Elvira Serra, Corriere della Sera 04/04/2010, 4 aprile 2010
«CALZONI CORTI, ERA GIA’ UN GIORNALISTA»
Benedetto se lo ricorda con i calzoni corti. «Quelli di panno ruvido, che ti pungeva. Era la stoffa degli americani. Nostro padre aveva perso il lavoro durante la guerra e nostra madre doveva ottimizzare ciò che avevamo». Maurizio con i calzoni corti stava sempre in braccio al papà, Giovanni, il giornalista, lo scrittore, l’umorista che ha raccontato oltre quarant’anni di storia del secolo scorso. «Non è solo un’immagine, erano tante. Loro due insieme con Fausto Coppi durante un Giro d’Italia oppure con Franco Cavicchi, il pugile campione di Cento. Maurizio si beveva le parole di nostro padre, cercava di imparare più che poteva, perché già da piccolo aveva deciso di copiarlo, di diventare un po’ come lui»-
Benedetto è il primo dei quattro fratelli Mosca. Già direttore della Domenica del Corriere e poi del Corriere d’Informazione, con garbo accetta, come pure Antonello, il secondogenito, architetto, e Paolo, l’ultimo, scrittore, di raccontare frammenti di Maurizio, ripescati nell’unico orizzonte possibile dopo un lutto: quello dei ricordi. «Però la prima immagine, ancora più lontana, è quella di Pallanza, nel 1943, la notte in cui nacque Paolo: noi eravamo sfollati nella portineria della villa di alcuni amici, nostra madre stava partorendo e certo non c’era modo di insonorizzare le stanze. Così a un certo punto si udì lo strillo del neonato e Maurizio, che aveva solo tre anni, capì che era successo qualcosa di bello: era sveglio e sorrise. Loro due, i più piccoli, rimasero sempre molto uniti».
Dormivano nella camera insieme, Paolo e Maurizio, nell’appartamento di viale Ferdinando di Savoia a Milano. E giocavano sempre in coppia nelle partite a quattro contro i due maggiori, improvvisate nel lungo corridoio di casa quando i genitori uscivano. A Paolo, adesso, vengono in mente le albe, quando rientravano dopo le scorribande notturne e il padre li incrociava vestiti di tutto punto: «Ma come, tornate ora?». E loro: «Ma no, stiamo uscendo!». E uscivano infatti, per finta, prima di ributtarsi dentro il letto.
«Quando ci incontravamo non parlavamo di cose tristi o poco piacevoli. I nostri argomenti erano sempre allegri. Mai un riferimento alla scomparsa di nostro padre o di nostra madre. Si guardava sempre avanti. Una giornata come questa, però, ti fa sentire che a un certo punto devi guardare anche indietro, perché davanti, Maurizio, non ci sarà più». Antonello che parla. Per lui Maurizio era la «peste»: «Irrequieto, pieno di amici. Anche importanti. L’Avvocato lo chiamava per chiedergli dei consigli, ma non sulla Juventus, sui fatti di politica in generale. Aveva un rapporto stretto anche con i Moratti, Angelo prima, Massimo poi: era spesso loro ospite in campagna». Del fratello ricorda anche le debolezze. «Quella ostinazione a non voler mai salire su un aereo. E infatti quando dovette andare in America per seguire la boxe lo fece in nave. E poi la patente, non l’ha mai avuta e che io sappia non ha neanche mai guidato un’auto. Aveva un amico tassista: si trattasse di Roma o di Palermo, ci andava sempre con lui». L’ultima volta si sono visti a casa di Antonello, dieci giorni fa: hanno guardato Buonanotte Bettina, la commedia musicale. «Non ci si crederà. Ma nella casa dei nostri genitori, dove Maurizio è rimasto a vivere, prima con la mamma, poi da solo, c’era solo un apparecchio televisivo vecchissimo. E non era attrezzato neppure per le cassette».
Elvira Serra