CLAUDIA FERRERO, La Stampa 4/4/2010, pagina 35, 4 aprile 2010
L’ALCHIMIA DEL TRAILER
La vita è una cosa meravigliosa dei fratelli Vanzina o Jim Carrey gay in Colpo di fulmine - Il genio della truffa per andare al cinema nei giorni pasquali? La differenza potrebbe farla il trailer più azzeccato, in fondo entrambi puntano al brillante e fanno del raggiro uno dei temi forti della pellicola. Una lotta all’ultimo frame. Perché questi film in miniatura, giusto il tempo di un caffè, sono in grado di decidere le sorti di un successo o di un flop.
Lontano da Hollywood, dove esiste un’industria dedicata e dove il regista del film non può mettere voce - ricordate Cameron Diaz in L’amore non va in vacanza? Era proprio il boss di una società che realizzava trailer cinematografici - in Italia gli autori collaborano quasi sempre alla supervisione, condividendola con il produttore di turno. Lo sa bene uno come Gabriele Muccino, che quando ha girato in America La ricerca della felicità e Sette anime è stato alle regole, ma nel caso di Baciami ancora è tornato alle antiche abitudini italiche e si è seduto accanto al cosiddetto trailerista. E che gara quella che il produttore Domenico Procacci di Fandango ha lanciato intorno a questo film: a sorpresa ha sfidato tutti i traileristi nostrani a realizzargli il lavoro più bello sul sequel dell’Ultimo bacio. Ma c’è chi non è stato al gioco: «Andava contro la mia idea di azienda artigianale - dice Alberto Lardani, titolare della Lardani Pictures - così ho declinato l’invito con la battuta: non c’è nemmeno una medaglia in palio...». Alla fine sono stati ben quattro i lavori scelti per la promozione in sala e alla tivù.
Un trailer a volte deve nascondere, altre mostrare. E l’equilibrio tra questi due estremi è più difficile da raggiungere se c’è di mezzo un film comico e qualche suo indiscusso mattatore: « un braccio di ferro all’ultima battuta - scherza Andrea Lazzarin, direttore marketing di Medusa -: produttore e regista cercano di conservare quelle più azzeccate per la sala, il marketing punta a metterle tutte nel trailer. Ore di discussioni...». E povero spettatore, se non di rado si accorgerà che il più bello era proprio tutto lì, nel trailer. «Attenzione, può capitare, certo, ma il pubblico non è manipolabile, identifica il bluff e la volta dopo ti snobba».
Il trailer fa miracoli, appunto, e salva film che altrimenti avrebbero vita brevissima in sala. Era la fine a cui sembrava destinato Spider di David Cronenberg, tratto dal romanzo di Patrick McGrath e con Ralph Fiennes. «In Europa e Usa era andato malissimo - racconta Gianluca Benelli, trailerista titolare della Filmworks -. Da noi fece al box office l’incasso più alto rispetto a tutti gli altri Paesi». Benelli ama paragonare il proprio lavoro a quello di un alchimista che deve mediare tra la ragione del commercio e i sentimenti dell’arte. Con un’eccezione: Matteo Garrone. «Lui è un regista che lavora in controtendenza, lontano anni luce da ogni idea commerciale, è un artista puro. Così abbiamo scelto per Gomorra un trailer senza musiche, o meglio, c’erano sì i Massive Attack, ma erano ridotti quasi a rumore di fondo, a parlare abbiamo lasciato fossero gli ambienti».
I nuovi film in 3D creano non pochi grattacapi. Prendiamo San Valentino di sangue di Patrick Lussier. «I trailer passavano in sale senza questa tecnologia - spiega Lazzarin - Così si è scelto di far vedere delle fiammate che uscivano dallo schermo, lasciando intendere che ci sarebbero stati effetti straordinari». Strada più liscia per i thriller. Se poi è un noir dall’atmosfera sovrannaturale o psicologica come La doppia ora di Giuseppe Capotondi, meno si svela e meglio è. «Bastano atmosfera e musiche potentissime».
Ma ogni film è un caso a sé. «Non voglio chiacchiere, ma sentimenti»: è la battuta che c’è nel trailer di Tutto l’amore del mondo di Riccardo Grandi con Nicolas Vaporidis, ma è perfetta per riassumere il braccio di ferro che c’era stato tra produttore e distributore. Motivo del contendere: il primo trailer realizzato non sottolineava abbastanza l’intreccio sentimentale.
Sull’arte di costruire la sintesi perfetta lavora quotidianamente Lardani, specialista in autori italiani, dalla Comencini a Montaldo, da Verdone e Pieraccioni: «Quest’ultimi due sono gli unici che vengono in ufficio a vedere il lavoro fatto. Il primo è simpaticissimo, ma quanti dubbi sul risultato... va confortato. Con il secondo, quando c’è un lavoro aperto, ci sentiamo tutti i giorni, poi sparisce, fino alla prossima volta... La soddisfazione più grande? Il mio primo lavoro: mi chiamò Ettore Scola per La famiglia: feci il trailer senza le immagini del film, ma solo con un montaggio fotografico». Questi piccoli gioielli di sintesi approdano ogni anno a settembre al Trailers Filmfest di Catania, dove gli autori indipendenti possono partecipare al concorso «Pitch trailer» realizzando lavori tratti da sceneggiature di film ancora da girare.
E quando a fine aprile uscirà Vendicami di Johnnie To, con Johnny Hallyday, e nel trailer sentirete dialoghi che vi guideranno lungo la storia, ricordatevi che «quello originale francese era solo musicale», svela Gianluca Pignataro, responsabile marketing di Fandango. Lasciare spazio all’immaginazione va bene, ma a non far capire nulla si rischia il demenziale come nei trailer trasmessi dalla Gialappa’s e firmati da Maccio Capatonda. Quelli sì, buoni per «Pomodori secchi morti» o «Il brodo oltre la siepe».