Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In Lombardia – specialmente in Lombardia – s’è forse liberato un pacchetto di voti e questo rende ancora più complicato il calcolo pre-elettorale su come potrebbe finire nella più grande regione italiana, quella che consacra 49 senatori e ne dà 27 a chi arriva primo.
• Di che stiamo parlando?
Del caso Giannino. Sa di che si tratta? Il giornalista Oscar Giannino, star di Radio24 per la sua trasmissione liberista delle 9 del mattino, indimenticabile, una volta che lo si sia visto, per le giacche di velluto color aragosta, i gilet di raso, i pantaloni asparago e le scarpe bicolori, cranio pelato e barbetta satanica, gran parlatore e, una volta, persino conduttore di un programma tv (Batti e ribatti
, Raiuno). Questo nostro collega, di destra e in gioventù repubblicano militante, aveva lo scorso luglio pubblicato un manifesto programmatico in 10 punti, intitolato “Fermare il declino” e stilato insieme con economisti assai illustri, Luigi Zingales, Michele Boldrin, Alessandro De Nicola, Sandro Brusco, Andrea Moro, Carlo Stagnaro. Intorno al manifesto, per l’attività incessante dello stesso Giannino, s’era poi formato un movimento politico dal nome un pochino complicato, “Fare per fermare il declino”. Con questo movimento Giannino s’era iscritto alla gara elettorale, candidandosi a premier. Ai primi di gennaio, “Fare” era dato al 2% su scala nazionale. Per un affarino nato in tutta fretta, sull’onda di una situazione politica generale che precipitava, una percentuale notevolissima. Nell’ultimo giorno dei sondaggi – 10 febbraio 2013 - lo si accreditava di quasi il 5% soprattutto in Lombardia, ma con percentuali interessanti anche in Veneto, Piemonte, Emilia, Liguria, Marche e Friuli. Berlusconi s’era innervosito: che vuole costui, toglie voti a noi e ci farà perdere a Milano. Giannino aveva risposto all’invito a levarsi di mezzo con una risata.
• E che è successo poi?
Nei curricula di Giannino che circolano in rete e purtroppo anche in certe sue dichiarazioni televisive che adesso si possono rivedere, il nostro collegava dichiarava di avere due lauree, in Economia e in Legge, e un master conseguito a Chicago nella prestigiosissima Chicago Booth School of Business. Pochi giorni fa, il professor Luigi Zingales, che a Chicago insegna, ha reso noto che di questo master a Chicago non c’è traccia. Giannino dunque ha millantato un titolo che non possiede, e di conseguenza – ha detto Zingales – io di “Fare” non ne voglio più sapere. Deve sapere che Zingales è un giovane economista assai illustre, scrive sull’ “Espresso” e sul “Sole 24 Ore”, chiunque si occupi delle nostre cose non può prescindere dalle sue analisi. Voglio dire: il colpo di smascherare Giannino e lasciare il movimento era mortale.
• Giannino s’è dimesso?
Ci sono stati un paio di giorni molto tempestosi, in cui lui stesso ha dovuto ammettere di non essere neanche laureato in Economia e Legge. Queste millanterie sono assurde e fanno rabbia anche per questo: Oscar sarebbe stato ancora più ammirato se avesse raccontato di essere tanto competente solo grazie ai suoi studi in casa la sera, cioè grazie al suo essere autodidatta. E poi: uno dei fondamenti del pensiero liberale è che il titolo di studio non deve avere valore, concetto su cui si spese tanto, a suo tempo, lo stesso Luigi Einaudi. Come mai, invece, un uomo di tanto valore come Oscar s’è lasciato sedurre, anche lui, dal luccichìo fasullo del pezzo di carta? E, a questo punto, si potrà credere agli altri dettagli della sua biografia così colorata, che gira col bastone per via di un tumore alla spina dorsale, che nel tempo libero assiste i malati terminali, che è nato a Mirafiori in mezzo agli operai? Oscar è andato l’altra sera da Mentana, poi ieri mattina ha affrontato la direzione di “Fare”, un organismo molto giovane, formato da diciotto membri selezionati poche settimane fa da lui stesso. Al termine di una riunione di quattro ore all’hotel Diana di Roma, la direzione ha accettato le dimissioni del suo leader, nominando presidente del partito Silvia Enrico, avvocato di Albenga ma con studio a Milano, 37 anni.
• Niente candidatura a premier?
No, Giannino non può ritirarsi dalla corsa elettorale. Ma, se eletto, è possibile che si dimetta. Lui stesso, ieri mattina, ha presentato dimissioni irrevocabili. Come ha spiegato in un paio di tweet «I danni su di me per inoffensive ma gravi balle private non devono nuocere a Fare». E: «È una regola secca: chi sbaglia paga. Deve valere in politica e soldi pubblici. Io comincio dal privato. Ora giù a pestare dx, sx e centro».
• A chi andranno i suoi voti?
Non credo a Bersani e Berlusconi, che quindi restano negli stessi guai di prima. Un po’ se li terranno, perché è assurdo che il Movimento scenda a un tratto a zero. Un po’ andranno alla coalizione più vicina, quella di Monti (nonostante la presenza, ripugnante per i “Fare”, di Fini e Casini). E il resto, naturalmente, a Beppe Grillo, l’incubo in queste ore di tutto lo schieramento.
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