Mario Sensini, Corriere della Sera 04/04/2010, 4 aprile 2010
CEDOLARE SUGLI AFFITTI E IVA REGIONALE. IL PIANO DEL FEDERALISMO FISCALE
Meno tasse allo Stato, addizionali Irpef raddoppiate, un’imposta regionale, che per ora resta l’Irap, da modulare per favorire gli investimenti sul territorio. Poi la cedolare secca al 20% sugli affitti da pagare ai Comuni, la riforma dell’imposta di registro, la semplificazione delle accise e degli altri mille tributi locali che gravano sui cittadini. Non è la riforma fiscale promessa dal governo, ma l’effetto del federalismo che avanza, i risultati delle prime ipotesi su cui stanno lavorando i tecnici dell’esecutivo e che presto arriveranno sul tavolo della Commissione paritetica tra Stato, Regioni ed enti locali, al lavoro sui decreti attuativi della riforma varata dal Parlamento l’anno scorso. «Una partita – spiega il Presidente della Commissione, Luca Antonini – da oltre 200 miliardi di euro». E che riguarda molto da vicino i cittadini.
Più che di spesa, che le autonomie locali gestiscono già, qui si parla di tasse, e molto è destinato a cambiare. «Saranno tributi visibili, tracciabili. I cittadini pagheranno le imposte sapendo a chi e per che scopo, potranno verificare su internet come vengono utilizzate. Oggi in Italia, con il decentramento delle funzioni che c’è già stato, c’è un tasso di federalismo superiore a quello del Canada. Regioni ed enti locali gestiscono già la metà della spesa corrente complessiva, quei 200 miliardi di cui sopra, ma sono responsabili, e per modo di dire, solo dell’11% delle tasse. Io spendo – spiega Antonini – ma paga un altro. E questa è stata la causa del disastro: spendere senza nessuna responsabilità. In Calabria mancava addirittura la contabilità, hanno dovuto chiamare la Kpmg per ricostruire i conti».
I decreti attuativi arriveranno in autunno, ma già a giungo la commissione dovrà dare al governo e al parlamento il quadro del nuovo assetto federale, con la definizione delle risorse che spetteranno a ciascun livello di governo. La banca dati è stata appena messa a punto e sono cominciate le simulazioni. La spesa già in mano alle autonomie locali è pari a 215 miliardi, 130 per le regioni, 85 per comuni e province, ed è in gran parte finanziata dallo stato a piè di lista con i trasferimenti o «compartecipazioni fasulle – dice Antonini – ai tributi nazionali». Aboliti i trasferimenti statali veri e propri (ammontano a 20 miliardi, di cui 14 a favore dei comuni, 3 alle regioni, 1,5 alle province), per finanziare la spesa decentrata si ricorrerà direttamente alle tasse. Le Regioni avranno anche una forte compartecipazione all’Iva. «Ma a quella vera, legata al territorio, mentre oggi non è così» dice il presidente della Commissione. La compartecipazione Iva, oggi, viene calcolata sulla base dei dati Istat, mentre domani sarebbe legata al gettito riscosso effettivamente, un incentivo concreto per stimolare una politica economica ed industriale del territorio. Come sarà anche la possibilità di rimodulare l’Irap: ferme le basi imponibili, le regioni avrebbero la possibilità di introdurre sgravi mirati a determinati settori ed attività. «Come avere – spiega Antonini – tante piccole leggi Tremonti regionali». Anche i Comuni avrebbero la compartecipazione ai tributi nazionali, ma in questo contesto i tecnici del governo stanno valutando concretamente anche l’ipotesi di introdurre la cedolare secca del 20% sul reddito delle locazioni immobiliari. Ai comuni arriverebbe un gettito di 4 miliardi di euro l’anno, che compenserebbe ampiamente la perdita che hanno avuto dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa, che ne valeva 3. Secondo alcune stime l’aliquota al 20% sugli affitti non creerebbe un buco nel gettito dello stato, perché la «flat tax» favorirebbe l’emersione del nero. Affidare la tassa sulle locazioni ai comuni consentirebbe inoltre una lotta sicuramente più efficace, condotta quasi porta per porta, contro l’evasione fiscale. E per lo stesso principio, una delle ipotesi che si stanno prendendo in considerazione è quella di aumentare in linea generale il premio che i Comuni incassano sull’evasione da loro scoperta ( oggi è il 30%). Sempre ai Comuni potrebbe essere trasferita la titolarità dell’Imposta di registro (vale da sola 6 miliardi l’anno), che andrebbe prima riformata, rendendola telematica. Con l’annesso e pregevole vantaggio di cancellare milioni di adempimenti cartacei. Il federalismo non promette, tuttavia, solo tasse più semplici e tracciabili. L’altra faccia della medaglia è la razionalizzazione della spesa pubblica. Il costo delle funzioni esercitate dagli enti locali non sarà più calcolato sulla base della spesa storica, sulla quale si sono incrostate inefficienze decennali, ma il costo standard. Una siringa costa 10 e lo stato rimborsa 10, e chi spende di meno offrirà servizi migliori. un’operazione complicata e i risultati variano in funzione dei criteri che di calcolo saranno adottati dalla Commissione. Anche se il risparmio, con i costi standard, è sicuro. Solo nella sanità, prendendo a riferimento la spesa di Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, secondo Antonini si possono risparmiare da 2 a 5 miliardi di euro. Secondo gli esperti del Partito Democratico, si potrebbe arrivare fino a 7.
Mario Sensini