Maurizio Stefanini, Libero 21/2/2013, 21 febbraio 2013
L’AUSTERITY AFFOSSA ANCHE IL GOVERNO BULGARO
[Mentre la Grecia si ferma per lo sciopero generale, a Sofia si dimette il premier. Travolto dalle proteste sul caro-energia] –
Balcani in fiamme. La Grecia ha l’euro; la Bulgaria no, pur essendo entrata nell’Unione Europea mantiene ancora il suo storico lev, il “leone”, per lo meno fino al 2015. Ma, euro o lev, entrambi i Paesi sono travolti dalla protesta per la recessione da austerity che sta affogando il Continente. A Sofia, è addirittura il governo costretto alle dimissioni da una rivolta per l’eccessivo prezzo dell’elettricità. Ed è l’undicesimo governo dell’Ue a saltare dal gennaio del 2011. In Grecia il governo invece regge: è il secondo in tre anni in cui si sono susseguiti ben sette diversi piani di austerity che hanno in effetti iniziato a intaccare il deficit, ma più ancora i già precari livelli di occupazione e crescita. O meglio, disoccupazione, al 27% con un 30% atteso per fine 2013 e il 60% tra i giovani, e decrescita. Ma il Paese è stato bloccato da un grande sciopero generale deciso dalle due più importanti centrali sindacali proprio all’indomani della visita di Hollande: a dimostrazione di quanto poco le promesse delle potenze europee scaldino ormai i cuori degli ellenici.
La Bulgaria, inoltre, potrebbe essere il primo caso di governo vittima della recente ondata antinucleare, dopo che il 27 gennaio a un referendum per la costruzione di una nuova centrale nucleare solo il 20,23% degli aventi diritto è andata a votare. Avendo gli altri bulgari spiegato di non essersi interessati in quanto «non informati sul tema», forse ora le bollette omicide che sono loro arrivate aiuteranno a capire l’importanza di questo lavoro di autodocumentazione. Peraltro, era stato proprio il governo di centro-destra a bocciare il progetto, che era stato voluto dal precedente governo dei post-comunisti, appaltando i lavori a una società russa, per cui forse è stato un riflesso anti- Mosca piuttosto che antinucleare in senso stretto. L’elettricità aumentata del 13% nel Paese più povero dell’Ue è però a sua volta solo la ciliegina di una torta fatta di scarsa qualità di vita, di corruzione, di una disoccupazione all’11,9% e di salari medi congelati a 800 lev al mese, 410 euro (ma il salario minimo è a 155 e le pensioni a 75). La gente è scesa in piazza al grido di «mafiosi, dimettetevi!», la polizia ha risposto in modo muscolare, 25 persone sono finite in ospedale, e dopo che aveva provato a calmare le acque rimuovendo il ministro delle Finanze Simeon Djankov il primo ministro Boiko Borisov si è dimesso, assieme a tutti i ministri. «Non farò parte di un governo in cui la polizia picchia la gente», ha detto. «Abbiamo dignità e onore. È il popolo che ci ha conferito il potere, ed è al popolo che oggi lo restituiamo». Comunque si doveva votare il 7 luglio, e al massimo si anticiperanno le elezioni di qualche mese. Fondatore del partito Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (Gerb) dopo essere stato guardia del corpo del dittatore comunista Zhivkov e sindaco di Sofia, Borisov ha anche promesso di revocare la licenza alla compagnia che distribuisce l’elettricità. Ma questa è al 70% proprietà del governo ceco, che ha minacciato di passare alle vie legali.
Abbastanza simile il tono delle proteste che sono state scandite dalle 60.000 persone scese in piazza a Atene: «Ladri! Ladri!». 3000 agenti in assetto antisommossa sono stati presi a sassate mentre lanciavano lacrimogeni per disperdere la folla vicino a piazza Syntagma, e un poveraccio che invece della bandiera rossa ne sventolava una nazionale è stato perciò scambiato per un militante del gruppo d estrema destra Alba Dorata, pestato e mandato in ospedale. I sindacati protestano contro le riforme promesse dal governo Samaras a Ue e Fmi per ottenere due pacchetti di aiuti finanziari per oltre 200 miliardi. Il governo ha già scelto la linea dura e per due volte dall’inizio dell’anno ha precettato i lavoratori del trasporto pubblico e del trasporto marittimo, che avevano paralizzato Atene e minacciavano di lasciare senza viveri le isole. Ad Atene sono volate anche molotov, mentre i trattori degli agricoltori tessali bloccavano l’autostrada per il Nord.