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 2012  aprile 22 Domenica calendario

«Chi elesse Papa Luciani sapeva che sarebbe morto presto» - Sia chiaro fin da subito. «Giovanni Paolo I: Albino Luciani» (Edizioni San Paolo), l’ulti­ma immane fatica letteraria ( quasi ottocen­to pagine) di Marco Roncalli, pronipote di papa Giovanni XXIII, non è la risposta al sag­gista britannico David Yallop il quale, nel 1997,con il suo«In nome di Dio»,mise su car­ta la tesi secondo la quale Papa Luciani ven­ne ucciso in Vaticano con una dose eccessi­va di calmanti «perché voleva cambiare la chiesa»

«Chi elesse Papa Luciani sapeva che sarebbe morto presto» - Sia chiaro fin da subito. «Giovanni Paolo I: Albino Luciani» (Edizioni San Paolo), l’ulti­ma immane fatica letteraria ( quasi ottocen­to pagine) di Marco Roncalli, pronipote di papa Giovanni XXIII, non è la risposta al sag­gista britannico David Yallop il quale, nel 1997,con il suo«In nome di Dio»,mise su car­ta la tesi secondo la quale Papa Luciani ven­ne ucciso in Vaticano con una dose eccessi­va di calmanti «perché voleva cambiare la chiesa». No, il libro di Roncalli è a tutti gli effetti la prima biografia completa e documentata della vi­ta di Luciani, una biografia che tut­ta­via riserva sorprese proprio lad­dove, ricostruendo la morte del successore di Paolo VI avvenuta nella notte tra il 28 e il 29 settem­bre del 1978, supera le versioni concordanti offerte dai due segre­tari di Luciani, don Diego Lorenzi e monsignor John Magee. La tesi di Roncalli è una: un decesso natu­rale ha colpito il Pontefice il qua­le, fin da piccolo, ha dovuto lotta­re contro le malattie, un fisico spossato che lo costrinse ad ap­prendere la notizia della morte di Papa Montini (il 6 agosto 1978) in un letto d’ospedale, alla casa di ri­poso Stella Maris agli Alberioni, vi­cino a Chioggia. Come è possibile che nel suc­cessivo conclave i cardinali eletto­ri elessero uno appena uscito da una casa di cura? «È questa una domanda alla quale non so ri­spondere » dice al Giornale Ron­calli, aggiungendo però che «quel­lo fu più che altro un periodo di ri­poso. Venne tenuto sotto osserva­zione a quanto pare per problemi di circolazione alle gambe mini­m­izzati però dal suo medico Anto­nio Da Ros. Di certo c’è che venne eletto nonostante molti cardina­li, specie italiani, sapessero che non scoppiava di salute». Scrive­rà in proposito il cardinale Jac­ques Martin nelle sue memorie: «Si può forse pensare che i cardi­nali che l’hanno eletto non ne sa­pessero nulla? E, se lo sapevano, come hanno potuto affidare a un malato di cuore l’incarico supre­mo del pontificato? È il mistero della sua elezione, ben più gran­de di quello della sua morte». Un mistero che anche Luciani fatica­va a comprendere: «Cosa avete fat­to? Che Dio vi perdoni», disse ai cardinali poco dopo l’elezione. È il medico personale di Lucia­ni, Da Ros, ad affidare a Roncalli un appunto inedito nel quale so­stiene che egli entrò in conclave con un pregresso di alcuni inter­venti chirurgici, sommati a una ge­nerale cagionevolezza, oltre al precedente dell’embolia avuta a un occhio durante un viaggio in aereo di ritorno dal Brasile, senza dimenticare una predisposizio­ne genetica a improvvisi malori, comune ad altri membri della sua famiglia mancati prematuramen­te: una sorella e due zie, poco più che sessantenni, morirono senza alcuna avvisaglia. Nel libro c’è anche molto altro. L’ex superiore generale dei Save­riani, padre Gabriele Ferrari, chia­mato nel 1978 a sostituire l’allora cardinale Luciani in una omelia, ha raccontato che questi gli confi­dò: «Da qualche tempo non sto be­ne e faccio molta fatica a predica­re ». Così dicendo, si toccò il petto con la mano e soggiunse: Da tem­po ho un gran male qui ». Quando sentii i dettagli della sua morte im­provvisa - racconta Ferrari a Ron­calli - mi venne in mente quel ge­sto e quelle parole e mi venne spontaneo collegare quella mor­te improvvisa nella notte con i sin­tomi cui Luciani aveva fatto cen­no cinque mesi prima, che di tutta evidenza rivelavano un proble­ma di angina pectoris». Tra le persone che si inquietaro­no dopo aver visto Luciani in quei giorni anche Giulio Andreotti. Fu lui, che con i ministri Gaetano Stammati e Tina Anselmi accolse il Papa al Laterano nel salone del­la Firma dei Trattati, a riferire: «Il suo aspetto ci fece colpo. Era ter­reo, quasi disfatto, tutto diverso dal sorridente ottimista della pri­ma settimana. Pensammo che fos­sero le fatiche cui era sottoposto. Durante la messa notammo il pal­lore crescente e un sudore che gli imperlava la fronte di continuo». E secondo la testimonianza di Jo­seph Geraud, medico prima di en­trare nei Sulpiziani e presente all’ incontro come canonico di San Giovanni in Laterano: «Se fossi stato il medico del Papa gli avrei ordinato di mettersi immediata­mente a letto ». Per lui quelle di Lu­ciani «erano le mani di un condan­nato a morte». Anche il cardinale Fiorenzo Angelini, pure presen­te, ha sostenuto: «Avevo notato le caviglie molto gonfie del Papa. Un illustre clinico mi fece osserva­re il rischio grave che, in quelle condizioni, il Papa correva». Anche in conclave il tema della salute si riaffacciò: Luciani, incon­trando il cardinale Sin, gli riferì che la sua salute non era delle mi­gliori. Della salute del neopontefi­ce avrebbe parlato anche suor Vincenza, la religiosa che lo accu­d­iva e l’avrebbe trovato morto do­po 33 giorni di pontificato. Il 29 agosto 1978, in volo da Venezia a Roma, seduta sull’aereo vicino al biografo Camillo Bassotto, avreb­be parlato con lui, fra l’altro, della salute del Pontefice. Aveva con sé una piccola valigia con tutte le me­dicine che era solito prendere il patriarca. Era preoccupata: «Te­mo che il Santo Padre non resiste­rà a lungo. La sua pressione non reggerà all’affanno di tanti impe­gni e di tante preoccupazioni », fu­rono le parole raccolte da Bassot­to che non svelò mai la fonte delle sue notizie. Si trattava, l’ha scoper­to Roncalli dopo tanti anni, di don Carlo Bolzan che per alcuni gior­ni aiutò Luciani a sistemare nell’ appartamento pontificio casse di libri e documenti giunti da Vene­zia. Fu il 14 settembre che, disse don Bolzab, vide Luciani in appar­tamento «sofferente e preoccupa­to ».