settore vacanze -35% Calo immediato Il mese successivo alla tragedia la compagnia ha avuto un calo delle prenotazioni superiore a un terzo. In seguito, però, il mercato si è ripreso: prima la Spagna, poi la Francia. In Italia due crocieristi su tre scelgono Costa che soffre per la crisi economica». Nonostante tutto la Costa, supportata dall’azionista, il colosso americano Carnival del miliardario Micky Arison, non interrompe il proprio piano di investimenti e, coraggiosamente, conferma la costruzione della «SuperCosta» (nome provvisorio, consegna prevista da Fincantieri per la fine del 2014), la più grande nave da crociera mai realizzata in Italia, 500 milioni di euro di investimento. Ma già nei prossimi giorni ci saranno due battesimi importanti. Il 3 maggio, ad Amburgo, la Aidamar della controllata Aida Cruises. Due giorni più tardi, il 5 maggio, a Venezia, sarà la volta della Costa Fascinosa. Dal 1990 ad oggi Costa Crociere ha investito in Italia 5,8 miliardi di euro, confermandosi la numero uno in Europa nel suo settore. Il presidente Arison e il suo brac- 98% Il giudizio Nei due mesi successivi al naufragio al Giglio la compagnia ha preparato un questionario per i clienti. Il 98% della clientela, secondo quanto dice la compagnia, si è dichiarata soddisfatta o molto soddisfatta, soprattutto dell’equipaggio cio destro, il vicepresidente Howard Frank, hanno confermato di voler mantenere in piedi il marchio «Costa Crociere» che da 64 anni è sinonimo sui mari del mondo di ospitalità, gastronomia e intrattenimento «made in Italy». Non si parla, per il momento, di avvicendamenti al vertice della compagnia, anche se il presidente Pier Luigi Foschi già lo scorso anno, al compimento dei 65 anni, aveva manifestato l’intenzione di andare in pensione. Se ne riparlerà, probabilmente, a fine 2012 o ai primi del 2013. Si fanno già i primi nomi del successore: il tedesco Michael Thamm, 49 anni, presidente della controllata Aida Cruises, e Roberto Martinoli, genovese, amministratore delegato di Grandi Navi Veloci (traghetti, gruppo Aponte) ed ex vicepresidente di Carnival.