Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 01 Martedì calendario

Alla ricerca di un vaccino unico contro tutte le malattie

Di vaccini contro l’influenza ce ne sono molti. Tutti però durano solo 1 anno. E ogni inverno siamo da capo. A rincorrere quella che è la fantasia dei virologi di tutto il mondo: il vaccino universale, capace di immunizzare per sempre contro tutte le influenze. Di spazzare via in una volta sola costi, campagne di sensibilizzazione, distribuzione; ma soprattutto di parare il rischio pandemia, cioè dell’arrivo di un virus nuovo, mai circolato negli umani, che ci troverebbe del tutto impreparati. Un miraggio. Colpa della straordinaria capacità di mutare del virus. «Le proteine che si trovano sulla superficie sono quelle che provocano la maggiore risposta del sistema immunitario e per questo sono le chiavi usate per realizzare i vaccini, ma sono anche quelle che mutano più velocemente», spiega Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
I virologi a caccia del vaccino universale puntano l’obiettivo emoagglutinina (Ha), una proteina che sporge dal virus come uno spillo, con uno stelo e una testa, la parte più usata per produrre i vaccini perchè maggiormente immunogenica ma anche quella più mutevole. Per aggirare questo problema Antonietta Impagliazzo del Janssen Prevention Center, insieme a un gruppo dello Scripps Research Institute, ha pensato di lavorare sullo stelo dell’Ha, sfruttando la sua costanza e aumentando la sua capacità di stimolare una risposta immunitaria universale contro i virus A di tipo 1. I suoi risultati sono finiti sulle pagine di Science quest’estate. Proprio quando anche Barney Graham dei National Institutes of Health americani ha pubblicato su Nature Medicine i risultati di un altro candidato vaccino universale, sempre incentrato sullo stelo di Ha ma con una tecnica diversa. Ma i dati di efficacia pubblicati si riferiscono a modelli animali e siamo quindi ancora lontani dal mondo reale. «Per raggiungere il vero vaccino universale dobbiamo ottenere gli stessi risultati sul virus A di tipo 2 e per il ceppo B. Ci stiamo lavorando e pensiamo di poter arrivare a studi clinici sugli umani, ma non prima di alcuni anni», dichiara Impagliazzo. Anche Sanofi- Pasteur, uno dei colossi nel mondo dei vaccini, ha iniziato a lavorare a un suo progetto: insieme all’Università della Georgia vuole sviluppare un prodotto che contenga le sequenze genetiche chiave di diversi virus influenzali, così da garantire una protezione allargata. Mentre GSK, acquisendo Okairos, la biotech con radici italiane che ha sviluppato il vaccino contro Ebola, si è aggiudicata anche una linea di ricerca sulla protezione universale.
Per rendere il miraggio più reale, però, l’Oms ha ammesso che ci si potrebbe accontentare di preparati che proteggano per diversi anni o per tutti i sottotipi di uno stesso ceppo, per esempio il virus A. E sono almeno 5 gli studi su super-vaccini arrivati alla fase preclinica nel mondo. Più concreti; ma l’utopia universale resta un’utopia.