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 2012  aprile 22 Domenica calendario

MENO IMMOBILI, PIÙ FONDI PENSIONE

Meno immobili, più fondi pensione. E forse più capitali per l’industria del risparmio gestito. Questo è il portafoglio Monti-style, ossia quello che emerge dalle scelte di politica economica del governo in carica.
Partiamo dalla poderosa spinta ad abbandonare il mattone (per altro un po’ paradossale vista la spiccata propensione dei ministri dell’attuale governo a possederne in abbondanza). L’Imu e l’annunciata revisione dei valori catastali rappresentano una discontinuità senza precedenti nel processo ultra-trentennale di aggravamento della tassazione degli immobili. Mercoledì il direttore del Censis, Giuseppe Roma, ha dichiarato che per far fronte alla nuova tassazione «le famiglie, prima di mettere mano ai risparmi, metteranno in vendita le seconde case».
Per il 2012, l’istituto di ricerca parla di un possibile calo delle quotazioni immobiliari del 20%.
Tralasciando per un momento le indesiderate conseguenze sull’economia (non solamente su quella legata al mattone), è fuor di dubbio che la liquidazione parziale dei patrimoni privati apre un canale di raccolta piacevolmente inaspettato per la sofferente industria dell’asset management, che in settimana ha riflettuto a lungo sui dolori di oggi e sulle speranze di domani nel corso del Salone del Risparmio tenutosi all’Università Bocconi di Milano.
Facciamo il caso di un proprietario immobiliare che decida di vendere la casa in montagna pressochè inutilizzata o il negozio bisognoso di manutenzione straordinaria.
Ipotizziamo che possa ricavare un corrispettivo di 150mila euro. Una metà potrebbe essere accantonata in strumenti di pronto realizzo (conti di deposito, risparmio postale) per far fronte alle imposte crescenti sul patrimonio immobiliare restante e ai minori redditi disponibili nei prossimi anni. E la metà restante? E’ un tesoretto che si libera a favore dei gestori e dei consulenti che prima di altri sapranno predisporre un’offerta specifica per intercettarla.
Un’offerta che non è rappresentata tanto da nuovi prodotti (ce ne sono già troppi!), quanto da una nuova capacità consulenziale che si estenda anche alla gestione del patrimonio immobiliare dei clienti e in particolare al processo di finanziarizzazione dello stesso.
Anche perché occorre rispondere all’ovvia domanda: se in molti decideranno lo smobilizzo parziale dei patrimoni immobiliari, quali saranno gli acquirenti (a prezzi decrescenti)? La risposta cinica è: i non pochi che continueranno a credere con fede incrollabile alla sicurezza del mattone. Forse perché non hanno un buon consulente finanziario.
Ma se la vendita di case può rappresentare un flusso one-off - ossia non ricorrente - per i gestori, la riconfermata imbattibilità fiscale dei fondi pensione (unitamente ai tagli alle pensioni di domani previsti dalla riforma Monti-Fornero) può funzionare come supporto di lungo periodo della previdenza integrativa. Posto che i fondi pensione continuano a richiedere il sostenimento di costi psicologici molto alti (per il vincolo di lungo periodo che è incardinato nella loro natura) e a soffrire l’elevata incidenza della contribuzione obbligatoria al primo pilastro, la previdenza integrativa non esce certamente perdente da questi intensi e controversi mesi di manovre governative.
Come più in generale l’industria del risparmio gestito. La quale continua ad avere il suo principale nemico in banca, o meglio, nella priorità assoluta che il sistema del credito in difficoltà deve assegnare alla raccolta diretta.
E nell’incapacità del network degli sportelli a fornire la consulenza ad alto valore aggiunto che è necessaria per collocare in modo equilibrato fondi e polizze.