Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 21/2/2013, 21 febbraio 2013
«I FRANCESI? LAVORANO TRE ORE AL GIORNO»
È un colpo basso all’orgoglio francese e alle speranze di attrarre gli investitori stranieri. Paese avviato a un lento declino industriale a causa di una classe politica che rifugge da decenni il varo di impopolari riforme strutturali per timore della risposta giacobina della piazza.
L’economista Nicolas Baverez, cantore inascoltato del «declinismo» l’aveva predetto nel 2003, quando pubblicò il testo-cult, «La Francia che cade: osservazione clinica del declino francese». Ma vederselo scrivere, nero su bianco, da un industriale americano non è la stessa cosa.
In questo quadro convulso è scoppiata la polemica che ha colpito il governo di Parigi e i suoi sforzi di voltare pagina per recuperare competitività. «I sedicenti operai francesi lavorano tre ore al giorno»: è stato il J’accuse lanciato da Maurice Taylor, presidente di Titan international, una multinazionale americana di pneumatici agricoli che si era candidata al riacquisto della fabbrica Goodyear a Amiens, nel nord della Francia, che dà lavoro a 1.173 dipendenti, prima di rinunciare lo scorso settembre a causa del fallimento dei negoziati su un piano di riduzione del personale con il maggiore sindacato dei lavoratori, la Cgt.
«Ho visitato la fabbrica diverse volte», ha fatto sapere Taylor, un tipo tosto già candidato alle primarie dei Repubblicani per le presidenziali del 1996, in una lettera infuocata indirizzata al ministro francese del rilancio Economico, Arnaud Montebourg, personaggio molto controverso e noto per la sua intransigenza verso le esigenze del mondo della produzione. «I dipendenti francesi guadagnano molto ma lavorano solo tre ore al giorno. Spendono un’ora per la pausa pranzo, chiacchierano per tre ore e lavorano le restanti tre. L’ho detto ai sindacati francesi. Mi hanno risposto che in Francia è così». Punto e basta. Della globalizzazione i sindacati francesi sembrano non avere né timore né tanto meno di esserne a conoscenza. Poi le fabbriche, comprese quelle dell’auto pubblica Renault, emigrano in Spagna mentre i lavoratori francesi si trasformano in disoccupati. Non sarà un caso se la Francia ha perso un milione di produzione di veicoli in un decennio (da 3,3 milioni di veicoli prodotti a 2,3 milioni).
«Pensate davvero che siamo talmente stupidi?», ha sferzato il manager Usa. «Titan acquisterà un produttore di pneumatici cinese o indiano, pagherà meno di un euro l’ora di salari e esporterà tutti i pneumatici di cui la Francia ha bisogno. L’agricoltore francese vuole delle gomme a basso prezzo, poco gli importa se vengono dalla Cina o dall’India», ha rincarato la dose Taylor, noto con il soprannome di «Grizzly».
Il ministro Montebourg aveva provato, senza successo, a rilanciare, a gennaio, i negoziati. A quel punto è arrivato l’attacco epistolare al Governo, del dirigente americano di Titan, esasperato dall’impossibilità di rimettere in sesto un’industria non più competitiva.
La portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem e lo stesso ministro Montebourg in una lettera, hanno negato le accuse, rivendicato che «la Francia resta il primo paese destinatario di investimenti diretti dagli Usa» e che il governo ha introdotto il credito d’imposta per la competitività che ridurrà del 6% il costo salariale delle imprese. Ma al di là delle bordate di un manager Usa, il problema è che in Francia, oltre alla fabbrica ad Amiens Nord, altri siti produttivi sono in bilico. E il presidente Hollande non pare accorgersene.
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A CLASSIFICA
Ore lavorate, Germania in coda
I dati Ocse mostrano che la Grecia è il Paese europeo con il maggior numero di ore lavorate, mentre la Germania si trova in coda. A livello di area Ocse la Grecia è superata solo dalla Corea del Sud. La Germania è in fondo alla lista, mentre l’Italia viaggia in linea con la media dell’Ocse.