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 2012  aprile 22 Domenica calendario

DA GIUDICE VI CHIEDO: PUNITECI SE SBAGLIAMO


Nella piena attualità del dibattito politico-istituzionale sulla responsabilità civile del giudice, mi chiedo come mai ancora una volta l’ANM si ponga in una posizione di chiusura corporativa. Dopo il referendum ci si aspettava che finalmente il Governo ed il Parlamento attuassero l’art. 28 della Costituzione che prevede la responsabilità “diretta” per gli atti compiuti in violazione di diritti, aggiungendo, poi che “in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato …”. Finora il precetto costituzionale è stato completamente capovolto emanando una legge (n. 117/1988) in base alla quale in oltre un ventennio non ha risposto mai nessuno. E non è servita nemmeno come prevenzione generale!
Si parla di incostituzionalità ignorando la sentenza n. 2 del 1969 della Corte costituzionale che in un certo senso stabilisce la portata dell’art. 28 affermando che la responsabilità per violazioni di diritti soggettivi concerne non soltanto l’attività degli uffici amministrativi, ma anche quella degli uffici giudiziari: “Non giova invocare, in contrario, l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura e del Giudice, che non pongono l’una al di là dello Stato, quasi legibus soluta, né l’altro fuori dall’organizzazione statale”.
Aggiunge, poi, che la “singolarità della funzione giurisdizionale e la posizione super partes del magistrato possono suggerire solo condizioni e limiti alla sua responsabilità”. Di qui la necessaria distinzione tra “errores in procedendo”, che attuano una lesione immediata e diretta di diritti fondamentali ed “errores in iudicando”. L’azione potrebbe essere esperita solo dopo che si siano conclusi i relativi giudizi di impugnazione e previa deliberazione, da parte dello stesso giudice della cognizione, del “fumus bonis iuris” sull’ammissibilità o meno. A giudizio “chiuso” non si vede il paventato “rischio di allungare i tempi dei processi e moltiplicare le cause”.
Paradossale appare, poi, parlare di “sindrome della firma” per paura, come se i magistrati fossero un corpo di codardi che emana atti di regola affetti da colpa grave professionale. A parte il fatto che così come fanno i chirurghi, gli ingegneri, i notai, eccetera, c’è la solita polizza assicurativa che pure era stata concordata dalla stessa Associazione con una società e che molti hanno fatto (20 anni fa!) senza che fosse servito a niente. È giusto non fare una doverosa trasposizione soggettiva nei confronti del cittadino leso nei suoi diritti soggettivi? Posto che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non è un privilegio di casta, ma strumento di garanzia del cittadino.
A quanto sopra esposto si aggiunge adesso la sentenza della Corte di Giustizia (24 novembre 2011), che ha sostanzialmente “bocciato” l’attuale legge perché non ha tutelato affatto e non tutela il cittadino leso nei suoi diritti fondamentali, e si ricorda che la responsabilità è un “valore” assoluto.

Renato Calderone*
*Avvocato Generale presso la Corte d’Appello di Roma