Luca Davi, Il Sole 24 Ore 22/4/2012, 22 aprile 2012
SPREAD AL TEST DI FRANCIA E OLANDA
Le elezioni in Francia. E ora quelle in Olanda. La settimana entrante si preannuncia a dir poco movimentata per gli investitori di tutto il mondo.
L’allarme olandese
Dopo Spagna, Italia e Francia, un nuovo focolaio di tensioni in Eurozona potrebbe ora nascere in Olanda. Il premier Mark Rutte ha annunciato il fallimento delle trattative sulle misure da adottare per riportare i conti pubblici in linea con gli obiettivi di Bruxelles. Amsterdam va dunque verso le elezioni anticipate, ma soprattutto - ed è questo il vero timore degli operatori - verso un abbandono della politica rigorista che dovrebbe alleggerire il rapporto tra deficit/Pil sotto il 3% entro il 2013.
Domani si vedranno le prime reazioni degli investitori, che già appaiono in allarme dopo che, in settimana, l’agenzia di rating Fitch ha minacciato un downgrade facendo traballare la tripla A. Ma ciò che è più probabile è che i grandi investitori possano farsi intimorire da questa nuova incognita politica per attaccare ancor più pesantemente l’intera area euro, Paesi periferici in primis. Del resto gli stessi Paesi Bassi da qualche mese - anche se solo in misura residuale - hanno iniziato a registrare un irrigidimento nei rendimenti dei titoli governativi. Basti pensare che il debito olandese da inizio anno ha visto raddoppiare lo spread sui rendimenti sulla scadenza a dieci anni da 36 ai 61 punti base.
Le elezioni francesi
Non c’è però solo l’Olanda. L’altro motivo di riflessione è costituito dall’esito del primo round delle elezioni presidenziali francesi. Un primo turno che dovrebbe certificare il consenso conquistato in patria dal socialista François Hollande. Ma proprio lo scarto con cui, a meno di clamorosi imprevisti, riuscirà a sopravanzare l’avversario Nicolas Sarkozy darebbe la misura delle tensioni da mettere in conto nelle prossime sedute borsistiche in Europa. Non è un caso che nei giorni scorsi gli investitori si siano mostrati più scettici su Parigi: venerdì ad esempio i credit default swap francesi a 5 anni, le speciali polizze assicurative che proteggono dal rischio default del Paese, sono schizzati a 210 punti, il massimo da gennaio. Al picco da inizio anno è finito anche il titolo decennale francese, che ha toccato un rendimento del 3,13%, con un premio rispetto al Bund di 150 punti base, il massimo da gennaio. Nulla di preoccupante, certo. Soprattutto rispetto a Paesi come la Spagna o l’Italia. Ma pur sempre il segnale che qualcosa nell’umore dei detentori di debito transalpino sta cambiando. E che la scelta di Hollande di favorire la crescita allentando il risanamento dei conti pubblici - su pareggio di bilancio e surplus primario - potrebbe essere pagata a caro prezzo.
Le altre incognite
In molti, tra gli analisti, danno insomma per scontata una nuova settimana di passione per i listini. Spinte di incoraggiamento potrebbero arrivare dalla creazione, accordata venerdì dal G-20, del firewall da 430 miliardi dell’Fmi che si somma così agli 800 miliardi già messi a disposizione dall’Eurozona. Motivi di pressione invece rischiano di essere generati dalla Spagna, per l’ipotesi di creare una bad bank in cui raccogliere i prestiti immobiliari a rischio, pur smentita in serata dal ministro spagnolo de Guindos: il superamento della soglia psicologica del 6% del rendimento dei Bonos decennali, così come avvenuto la scorsa settimana, potrebbe infatti innescare nuovi flussi in uscita sia sui governativi che sulle borse europee.
A pagarne le conseguenze sarebbe anche l’Italia, che domani vedrà partire lo spread sul Bund a 10 anni da quota 396. Di certo non un buon viatico per una settimana che si annuncia impegnativa sul fronte delle aste: martedì il Tesoro offrirà CTz per 2,5 miliardi e BTp legati all’inflazione dell’area euro fino a un miliardo. Giovedì sarà invece la volta dei BTp a 5 e 10 anni.
Unica certezza globale è rappresentata dall’appuntamento di martedì del Fomc, che dovrebbe confermare il Fed Fund tra 0 e 0,25%. Nessun quantitative easing, insomma. Ma pur sempre una politica monetaria estremamente espansiva.