Libero 22/4/2012, 22 aprile 2012
IL SORDOMUTO A PROCESSO PER INGIURIE
Si era sentita insultata, offesa e schernita da i suoi mugugni. I mugugni di un sordomuto. E così, con l’accusa di ingiurie, ha deciso di trascinarlo in tribunale. La paradossale vicenda arriva da Viterbo dove Maria Teresa S. ha portato davanti ai giudici Mario R., 58enne e sordomuto.
Di fronte al proscioglimento dell’uomo deciso dal gup – con sentenza di non luogo a procedere – la signora non ha desistito ed è andata avanti spingendosi fino in Cassazione. Nonostante le prove avessero dimostrato che l’imputato non avrebbe potuto emettere alcun suono e, quindi, era nell’impossibilità di poter offendere, la presunta vittima restava convinta e si faceva forte del fatto che quelli subiti erano «suoni gutturali di elevata intensità».
Anche in questo caso, però, Maria Teresa S. ha dovuto incassare un’altra delusione. La Suprema Corte ha, infatti, archiviato il caso, ritenendo l’impossibilità di «dare rilievo alle censure relative alla interpretabilità di suoni gutturali come espressioni ingiuriose». Una sentenza contraria anche alle istanze dell’accusa, che voleva l’accoglimento del ricorso e chiedeva l’inizio di un nuovo processo. Ma su questo caso-limite, che che impegnato un gup e ben 5 magistrati di Cassazione, adesso è stata messa definitivamente la parola fine.
I giudici di Cassazione hanno fatto notare che «data la prognosi negativa del gup» non era possibile dare seguito alle richieste della signora costituitasi parte civile e soprattutto «non è possibile dare rilievo alle censure relative alla interpretabilità di suoni gutturali come espressioni ingiuriose».
Un caso del tutto analogo è accaduto a Padova dove ad essere rinviato a giudizio per ingiurie, questa volta nei confronti della vicina di casa, era stato Giancarlo D., 53enne di Padova.
Il 22 marzo scorso, l’uomo è stato assolto con formula piena perché la donna che lo accusava – oltre che per ingiurie anche di violazione di domicilio – ha deciso di ritrattare. In questo caso il sordomuto era stato assistito da un interprete della lingua dei segni. «Si è trattato di una decisione presa affinché potesse testimoniare, semplicemente con la sua presenza fisica, tutta l’insostenibilità del processo a suo carico» ha spiegato a Il Mattino di Padova Nicola Zanin l’avvocato che ha difeso Giancarlo D. «Tale situazione infatti» ha proseguito il legale, «a fronte dell’accusa per ingiurie, rendeva la scena del dibattimento quasi surreale. Questo processo è il paradigma di un problema molto sentito in Italia. Troppe volte si fanno i conti con dibattimenti che si sarebbero potuti tranquillamente evitare, ma che il sistema imponedi celebrare, i cui costi finiscono inevitabilmente per ricadere sulla collettività».