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 2010  aprile 04 Domenica calendario

I PRIMI OTTANT´ANNI DEI LEONI DI HOLLYWOOD

Impossibile non amare quei volti scolpiti, segnati, ruvidi. Gli sguardi intensi, la fisicità imponente, il carisma senza fronzoli. Uomini che sembrano nati per impugnare una pistola, come hanno fatto innumerevoli volte sul grande schermo. Ma anche per evocare disagio, solitudini. Una sottile malinconia che appare ancora più evidente adesso, in questo 2010 in cui loro - i leoni, i veterani, i duri del cinema mondiale - giungono al traguardo degli ottant´anni. Il primo, Gene Hackman, li ha compiuti, nel silenzio generale, a gennaio; a fine maggio tocca al secondo, Clint Eastwood, festeggiato negli Usa da maratone sulle reti tv e dall´uscita di un maxicofanetto in dvd; in agosto sarà il turno di Sean Connery, che però alle celebrazioni è stato sempre allergico: «Non voglio gli auguri di compleanno», fece sapere esattamente un decennio fa, alla soglia dei settanta.
Complessivamente, questo tris di neo-ottuagenari totalizza 240 anni di età, sette Oscar vinti in carriera, altri 162 premi cinematografici ufficiali. E un elenco di film memorabili, a cavallo tra vecchia e nuova Hollywood. Ma i tre divi reagiscono al passare del tempo in modo differente. Eastwood, più regista che attore, sforna una pellicola all´anno, con una creatività che non conosce stanchezza. Hackman, dopo l´iperattività a cavallo del nuovo Millennio, nel 2008 ha annunciato il ritiro. Mentre Connery si dedica solo a lavori poco impegnativi, come spot o doppiaggi.
In comune hanno le origini umili, un passaggio nell´esercito in gioventù, e lo status di campioni del cinema d´azione di qualità. Tanto che, citando in maniera infedele il titolo di un film di Sergio Leone con Eastwood protagonista, potremmo definirli il Buono, il Bello, il Cattivo. Clint il più impegnato. Connery icona del fascino. Hackman il più inquietante, ma forse anche il più amato dai registi - Eastwood compreso, che lo ha voluto nel suo capolavoro Gli spietati (1992), western crepuscolare che regalò Oscar a entrambi, e poi in Potere assoluto (1997). Tutta colpa di quella faccia un po´ così, che ha portato Hackman - californiano come Clint, coinquilino di Dustin Hoffman ai tempi della scuola di recitazione - a incarnare sbirri, criminali, spie, militari. Come il poliziotto del Braccio violento della legge (lui era la sesta scelta del regista William Friedkin, i primi cinque rinunciarono); l´ascoltatore di intercettazioni della Conversazione; il fanatico comandante di sommergibile di Allarme rosso (1995, un lustro dopo la pellicola sottomarina Caccia a Ottobre rosso con Connery protagonista). Ma l´attore è famoso anche per i «no»: rifiutò, ad esempio, Lo squalo e Qualcuno volò sul nido del cuculo. L´ultimo suo film risale al 2004 (La Giuria). E sul perché del ritiro ha detto: «Guardare me stesso, quel vecchio con gli occhi stanchi, mi è insopportabile».
E chissà se anche a Connery, assente dal grande schermo da La leggenda degli uomini straordinari (2003), capiti di pensare qualcosa di simile. Nato a Edimburgo, origine proletaria, lucidatore di bare da ragazzo, dei tre neo-ottantenni è il più segnato da un singolo personaggio: quello di James Bond, ovviamente. Eastwood, contattato per sostituirlo nel ruolo dopo Una cascata di diamanti (1971), rispose: «Neanche se mi pagassero dieci milioni di dollari accetterei, nessuno può succedere a Connery». Ma Sir Sean - paladino dell´indipendenza scozzese, nominato Cavaliere dalla Regina - dopo l´addio a 007 cerca e trova ruoli diversi. Come il folle avventuriero dell´Uomo che volle farsi re (1975) o il frate filosofo del Nome della rosa («il mio personaggio più bello e difficile», ha detto spesso). L´alone glamour, però, non lo abbandona. E infatti, a sessantanove anni, strappa venti milioni di dollari per Entrapment, dove amoreggia con la giovane Catherine Zeta-Jones. Nello stesso anno, People lo elegge l´uomo più sexy del Novecento. Lui però non ci sta a fare il monumento, e comincia a odiare Hollywood: «Per convincermi a lavorare ancora lì ci vorrebbe la mafia», dichiara nel 2005. Eppure il suo non è un addio totale: per soldi, o per noia, partecipa a spot televisivi visti anche qui in Italia; presta la voce al videogame Dalla Russia con amore; e ha da poco finito di doppiare un personaggio del cartoon inglese Sir Billi.
Molto diverso, anzi agli antipodi, l´itinerario di Eastwood, perfetta icona dello slogan "ottanta è bello". Della sua carriera da attore sappiamo tutto: la gavetta in tv, l´exploit con gli spaghetti western di Sergio Leone, la lunga militanza come ispettore Callaghan, la conversione a ruoli più sfaccettati ma sempre di successo - grazie alla sua presenza scenica unica, che Richard Burton, con cui girò Dove osano le aquile, definì «una letargia dinamica: sembra non fare nulla e fa tutto». Ma è dietro la macchina da presa che si svela la sua vera anima, sensibile a temi come la pena di morte (Fino a prova contraria), l´eutanasia (Million Dollar Baby), le tensioni razziali (Gran Torino). Ora ha appena finito di girare il thriller Hereafter, con Matt Damon, e si prepara a mettere mano a un biopic su Edgar J. Hoover. Una nuova sfida, per colui che incarna perfettamente - secondo le parole di Norman Mailer - «il grande artista americano».