Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Papa, che fa dubitare di sé quando manda tipi come la Chaouqui o monsignor Balda a dirigere un massimo organo moralizzatore oppure oppure quando processa due giornalisti, rei di aver scritto la verità, con procedure medievali o anche quando indice in tutta fretta un Giubileo a cui non è preparato nessuno ma che si è reso indispensabile per le ruberie dei ladri in tonaca che hanno svuotato le sacre casse, si copre invece di gloria se affonta la piazza, come adesso in Africa: non vuole la scorta, irride gli islamici assassini («mi fanno più paura le zanzare»), oggi varcherà (quasi) una linea della morte andando ad abbracciare l’imam che guida la moschea di un posto dove chi è cristiano rischia sul serio di essere fatto a pezzi.
• Una specie di Garibaldi, bravo in battaglia e impaniato invece dai perfidi fili dei mandarini del palazzo... A proposito dove si trova questa moschea?
A Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, forse il paese più povero del mondo, dove è in corso una guerra sanguinosissima tra cristiani e musulmani. È il tempio dell’imam Tdani che, assicurano, aspetta il Pontefice a braccia aperte. Si trova nel quartiere di Pk5, cioè chilometro 5, generalmente interdetto ai cristiani che rischiano, attraversandolo, il massacro. Nella Repubblica Centrafricana, di antica dominazione francese e in cui la lingua ufficiale è infatti il francese, si parla in realtà il sangò, e il signore che ha tradotto il Corano dall’arabo al sangò, di nome Omar Goni e naturalmente di cristallina fede musulmana, ha detto la frase sulle braccia aperte e ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di sicurezza. Se il Papa viene, il mondo si accorgerà del Centrafrica?».
• No. Basteranno pochi giorni, o forse poche ore, per scordarsi tutto.
Ho detto che è uno dei paesi più poveri del mondo ed aggiungo che è uno dei più ricchi di risorse: oro, uranio, petrolio, ferro, legname. Saccheggiato da francesi, belgi, cinesi, tedeschi, libanesi. Che manovrano abilmente perché qualunque cambio di regime o guerra civile o guerra religiosa - come quella di adesso - non intacchi minimamente il flusso di denari che gli occidentali ricavano da quella miseria.
• Io non sapevo neanche che la Repubblica Centrafricana esistesse.
Avrà però sentito nominare Bokassa, divenuto famoso negli anni Settanta anche grazie ai 20 milioni di dollari spesi per la sua incoronazione a imperatore. L’Occidente ha tenuto in piedi questo ladrone ubriaco di sfarzi per ben 15 anni.
• Quindi il Papa è venuto a parlare qui. E che cosa avrà mai detto a quei poveri infelici?
Ha fatto intanto uno dei suoi gesti clamorosi. Ha aperto la porta della Cattedrale di Bangui dichiarando che quello era l’inizio dell’Anno santo, cioè ha anticipato in quel posto di miserabili («qui sono a casa mia») la cerimonia a cui assisteremo l’8 dicembre. È seguito un discorso dei suoi, coerente, peraltro, con quanto sta dicendo da quando è arrivato in Africa ai fedeli di Kenya e Uganda. Lotta alla miseria, lotta a chi rovina il Pianeta inquinando. Discorso di ieri: «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia arriva in anticipo a questa terra, una terra che soffre da diversi anni la guerra, l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana e per tutti i Paesi che soffrono la guerra, chiediamo la pace! Ndoye siriri, ndoye siriri!» cioè amore e pace nella lingua locale, parole a cui la folla che ascoltava ha risposto inginocchiandosi e ripetendo in coro «ndoye siriri». «E adesso - ha continuato il Papa - con questa preghiera incominciamo l’Anno Santo. Qui, in questa capitale spirituale del mondo, oggi». Quindi si è girato verso la porta centrale della chiesa, ha spalancato le braccia, la porta si è aperta, i fedeli hanno applaudito. Una volta dentro, Francesco ha salutato «i malati, le persone anziane, i feriti dalla vita». Poi ha ricordato che essenza del cristianesimo «è l’amore per i nemici. Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia». Infine l’appello «a tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace».
• Mi figuro quanto il califfo si sarà commosso a questo discorso. Vox clamans, con quel che segue. La vita del Papa è davvero al sicuro? La spavalderia con cui affronta le folle è sensata?
Gli uomini dei servizi di sicurezza scuotono il capo e dicono che contro Roma sarà di sicuro tentato qualcosa. Non si sa quando né come né dove. Ma accadrà.
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