Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 21/2/2013, 21 febbraio 2013
I 6 MILIONI DI MEDIASET CHE SALVARONO CAIRO
[Nel 2008 Telecom Italia Media voleva rescindere il contratto ma intervenne Berlusconi acquistando la pubblicità su La7] –
Non sappiamo se Urbano Cairo sia vittima di un sentimento di rivincita contro il mentore Silvio Berlusconi, che l’arruolò sbarbatello e lo nominò assistente: “Mi disse: guarda le bollicine che mi escono dagli occhi: sono intelligente, mi prendi?”. Il Cavaliere, folgorato, lo prese. E la scalata fu costante quanto poi traumatica: l’arrampicata a Publitalia si concluse con un patteggiamento di Cairo e un presunto licenziamento, che il prossimo padrone di La7 rivendica per certificare l’indipendenza dal vecchio amico, nuovo nemico Silvio. Quanto più si trasmette freddezza, tanto più si gonfiano i sospetti: perché Cairo misura le distanze da Berlusconi? Un episodio documentato, non più lontano di cinque anni e con effetti ancora validi, racconta l’esatto contrario. Autunno 2008. Franco Bernabè, presidente di Telecom Italia, ha spedito a La7 il fidatissimo collaboratore Gianni Stella, conosciuto per le sue maniere brusche e la sua inscalfibile sintonia con il gran capo. Stella spulcia i conti di Ti Media, prima di investire milioni di euro, e cerchia di rosso il contratto con la Cairo Communication, la concessionaria che raccoglie la pubblicità per il gruppo e beneficia di clausole poco convenienti per Stella. L’amministratore delegato vorrebbe rescindere immediatamente e formare un sodalizio con Sky, non vuole rinnovare un accordo che trattiene La7 in fase di decollo: anche se l’ascolto dovesse lievitare, le entrate sono inchiodate a un fatturato ridicolo.
IL PRESIDENTE del Torino sta per uscire di scena, ma ecco che un ingresso fa ruotare la prospettiva: Ti Media pretende 120 milioni di euro di minimo garantito, Cairo non può soddisfare la richiesta, però Mediaset corre in soccorso. Il regista allestisce una riunione a palazzo Grazioli, anche per far recapitare un messaggio a Bernabè: se Cairo perde La7, la società – quotata in Borsa – fallisce. Che la presenza di La7 negli affari di Cairo sia vitale lo spiega il bilancio: il 64,5 per cento dei ricavi – che superano di poco i 280 milioni – provengono dal circuito televisivo che, al netto di irrilevanti emittenti di cartoni animati, si regge proprio sul canale di Telecom. Berlusconi deve blandire il coriaceo Stella – che sino all’ultimo giorno ha combattuto Cairo – e ci riesce con una promessa da 6 milioni di euro: la pubblicità che Mediaset ha acquistato su La7 nel 2009. Cairo conquista cinque anni di matrimonio, poi prolungati sino al 2019 con leggere concessioni per la televisione. Non è un mistero che la stessa Ti Media sia in lotta con Cairo in Tribunale per stracciare il contratto capestro, dopo averne denunciato le anomalie in Consiglio di amministrazione. Il tempo, forse, annebbia la memoria. E tutti, proprio tutti, sembrano aver dimenticato. Cairo non ricorda il concitato autunno di cinque anni fa e Telecom non rammenta i contrasti con la concessionaria. Ha ragione Enrico Mentana che cerca la verità in una favola: “Cairo vorrà fare un ottimo lavoro perché non può fare come lo scorpione che punge e uccide la rana che lo trasporta in acqua”. E le acque sono agitate e di un colore scuro, nero. La7 ha segnato un meno 40 per cento di pubblicità a dicembre rispetto a dodici mesi prima, nonostante l’impennate di share con i programmi d’informazione serali e la satira di Maurizio Crozza. Il 2012 ha patito una flessione di 2,6 punti, il mercato rallenta di 20: ma i capitali per La7 sono stati seminati e l’incasso non matura. O l’albero si taglia. O tocca spendere, ancora.