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 2010  aprile 04 Domenica calendario

TIBERIADE, NEL LAGO DEI VANGELI NON SI PESCA PIU’

La pesca nel lago di Tiberiade non è più miracolosa. In quattro anni è crollata da 330 tonnellate a 9. Il mestiere di quattro tra gli apostoli – Pietro, Giovanni, Giacomo, Andrea’ si è trasformato in un’industria che ha spremuto il patrimonio dalle acque a nord d’Israele, veleni al posto delle reti e qualche disattenzione del governo. Che adesso ha deciso di lasciare a terra le settanta barche con licenza, di vietare per due anni la professione che dai tempi della Bibbia ha sfamato le popolazioni della Galilea. Già Giosuè avrebbe ordinato alla tribù di Neftali, che controllava le rive, di condividere il tesoro subacqueo. La specie più diffusa è il Sarotherodon galilaeus galilaeus, una Tilapia, più conosciuto come il San Pietro, da un passaggio del Vangelo di Matteo (17, 22-27), quando Gesù dice al discepolo: «Va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te». Si sa che il Sarotherodon inghiotte un sassolino per rinforzare i muscoli della gola dove tiene i piccoli.
Oggi è la specialità (soprattutto alla griglia) dei ristoranti turistici sulla costa e ha subito la concorrenza degli allevamenti. Sleale. Le fabbriche di pesci hanno scacciato gli uccelli dalle vasche all’interno e il San Pietro è diventato il cibo preferito di seimila volatili. «Siamo vicini alla catastrofe e così abbiamo deciso di proibire la pesca, a partire dalle prossime settimane», spiega Chaim Anjioni, funzionario del ministero dell’Agricoltura, alla rivista
Forward. «La decisione è stata presa per garantire ai pescatori il reddito, non solo per altri due-tre anni». Loro accusano invece il governo: «Non ha avuto cura del lago e ha interrotto le introduzioni di avannotti». Nel periodo a terra, verranno impiegati in lavori per i municipi locali.
Su queste rive, Cristo ha predicato e su queste acque ha camminato, nel racconto dei Vangeli. Il passo 6, 16-21 di Giovanni narra che venuta la sera, i discepoli salirono su una barca e si avviarono verso la riva opposta, era ormai buio e Gesù non era ancora arrivato. Prosegue: «Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: "Sono io, non temete"».
Il lago è la fonte principale di acqua potabile per Israele. Il livello scende di anno in anno e la siccità è una calamità anche per i pesci, che perdono nascondigli dove depositare le uova. «I pescatori usano reti con buchi più piccoli di quelli consentiti dalla legge – continua Anjioni ”. Tirano su anche i giovani che non hanno la possibilità di riprodursi». Qualcuno usa il Tionex, una tossina che tramortisce o uccide e rende più facile la raccolta. «Il veleno contamina le acque e elimina anche gli avannotti». Anjioni è convinto che la natura debba essere lasciata libera di agire, indisturbata almeno per due anni. «Osserviamo molti pesci, ma tutti piccoli. Nel momento in cui fermiamo la pesca e permettiamo loro di crescere, l’equilibrio verrà ristabilito». I pescatori credono nell’intervento dell’uomo: «La situazione è così complessa, non si può sperare che il lago torni a vivere da solo».
L’apostolo Matteo racconta la moltiplicazione dei pani e dei pesci (14, 13-21): «Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano, date loro voi stessi da mangiare". Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci". Ed egli disse: "Portatemeli qua". E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati».
Davide Frattini