La Stampa, 1 dicembre 2015
Vecchia scuola: in Italia il 73% dei docenti della scuola secondaria superiore, il 57% della primaria e il 51% di quelli universitari hanno più di 50 anni. La riforma abbasserà l’età media, ma solo un po’
Tre pantere grigie per ogni giovane collega: è questo il rapporto tra insegnanti under e over 50 nella scuola italiana. Si tratta di numeri che fanno impressione, perché l’immissione in ruolo di docenti prevista dalla “Buona scuola” abbasserà sì l’età media del corpo docente nelle scuole italiane, ma solo leggermente. Il dato l’ha raccolto il sindacato scolastico Anief che sottolinea come invece nell’area dei paesi aderenti all’Ocse la presenza degli over 50 si attesti su una media di appena 1 ogni 3. Secondo questa rilevazione in Italia il 73 per cento dei docenti della scuola secondaria superiore, il 57 per cento della scuola primaria e il 51 per cento di quelli universitari hanno più di 50 anni.
La questione previdenza
Il punto del sindacato è semplice. Dalla “buona scuola” sono rimasti fuori circa 180mila abilitati e «si poteva usarli per svecchiare il corpo docente», ha attaccato ieri il presidente Marcello Pacifico che è anche segretario confederale del Cisal. «Inoltre – ha proseguito – chi lavora per una vita, costretto a lasciare ormai nella terza età e con assegni che per chi inizia a lavorare oggi si prospettano vicini all’assegno sociale. E il futuro non promette nulla di buono, perché gli effetti della riforma Fornero, con l’innalzamento progressivo della soglia d’uscita dal lavoro, presto saranno una dura realtà».
C’è in effetti una questione previdenziale non trascurabile. Gli insegnanti non fanno eccezione nello spostamento in avanti di dieci dell’età pensionabile dei dipendenti pubblici che si è maturato con le ultime stagioni di riforma. Già nel 2018 la pensione di vecchiaia si potrà raggiungere alle soglie dei 68 anni. Dal 2050, i neo-assunti potranno andare in pensione dopo 70 anni o 46 anni e mezzo di contributi. Mentre per accedere all’assegno di quiescenza anticipato bisognerà contare su 44 anni di contributi versati. Un tempo che solo vent’anni sarebbe sembrato impossibilmente lungo e insopportabilmente vicino alla senescenza.
L’età media
E poi c’è il tema dell’età media degli insegnanti che, al di là delle rivendicazioni sindacali, ci pone effettivamente ai piedi di una classifica che vede il resto d’Europa impegnato in modo strutturale in un ricambio generazionale che da noi funziona un po’ a strappi. Ora per esempio, con l’immissione in ruolo di una grossa leva di docenti a seguito dell’approvazione della “buona scuola”, la media si è di colpo abbassata.
E qualche timido segnale di miglioramento già negli ultimi anni s’era iniziato a intravedere. Nel dossier su scuola e università Education at a Glance, pubblicato in questi giorni, si scopre che la quota media Ocse di insegnanti che hanno compiuto almeno 50 anni di età della scuola secondaria, sebbene negli ultimi otto anni esaminati sia aumentata di 3 punti percentuali, rimane comunque appena del 36%. Quindi meno della metà di quelli riscontrati in Italia.
Quella italiana resta così la percentuale europea più alta di insegnanti ultra 50enni. Tutti gli altri paesi sono ben lontani dalle nostre proporzioni: la Bulgaria ha il 47,7 per cento di ultracinquantenni nel corpo docente, l’Estonia il 43,1, la Lituania il 42,1, la Svezia 41,7, la Lettonia il 41,2 la e Grecia il 40,1. Tutti paesi che, pur navigando nella parte bassa della classifica, hanno un corpo docente mediamente più giovane del nostro.