Il Sole 24 Ore, 1 dicembre 2015
I problemi con lo yuan. Un’analisi molto critica
Dopo cinque anni di continuo sviluppo del business del renminbi crossboard, l’internazionalizzazione della moneta di Pechino ha intrapreso un nuovo viaggio, grazie anche alla strategia “One belt One road”, all’Asian infrastructural Investment Bank, al sorpasso dello yuan sullo yen come quarta valuta più scambiata al mondo.
Ma il lungo cammino del renminbi dovrà affrontare ancora nuove sfide. Intanto, il monopolio naturale di dollaro, sterlina ed euro sul sistema monetario internazionale, oltre all’uso universale della lingua inglese, per motivi storici. Il sistema di governance delle valute internazionali contrasta con i principi di equità e democrazia, la Fed è perfetta per gli Usa, ma iniqua e non democratica per il resto del mondo, considera solo gli interessi Usa. I bassi tassi di interesse americani distorcono l’andamento dell’economia mondiale, la cui essenza è il trasferimento di ricchezza fra Paesi e gruppi di potere. Uno scarto dell’1% del tasso riduce di 30 miliardi di dollari all’anno gli interessi delle riserve cinesi, mentre i bond governativi Usa si apprezzano. Questo meccanismo può portare al surriscaldamento, a bolle degli assets e a sinergie sbagliate. La comunità internazionale nutre pregiudizi nei confronti del renminbi: le riforme adottate dalla Banca centrale cinese per favorire l’ingresso del renminbi nel paniere dell’Fmi sono state considerate l’inizio da parte della Cina di una guerra monetaria che punta alla svalutazione globale. Si teme la volatilità delle decisioni Usa, e gli Usa temono che altri li deprivino del potere. L’internazionalizzazione del renminbi è talvolta percepita all’esterno come uno strumento per padroneggiare il mercato della valuta internazionale. A livello interno, ci sono le limitazioni legate all’ambiente finanziario nazionale. Dopo quarant’anni di riforme, l’immaturità dell’economia e della finanza frenano l’internazionalizzazione. Con l’ingresso nell’era del New Normal, l’upgrade industriale è urgente. Nel 2014 gli investimenti cinesi all’estero e i capitali investiti in Cina si sono avvicinati per la prima volta alla parità. Emerge la finanza in rete.
Il sistema finanziario cinese è grande, ma non forte, e squilibrato. Manca un mercato dei capitali a più livelli, e il mercato azionario è dominato dalla speculazione. Le holding finanziarie a controllo statale sono enormi, ma poco competitive e quelle minori faticano a sopravvivere. Le banche, soprattutto le cinque grandi banche commerciali, occupano la maggiore percentuale degli assets del sistema finanziario. Nel giugno 2014, la dimensione delle attività bancarie occupava il 90% degli assets delle strutture bancarie, di borsa, futures e assicurazioni. Inoltre la società e le imprese sono afflitte dalla pressione finanziaria, soprattutto in ambito micro. C’è la sfida della mancanza di personale qualificato, che si frappone alla soluzione dei problemi.
La presenza della moneta cinese nel mondo deve diventare un fatto normale e un supplemento del sistema finanziario internazionale. La Cina dovrà rendere efficaci la banca dei Brics e l’Aiib, con una buona complementarità fra strutture, completare le infrastrutture del renminbi.
La componente offshore è fondamentale nel processo di internazionalizzazione, per cui occorre creare un meccanismo globale del mercato del renminbi come supporto tecnico. Bisogna aumentare dimensione e liquidità in modo da garantire profitti alla controparte estera e indurla a usare il renminbi, perfezionare il sistema Cips con il renminbi, rendendolo “un’autostrada dei pagamenti”.
Bisogna, infine, favorire la finanza in rete a livello internazionale, l’e-commerce e il collegamento regionale nei servizi, a vantaggio degli utenti mondiali. Occupare le vette della finanza in rete e della finanza internazionale per avere più diritto di intervento nel sistema. Nel processo generale, in definitiva, occorre colmare le carenze interne e capire l’impatto sul sistema monetario internazionale della finanza in rete.