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 2010  aprile 04 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Oggi è Pasqua, e il mondo dovrebbe essere in pace. Ma proprio ieri Ahmadinejad ha risposto duramente agli americani che lo invitavano, per dir così, alla moderazione nucleare: «Cos’è cambiato? Le vostre sanzioni sono state tolte? La propaganda contro di noi è stata fermata? La pressione è stata alleggerita? Avete modificato il vostro atteggiamento in Iraq, Afghanistan e Palestina?». L’altro giorno gli israeliani hanno compiuto sette raid sulla Striscia di Gaza, ferendo tre bambini e distruggendo – pare – qualche fabbrica di missili. La pace è una speranza remota, anche a Pasqua.

Quante guerre ci sono al mondo, a questo punto?
Una trentina, la maggior parte in Asia e in Africa. Ma è dubbio che si possa sempre parlare di “guerre” in senso stretto. Oggi la cosiddetta “guerra” è soprattutto una zona di tensione permanente, dove si combatte sporadicamente e soprattutto attraverso atti terroristici o di guerriglia. La guerra-guerra, quella dove gli eserciti si scontrano e la vittoria si misura in conquiste territoriali, è sempre più rara. La guerra-guerra in senso classico prevede, tra l’altro, che qualcuno invada il territorio di qualcun altro, in genere per conquistare un vantaggio materiale di qualche tipo. Ma l’ultimo caso – vado a memoria – sono gli israeliani che entrano in Libano da sud, nel 2006. E non cercavano vantaggi materiali, né di sottomettere il Paese: volevano solo che una forza terroristico-governativa (un assurdo che oggi è possibile) la smettessa di tirargli addosso razzi in un regime di pace, o semi-pace, o mezza-pace. L’invasione andò male, gli israeliani non sapevano come uscirne e quello che cent’anni fa si sarebbe risolto con un congresso e la creazione di qualche cuscinetto, oggi è diventata la missione Unifil, costosissima e alla quale partecipano anche soldati del tutto estranei alla vicenda, come gli italiani. Laggiù, a questo punto, sarebbe tornata la pace.

Israele è uno dei fattori di pericolo mondiale.
Una tesi troppo facile. I bombardamenti della notte tra giovedì e venerdì vengono dopo un lancio di razzi sulle città israeliane, soprattutto Sderot, che durava da settimane. Giovedì la polizia egiziana ha intercettato nel Sinai decine di missili terra-aria e anticarro destinati ad armare Gaza. Una guerra con Hamas è purtroppo di nuovo possibile, la rende più difficile solo l’ostilità occidentale. In questo momento i rapporti tra Israele e Stati Uniti non sono buoni, e questo è un deterrente. Però solo sul lato occidentale. I palestinesi, invece, possono sentirsene incoraggiati e approfittare della difficoltà diplomatica di Israele.

Se io le chiedessi: pigliamo un termomentro e misuriamo la febbre da guerra del mondo, lei che cosa risponderebbe? E, intanto, quale sarebbe il termometro?
Un buon termometro potrebbe essere quello del traffico d’armi. Parlo delle cifre ufficiali. L’Istituto Sipri – un centro studi svedese, la sigla significa Stockholm International Peace Research Institute – certifica che negli ultimi cinque anni le vendite di armi sono aumentate in generale del 22 per cento. Quindi il Pianeta non lo dice, ma pensa alla guerra. I principali esportatori sono Stati Uniti, Russia, Germania, Francia. L’Italia – un tempo al secondo posto – nel 2008 era ottava e nel 2009 dovrebbe aver guadagnato qualche posizione: il suo export è aumentato del 61% (dato della Presidenza del Consiglio). Il vero termometro però non lo fornisce chi vende, ma chi compra. Qui troviamo al primo posto sempre gli Stati Uniti (acquisti per 607 miliardi di dollari nel 2008, cioè il 40% delle armi in vendita nel mondo). E al secondo, per la prima volta, la Cina con 85 miliardi. Dal 2000 a oggi i cinesi hanno incrementato ogni anno del 10 per cento la spesa per armamenti, e annunciato solo quest’anno una piccola frenata: spenderanno appena il 7% più dell’anno scorso. Se scorriamo la classifica delle top ten, troviamo al decimo posto l’India, con 30 miliardi di dollari. Questi numeri ci indicano con chiarezza una zona di grande tensione: quella dei confine tra India e Cina, le due potenze da un miliardo e mezzo di abitanti.

Sta dicendo che potrebbe esserci una guerra tra questi due paesi?
L’Indian Defense Review, una pubblicazione molto prestigiosa, la prevede entro il 2012. Se si guardano gli investimenti militari, bisogna dire che New Delhi ci crede: hanno aumentato il loro budget del 70% in cinque anni. I cinesi adoperano il Pakistan come elemento di provocazione continua. Potrebbe esserci una guerra India-Cina mascherata da un’altra guerra India-Pakistan.

Altri punti di tensione?
Venezuela-Colombia. Le spese militari nell’area – dice il Sipri – sono aumentate del 150 per cento. Chávez compra con i soldi del petrolio. I colombiani con quelli della droga. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/4/2010]

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