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 2010  aprile 04 Domenica calendario

IL MERCATO MILITARIZZATO DI CHAVEZ

Una breve sosta per il rifornimento, in qualsiasi stazione di servizio venezuelana, regala attimi di ilarità: un pieno di benzina costa molto meno di una bottiglia di acqua minerale.
Cose che capitano in un pais petrolero afflitto da una crisi alimentare ed energetica. Prezzi controllati, cibo quasi razionato, supermercati militarizzati ma...benzina quasi gratis. «L’unica certezza è questa: il prezzo non verrà ritoccato», dice il benzinaio. Sarebbe la Waterloo di Chavez. La più impopolare delle misure è l’aliquota sul pieno. Impraticabile.
La più alta, di aliquota, in termini non solo simbolici, è quella accollata ai consumatori che pagano il prezzo più alto della crisi economica venezuelana: i prodotti alimentari sono carissimi e spesso introvabili.
La spinta propulsiva di cui, alcuni anni fa, avevano beneficiato le classi meno abbienti pare essersi esaurita.
Il governo di Hugo Chavez, al compimento del suo undicesimo anno, è approdato a una profonda svalutazione del bolivar che ha determinato un crollo del potere di acquisto dei venezuelani e soprattutto una drastica riduzione delle merci disponibili sugli scaffali dei supermercati.
Ora militarizzati. Nelle ultime settimane centinaia di giovani soldati venezuelani li presidiano. Non le frontiere con la Colombia, paese considerato "nemico", non i barrios più violenti della città, quelli che ogni fine settimana "producono" quaranta o cinquanta morti ammazzati. No, i corridoi dei supermercati.
Non tutti, alcuni. Quelli colpevoli - a detta di Chavez - di aver aumentato in maniera indiscriminata i prezzi dei prodotti, facendo lievitare l’inflazione. Che ora corre a una velocità preoccupante, superiore al 25% annuo.
Altre misure punitive sono state varate la scorsa settimana: ottanta esercizi commerciali costretti ad abbassare le saracinesche per 24 o 48 ore. Responsabili questa volta del mancato risparmio energetico, in un periodo critico in cui l’economia patisce continui blackout per incapacità di produrre energia sufficiente.
Ne è conseguito un decreto firmato lo scorso 9 febbraio a Palacio Miraflores.
Di che si tratta? «Una misura elementare- spiega un funzionario del ministero dell’Economia che chiede di non esser citato mirata a ridurre i consumi di elettricità del 20 per cento. I ristoranti, gli alberghi, i locali frequentati dai ragazzi che sono stati già multati con la chiusura di un giorno potrebbero incappare, in caso di recidivia, nella chiusura definitiva del locale».
"Soldati alimentari" e pollo a prezzo politico: i militari che sorvegliano gli scaffali sono l’immagine nitida di una politica economica sfuocata che non ha saputo fronteggiare il calo del prezzo del barile, registrato nel 2009. Il chavismo si è invece accanito contro le aziende alimentari private; da qui le ispezioni e infine le nazionalizzazioni del gruppo alimentare francese Exito e di Cada. Colpevoli, secondo il governo, di praticare prezzi troppo esosi, gonfiare l’inflazione e ridurre la capacità di spesa dei venezuelani.
L’Alternativa bolivariana, stilema lanciato anni fa da Chavez, negli ultimi anni ha preso forma con la statalizzazione delle imprese alimentari e la presunzione governativa di produrre sì petrolio ma anche alimenti per il popolo. Non solo Pdvsa, la compagnia petrolifera di Stato ma anche Pdval, compagnia alimentare di Stato.
Il pollo a prezzo politico, quando c’è, vorrebbe essere la prova provata che il Venezuela sa essere autosufficiente. Qualsiasi dubbio viene fugato dai cartellini e cartelli dei supermercati bolivariani: i primi sono quelli dei prezzi, molto popo-lari, di alcuni beni di consumo. I secondi sono slogan del tipo " Comida sovrana", " Todo el poder al pueblo ", in bella vista tra gli scaffali del riso e quelli dei fagioli. I numeri sono questi: il colonnello Felix Osorio, 40 anni, ministro degli Alimenti del governo chavista, ha dichiarato che nel 2009 sono stati spesi 605 milioni di dollari per i sussidi alimentari ma soprattutto 1,8 miliardi di dollari per la gestione di Mercal, la catena alimentare di supermercati bolivariani. Più di 16mila punti vendita, 85mila lavoratori che dovrebbero garantire al paese alimenti a prezzi popolari. Riso, fagioli, zucchero, con il 40% di sconto rispetto a quelli offerti dai normali supermercati.
Il sociologo Luis Pedro España, docente all’Università cattolica di Caracas "Andrés Bello" spiega che «l’idea è quella di ricordare ai consumatori che il governo sta combattendo per la sicurezza alimentare e che il presidente sta sempre dalla parte dei piú deboli».
L’alimentare di Stato però funziona male: lo sfogo di Maria, 35 anni, caraqueña, dà un’idea della situazione. « possibile che da mesi non si trovi zucchero, negli scaffali dei supermercati? E che le rare volte in cui arriva se ne possa comperare solo un chilo? Per caso siamo in guerra? Se sì, ce lo dicano».
Carlos Machado, economista, esperto in questioni alimentari dell’Institute of higher administrative studies, una business school di Caracas, spiega che «le espropriazioni di terre e aziende agricole private hanno dato risultati sconfortanti in termini di produzione: quella di zucchero di canna, dal 1999 al 2009, è crollata dell’8%, di frutta del 25% e di carne del 38 per cento».
Il paradosso è che proprio quando la revolución bolivariana si sta radicalizzando, matura la convinzione che il ruolo del mercato sia insostituibile. Il governo cerca di convincere i vertici dei supermercati Exito del gruppo francese Casino, appena nazionalizzati, a rimanere nel gruppo con una quota di minoranza. In altre parole la loro expertize viene considerata cruciale per la gestione del commercio alimentare.
Un parziale dietrofront che mette a nudo la fase di debolezza del governo, stretto tra due crisi, una energetica e una alimentare. Il consenso politico largamente maggioritario, dovuto al successo dei programmi sociali e sanitari avviati nelle baraccopoli dieci anni fa, è un ricordo lontano. Servono nuove idee che rilancino un’economia fiacca. O forse, più semplicemente, si è esaurito il ciclo bolivariano, iniziato nel 1998 con un’idea della politica certamente suggestiva ma non molto democratica. Il tenente colonnello Hugo Chavez lanciò la campagna elettorale proclamando la linea di comando: «Dio è il comandante supremo, seguito dal Libertador Simon Bolivar e poi da me».