Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tutto il mondo è riunito a Parigi per discutere di clima, 25 mila delegati provenienti da 195 paesi e soprattutto 147 capi di Stato o di governo, compresi quelli che contano: Obama, Putin, Hollande, la Merkel e naturalmente il nostro Renzi. Obama e Putin sono rimasti mezz’ora da soli chiusi in una stanza a discutere di Ucraina e di Siria, e quello che sappiamo è che Obama ha ribadito al collega che Assad se ne deve andare. Poi, dal palco, hanno fatto tutti lo stesso discorsetto: l’inquinamento e il riscaldamento che ne consegue vanno combattuti, Obama si è assunto tra virgolette la responsabilità di «secondo paese inquinatore» (il primo sarebbe la Cina, ed è vero, ma gli americani tornano primi se si valutano le emissioni per abitante), Putin ha detto che è falsa la connessione tra grado di sviluppo e pollution, «noi abbiamo raddoppiato il Pil e dimezzato i fattori inquinanti», la Merkel ha annunciato che entro il 2020 sarà raddoppiato l’investimento tedesco in energie rinnovabili (solare, vento ecc.), il discorso di Renzi, nella sostanza, è stato questo: «Siamo tra i paesi leader nella ricerca con scienziati di altissimo livello. Siamo tra i protagonisti della Green economy. Abbiamo ridotto le emissioni del 23% negli ultimi 20 anni. Sull’efficienza energetica, con i contatori intelligenti, puntiamo alla leadership mondiale».
• Dica, così ci leviamo il pensiero, perché lei su tutto questo è scettico.
Premesso che non inquinare è meglio che inquinare e dunque ben venga qualunque intesa relativa a un mondo pulito, la mia diffidenza nasce da due punti. Primo: le organizzazioni scientifiche che si occupano di questo vivono di finanziamenti pubblici e appena dicessero che tutto va bene i finanziamenti cesserebbero di colpo. In altri termini, il catastrofismo rende. Secondo punto: i modelli matematici costruiti per capire il clima di domani fanno riferimento al più caotico dei mondi, quello meteorologico. Basta spostare di un niente qualunque dato e gli scenari cambiano completamente. C’è un terzo punto che vale la pena di ricordare: l’assunto di partenza è che l’attività umana, dopo la rivoluzione industriale di metà Settecento, sia stata e sia capace di modificare l’atmosfera in modo decisivo. In questa visione la Natura sarebbe preossoché innocente e tutte le colpe dei cambiamenti omicidi sarebbero nostri. Quindi, si sostiene, basterà tenere un comportamento virtuoso, e i problemi saranno risolti. C’è però un notevole numero di scienziati secondo i quali l’influsso delle attività umane sul clima e sul resto sono irrilevanti, immenso essendo l’universo che la miserabile, invisibile creatura umana pretenderebbe di modificare o aver modificato. In effetti, riscaldamenti e raffreddamenti del clima terrestre si susseguono da quando esiste la Terra (quattro miliardi di anni). Homo sapiens, che è comparso da appena duecento-trecentomila anni, non ha evidentemente avuto nessun ruolo in questi cicli antichi, che si sono verificati lo stesso. Le attività industriali pompano anidride carbonica nell’atmosfera da 100-150 anni al massimo. Un battito di ciglia, per i tempi dell’astronomia.
• Sono le tesi dei repubblicani americani, che infatti si oppongono a qualunque limitazione delle emissioni.
È l’aspetto odioso di queste obiezioni. D’altra parte, come ignorarle?
• Di che cosa discutono, in concreto, a Parigi?
Ci sono tre numeri: 4,7-2,7-2. Se nessun Paese facesse nulla per ridurre la sua quota d’inquinamento, nell’anno 2100 ci troveremmo con una temperatura aumentata di 4,7 gradi rispetto a quella che c’era all’inizio dell’età industriale. Il 60% degli ecosistemi sarebbe a rischio, i mari s’innalzerebbero di un paio di metri (addio Venezia, New Orleans e Bangladesh), vi sarebbero 200 milioni di rifugiati climatici, eccetera. Però molti Stati hanno adottato politiche attive contro le emissioni e a Parigi 183 Paesi su 195 hanno presentato progetti di protezione dell’ambiente. Dando corso a tutte le buone volontà in atto o dichiarate, si arriverebbe però ancora a un innalzamento della temperatura di 2,7 gradi. Non buono. Già nel 2050, essendo cresciuti a 9 miliardi di abitanti, e mantenendo lo stile di vita attuale, avremmo bisogno di altri due pianeti per mantenerci, non bastando evidentemente le risorse dell’unico pianeta che abbiamo. Quindi l’idea è di incoraggiare politiche che riducano le emissioni, in modo tale da trovarci nel 2100 con un innalzamento della temperatura pari al 2%. Ci sarebbero un mucchio di problemi lo stesso, ma, pare, affrontabili.
• Suppongo che a prendersela in quel posto sarebbero come sempre i paesi poveri. Noi abbiamo inquinato quanto serviva per diventare ricchi, adesso che stanno crescendo e inquinano anche loro come noi c’è tutto questo allarme...
È vero. La soluzione è passargli ogni anno dei soldi, per incoraggiarli a lasciar perdere il carbone (poco costoso, ma assai inquinante) e a svilupparsi ricorrendo ad energie alternative.
• Quanti soldi?
Oggi gli passiamo cento miliardi l’anno. Domani chissà.
(leggi)