Sergio Rizzo, Corriere della Sera 21/02/2013, 21 febbraio 2013
IL FALEGNAME D’ORO DELLA REGIONE LAZIO: 95 MILA EURO ALL’ANNO DI RIMBORSO
Evviva la trasparenza. Perché grazie a essa finalmente possiamo conoscere anche il conto dell’ebanista del Consiglio regionale del Lazio: 6.600 euro al mese, seimilaseicento, Iva esclusa. Per un totale annuo, imposta compresa, di 95.832 euro.
Un dettaglio che l’astuta macedonia delle voci del bilancio del consiglio regionale del Lazio rendeva indecifrabile, come tanti altri. Al punto da non riuscire a capire perché, dal 2007 al 2011, l’esborso per «compensi onorari e rimborsi per consulenze... convegni, studi e ricerche... finanziamento del Corecom e della Consulta femminile» fosse passato, come hanno scoperto gli ispettori mandati dalla Ragioneria dello Stato a frugare nei conti, da un milione 350 mila euro a ben 8 (otto) milioni.
O grazie a quel lievito miracoloso l’esborso per «spese postali, telefoniche, di cancelleria, di resocontazione, di stampa, di documentazione e di biblioteca e in genere in economato: spese per attrezzature e arredamento del consiglio regionale» si fossero più che triplicare in cinque anni, raggiungendo la cifra siderale di 35,2 milioni. Cinquecento mila euro a consigliere. Per utilizzare un paragone già fatto, è come se la Camera dei deputati avesse speso per le stesse voci 315 milioni di euro.
Evviva la trasparenza, dunque. E’ stata la decisione di pubblicare sul sito internet ufficiale la lista di alcuni appalti, presa dagli uffici del consiglio regionale a pochi giorni dalle elezioni (e davvero non si comprende perché non sia stato fatto prima), che ha fatto scoprire, come ha titolato mercoledì «La Provincia di Frosinone» un articolo del suo Cesidio Vano, «il falegname della Pisana». L’angelo custode che veglia sul prezioso mobilio consiliare. Non tutto, però: soltanto quello dell’aula. Certo un dettaglio, rispetto alle cifre enormi in ballo. Ma assai significativo.
Dal 2011 il consiglio regionale del Lazio ha affidato a una ditta di Campagnano romano, la Picalarga srl, un compito così sintetizzato nella «determina» adottata il 3 maggio del 2005: «Prestazioni di assistenza all’aula consiliare con presidio di personale tecnico specializzato». Che cosa significa? Proviamo a indovinare: se durante una seduta si fosse rotta la zampa di una poltrona (e considerata la stazza di qualcuno come l’ex capogruppo del Pdl Franco Fiorito, accreditato di 180 chili di peso non era proprio un’eventualità remota) c’era lì pronto un Geppetto con chiodi e colla per ripararla? Per 1.650 euro più Iva a seduta, visto che negli ultimi due anni il consiglio si è riunito in media una volta ogni otto giorni.
Che dire poi di certe spese legali? Sempre grazie alla trasparenza apprendiamo della parcella di 15.352 euro e 48 centesimi saldata all’avvocato di Cassino Massimo Di Sotto, ingaggiato dal consiglio regionale «in ragione della elevata qualificazione professionale e dell’esperienza maturata...». L’impresa era ardua: difendere il consiglio regionale in una causa civile intentata dalla società Milano 90 di Sergio Scarpellini. Evidentemente non bastava l’ufficio legale della Regione che aveva comunque affidato la pratica a un avvocato interno, Alessandro Steri.
L’immobiliarista noto per essere il proprietario degli stabili affittati alla Camera dei deputati dove sono collocati gli uffici degli onorevoli aveva citato in giudizio il consiglio contestando il recesso dal contratto d’affitto di un appartamento nel centro di Roma. Seicento metri quadrati, al modico canone di 330 mila euro l’anno. Sgranerete gli occhi. Ma è proprio così: il consiglio regionale del Lazio, che ha sede a Roma, aveva affittato una sede di rappresentanza nel centro di Roma.
Il contratto con Scarpellini, nove anni più nove, risale al 2002, mentre governatore è Francesco Storace e presidente dell’assemblea il senatore del Pdl Claudio Fazzone. Trascorsi i primi nove anni, il nuovo presidente Mario Abbruzzese, per inciso originario di Cassino come l’avvocato Di Sotto, pensa bene di mandare una raccomandata a Milano ’90 per rescinderlo. Motivo: la necessità di risparmiare. Applausi. Di tutti ma non di Scarpellini, che va dal giudice sostenendo che la rescissione è irregolare. E in primo grado il giudice gli dà anche ragione, condannando la Regione a pagare quasi tre milioni di euro. Ovvero, tutti gli affitti dei secondi nove anni. E c’è anche qualcuno che si meraviglia perchè la Regione sarà costretta a pagare 500 mila euro di interessi alla Deutsche per le fatture saldate in ritardo, come segnala il pd Riccardo Agostini.
Sergio Rizzo