Gianfranco Ravasi, Domenica-Il Sole 24 Ore 22/4/2012, 22 aprile 2012
BREVIARIO
In questo progresso scorsoio / non so se
vengo ingoiato / o se ingoio.
È morto lo scorso ottobre ormai novantunenne, ma la sua voce poetica non si era mai incrinata, come attesta questo epigramma che fulmina la nostra prigionia nel nodo scorsoio di questi «tempi che strapiombano», per usare un’altra sua inesorabile definizione del nostro presente. Andrea Zanzotto, poeta impervio e limpido al tempo stesso, registra la rassegnata condizione dei giorni che viviamo.
O ingoiamo tutto quello che ci ammanniscono la politica, la società, la televisione, internet, rimpinzandoci di cose o paradossalmente di vuoto, oppure siamo ingoiati dalla loro pania insaziabile che, come sabbie mobili, ci avvolge
e dissipa. L’aveva già intuito due secoli fa Kierkegaard: «La nave è ormai in mano
al cuoco di bordo e ciò che trasmette
il megafono del comandante non è più
la rotta ma ciò che mangeremo domani».