Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  febbraio 21 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - COME CI VEDONO GLI STRANIERI


REPUBBLICA.IT
ROMA -"Mi è spiaciuto un po’. L’ho interpretata più come una gaffe del Professore che un’iniziativa della Merkel. I governi europei si rispettano reciprocamente, e Monti lo sa. E questa è stata anche la mia impressione dopo il viaggio in Germania". Così Pier Luigi Bersani commenta a Ventottominuti, su Radio Due la frase detta ieri da Mario Monti, secondo cui Angela Merkel non avrebbe ben visto un governo di centrosinistra. Il segretario Pd respinge dunque una possibile ingerenza del governo tedesco negli affari italiani. E spiega che la sensazione che ha avuto nel suo ultimo viaggio in Germania "era tutt’altra cosa".

"Era impensabile che la Merkel prendesse un’iniziativa del genere, perchè sarebbe venuta meno una tradizione di rapporti che c’è, indipendentemente dal colore politico dei governi", aggiunge Bersani.

"Sul piano politico ognuno ha la sua famiglia, io sono orgoglioso di appartenere a quella dei progressisti, ma questo non significa che non vi sia rispetto tra i governi", conclude il segretario democratico.

Intanto dalla Germania, a parlare del voto italiano, sono invece Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo, e Wolfgang Schaeuble, ministro delle finanze tedesco. Il primo mette in guardia gli italiani dal voto per il leader del Pdl. Il secondo, pur negando interferenze nella campagna elettorale italiana, ammette che "con Monti l’Italia ha fatto passi avanti".

No alla grande coalizione. Il segretario Pd ha poi escluso una coalizione allargata e un ritorno al voto: "Escludo una grande coalizione - spiega -perché non è un bene per l’Italia. Ritorno al voto senza risultato chiaro? E’ un’ipotesi teorica, non avverrà ma non credo ad un governissimo, serve un governo di cambiamento non l’immobilismo".

Pd non è il partito delle tasse. Nel corso dell’intervista Bersani affronta anche altri temi, come il fisco, precisando che il Pd non è il partito delle tasse: "Non siamo affezionati alle tasse, le subordiniamo alla questione del lavoro. Tutti i margini per ridurre la tasse - precisa il leader Pd - vanno portati sui redditi medio bassi, devono andare a facilitare il lavoro, alleggerire l’Irap sul lavoro e aiutare chi investe sul lavoro".

Quirinale. Quanto all’ipotesi di un bis per Giorgio Napolitano, Bersani dice che non sarebbe contrario a un secondo mandato per Giorgio Napolitano, ma chiarisce che è stato lo stesso inquilino del Quirinale a escluderlo. "Per quello che è il mio giudizio sull’operato di questo Presidente, che non è positivo ma di più, figuriamoci, che problema c’è?", ha spiegato, "ma io conosco il Napolitano e conosco la sua serietà. Ha detto una parola e credo rimarrà quella".

Il comizio a Napoli. In serata Luigi Bersani arriva sul palco, in piazza Plebiscito, a Napoli, per il comizio che chiude la campagna elettorale. La folla lo accoglie intonando ’O surdato nnammurato’, canzone che viene interpretata dallo stesso leader del Pd. Pungolato da Geppi Cucciari, poi, prende il suo primo impegno: "Nei primi cento giorni la legge sul femminicidio". E riepiloga tutti i temi principali del programma del centrosinistra: "Scuola, sanità, sicurezza non possono essere affidate al mercato. Vogliamo un welfare universalistico", spiega tra gli applausi. Dichiara poi di voler intraprendere una "lotta senza quartiere alla criminalità, alla corruzione. Con norme più dure di quelle fatte da governo Monti". L’Europa è un obiettivo di civiltà: "Chi nasce e cresce in Italia è italiano". Riconferma l’impegno al riconoscimento da unioni omosessuali, e si impegna a battersi per il diritto allo studio. "Abbiamo fatto una bella campagna elettorale - conclude- perché abbiamo detto le stesse cose a Napoli e a Milano. E vinceremo anche là".

(21 febbraio 2013)

MONTI SULLA MERKEL - REPUBBLICA.IT
ROMA - Dopo il clamore suscitato dalle parole pronunciate ieri, Mario Monti torna questa mattina sulla vicenda delle presunte ingerenze di Angela Merkel nella campagna elettorale italiana e in particolare di una sua ostilità all’eventuale vittoria del Pd. Circostanza prontamente smentita da Berlino, ma stamane meglio precisata dallo stesso presidente del Consiglio in un’intervista con Corriere.it. "So benissimo che la Cancelliera Merkel non interferisce nelle elezioni italiane e in quelle di altri paesi - afferma il Professore - Ieri ho voluto smentire quello che ha detto Berlusconi: è errato sia che ci sia un accordo tra me e il Pd, falso, sia che la signora Merkel sia coinvolta". Ulteriori chiarimenti sono arrivati poi dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble durante un discorso a Berlino. "Nessuna interferenza nella campagna elettorale italiana da parte della Germania", ha detto, sottolineando tuttavia che col premier Mario Monti "l’Italia ha fatto passi avanti".

L’allarme di Schulz. Dalla Germania, a parlare del voto italiano, è invece Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo. L’esponente socialdemocratico, al centro alcuni anni fa di un clamoroso scontro con Berlusconi, mette in guardia gli italiani dal voto per il leader del Pdl. In un’intervista alla Bild Zeitung, Schulz se la prende con "la gestione irresponsabile del governo e le scappatelle personali" di Berlusconi che, dice, "hanno già portato l’Italia ad avvitarsi su se stessa". Per questo, "alle prossime elezioni si tratterà anche di non giocarsi quella fiducia che il paese si è conquistato attraverso Mario Monti".

Alle urne con ottimismo. "Per noi - assicura ancora - non è essenziale stare nella maggioranza, o nel governo, ma lavorare affinché l’Italia e la politica italiana si svecchi. E per fare questo occorre fare le riforme, dalla giustizia al lavoro, che ci facciano diventare un Paese più moderno. Staremo a vedere se ci sarà modo di discutere di questo, vedremo chi è d’accordo e se ci sarà una base per la collaborazione, se no ci batteremo dall’opposizione". Il presidente del Consiglio si rifiuta di fissare uno spartiacque percentuale tra il successo e la delusione elettorale. "Abbiamo ambizioni grandi - spiega - per noi questo è un primo test, poi nascerà un radicamento sul territorio". "Questa - insiste - è un’iniziativa di lungo respiro che mira anche a cambiare il rapporto società civile-politica".

Il pericolo M5S. Il Professore osserva quindi che il pericolo maggiore sarebbe se dalle urne uscisse vincitore Beppe Grillo, ma non risparmia nuove critiche a Silvio Berlusconi. "Considero anche preoccupante una vittoria di Berlusconi, molto preoccupante", ribadisce, per "quello che rappresenterebbe per la tolleranza degli italiani verso una vita pubblica di basso standard". "Non giudico i comportamenti privati- assicura - ma le sue politiche che non danno né la sostanza né l’immagine di uno Stato leggero e liberale ma neanche di uno Stato equo e rigoroso, che dia molto peso alla lotta contro la corruzione". Parole alle quali ha fatto eco l’alleato Pierferdinando Casini: "Pd e Pdl non hanno voluto cambiare la legge elettorale e hanno aiutato Grillo. Ma non tutta la politica è uguale".

Le foto della politica. Quanto a Pierluigi Bersani, Monti sostiene che "esiste una fotomania nel dibattito politico italiano e forse Bersani, che ha patito ingiustamente per essere stato fotografato a Vasto in una compagnia simpatica" adesso è "ossessionato" dal veder "inchiodati altri a fotografie che lui riterrebbe imbarazzanti". Con Fini e Casini, chiarisce il premier, "battiamo varie parti di Italia e non avrei nessun imbarazzo".

Difesa di Grilli. Il presidente del Consiglio risponde anche a una domanda sull’inchiesta Finmeccanica nella quale è rimasto impigliato il ministro dell’Economia Vittorio Grilli. "E’ in corso un’inchiesta - dice Monti - ed è importante che vada fino in fondo senza interferenze da parte del sistema politico". "Per quanto riguarda il coinvolgimento del ministro Grilli - precisa - ha fornito a me, da tempo, e anche pubblicamente, tutti i chiarimenti sulla vicenda per cui ricorre il suo nome. Chiarimenti che mi bastano e sono sufficienti".

Solidarietà a Giannino. Monti interviene poi sullo scandalo curriculum che ha travolto Fare per fermare il declino. "Auguro a Oscar Giannino che non perda neanche un voto, anche se dovrei augurargli il contrario visto che i voti che escono da lì non possono andare ad altri che a noi. In ogni caso, i voti di Giannino non vanno a Berlusconi". "La mia simpatia umana, intellettuale e politica per lui - aggiunge - è aumentata dopo questa sventura. E mi auguro che questa disavventura, che pure non prendo troppo alla leggera, non gli porti via dei voti".

Riduzione dell’Irap. Il Professore torna anche sulla sua proposta di riduzione delle tasse e in particolare dell’Irap per le piccole e medie imprese manifatturiere. Un provvedimento da prendere nei primi 100 giorni di governo, con priorità per quelle del Sud, contenuto in un pacchetto per l’industria denominato ’Industrial compact’, lanciato stamani dal premier. Le altre proposte riguardano un incentivo all’ammodernamento dei macchinari attraverso una riduzione dei tempi di ammortamento; per l’edilizia, l’allungamento fino al 2015 per le deduzioni fiscali per le ristrutturazioni; la riduzione del 30% delle componenti parafiscali della bolletta energetica; la liquidazione entro 60 giorni di una parte consistente del debito dello Stato verso i fornitori; la creazione di una export bank e lo stanziamento di 120 milioni di euro per le piccole e medie imprese manifatturiere.

(21 febbraio 2013)

BERSANI A NAPOLI
Alcune migliaia di persone in piazza del Plebiscito per la manifestazione elettorale del centrosinistra, con Pier Luigi Bersani sul palco. Sul palco, duettando con Geppi Cucciari, che presenta la manifestazione e dialoga ironicamente con Bersani, il leader del Pd si impegna ad approvare la legge sul femminicidio entro i primi cento giorni di governo. La piazza, piena a metà, applaude e intona ’’O surdato nnammurato. "L’Italia è una sola, basta con il leghismo, con l’egoismo, con la divisione", grida Bersani. Che concluderà il comizio con un monito: "Con Grillo usciamo dalla democrazia".

Alla Cucciari che gli chiede chi "prenderebbe a scarpate" del precedente governo, rispondendo a chi dalla piazza urla il nome della Fornero, Bersani obietta: "No, le invio un mazzo di fiori perchè è una donna". Molte le bandiere tricolori del Pd e quelle tutte rosse, con il simbolo della rosa, del Partito Socialista. Il candidato premier del centrosinistra arriva da Salerno, dove c’è stata un’altra tappa elettorale, l’incontro al Comune con il sindaco Vincenzo De Luca. Presenti al Plebiscito molti dei candidati della coalizione di centrosinistra, Da Enrico Letta al segretario del Psi, Riccardo Nencini, che parla dal palco e introduce il discorso di Bersani.

Fra i primi ad arrivare in piazza la giornalista Rosaria Capacchione, Marco Di Lello, Marcello Lala, Teresa Armato, l’ex sindacalista Pietro Larizza, Nello Formisano, Antonio Marciano, Mario Santangelo. Mobilitata la base del partito,
pullman in arrivo da tutti i capoluoghi della regione per la chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico che ha organizzato la manifestazione dal titolo: "L’Italia giusta ha bisogno della Campania".

Al Plebiscito sono arrivati i lavoratori immigrati di Caserta e i richiedenti asilo politico che dicono "no alla camorra", così come i napoletani che facendo proprio lo slogan caro al sindaco di Napoli Luigi de Magistris ’scassam’, dicono invece questo: "nuje nun scassam ma accunciamm. Un’Italia giusta per una Napoli giusta".

E poi ancora, ascolta il segretario del Pd anche una delegazione di giovani del Partito socialista Europeo. Sono venuti dalla Svezia, dalla Francia, dall’Inghilterra ma anche da Norvegia, Egitto, Spagna e Croazia. Seguiranno li comizio e poi lo faranno seguire anche agli altri: con un tweet nelle loro lingue. In prima linea, tra gli altri, anche i Giovani Democratici di Caserta con uno striscione che dice "Terroni per Bersani".
In piazza, a seguire l’intervento del leader Pd, ci sono anche molte televisioni straniere: da Al Jazeera a quelle inglesi, tedesche, norvegesi e anche canadesi.

"Dateci indietro i quattro miliardi per le quote latte - dice Bersani - i quattro miliardi per l’Alitalia, i quattro miliardi per il condono non incassati del 2002; dateceli indietro e in moneta buona, in euro possibilmente". "L’italia - aggiunge il leader del Pd - ce la farà, noi ne verremo fuori passando per la verità, e non per le favole". Critiche anche al presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, al quale ricorda che il Pd ha "garantito lealtà fino all’ultimo: così abbiamo detto così e abbiamo fatto, ci piacerebbe che venisse riconosciuto...
Tutti i giorni il professor Monti trova un difettuccio al Pd". E sottolinea, riferendosi a esodati, imprese in crisi, disoccupati: "Quelli li ho sempre incontrati io".

E poi, a Berlusconi: "Quando si parla di regole, a lui viene la scarlattina". Lotta alla corruzione, dice Bersani, sobrietà della politica, rilanciare la stagione dei diritti: "I figli degli immigrati che nascono e studiano qui sono italiani, si faranno le unioni civili delle coppie omosessuali, un fisco amichevole. Carichiamo l’Imu solo sui possessori dei grandi patrimoni immobiliari che non possono mangiare 10 volte al giorno".

"Le scuole stanno venendo giù in questo paese. Una grande infrastruttura deve ripartire: la banda larga deve partire dal Mezzogiorno. E poi: non è vero che con la cultura non si mangia. Si mangia e di beve con la cultura. Scuola università e sicurezza non si affidano al mercato. Questo no. Mai".

"Siamo al dunque, all ’ultimo sforzo - dice Bersani -. Io voglio rivolgermi anche agli elettori che hanno creduto alle favole del centrodestra e sono rimasto disillusi: guardate, noi faremo le cose ma senza settarismo. Noi a differenza di Berlusconi non abbiamo bisogno di nemici fino a rendere il paese astioso. Noi non ci rivolgiamo alla parte peggiore che ciascuno di noi ha dentro. Vogliamo unire".

Infine, su Beppe Grillo. "Noi capiamo il disamore, capiamo la rabbia di chi va a sentire Grillo in piazza e siamo arrabbiati anche noi. Io non ce l’ho con la gente che va a sentire Grillo, io ce l’ho con Grillo. Se uno dice che non c’e destra e non c’e sinistra, se non risponde a una domanda, se vuole comandare solo lui, altro che Grecia, andremo oltre la Grecia, con Grillo usciamo dalla democrazia. Non si può dar retta a un miliardario che vuole vincere sulle macerie. Non basterà governare , bisognerà cambiare. Metteteci in condizioni di governare per cambiare. Bisogna insomma avere i numeri. Noi governeremo con il popolo non senza il popolo - conclude Bersani - ora giriamo pagina, andiamo a vincere, la Napoli democratica ci darà una grande spinta".


(21 febbraio 2013)

BORSE GIU’ - REPUBBLICA.IT
MILANO - Quasi la metà dell’intervento della Banca centrale europea a sostegno dei Paesi periferici dell’Eurozona ha riguardato l’Italia. Nell’ambito dell’Smp (Securities Markets Programme), cioè l’acquisto di titoli di debito pubblico da parte della Bce sul mercato secondario, pari in totale a 218 miliardi di euro, ben 103 miliardi sono serviti a contenere l’aumento dello spread dell’Italia. E’ quanto emerge dai dati al 31 dicembre 2012 resi noti dall’Eurotower, in linea con la politica di trasparenza dopo la creazione del cosidetto meccanismo anti-spread (Omt, Outright Monetary Transactions).

La Bce ha acquistato 102,8 miliardi di euro in bond italiani, iscritti a libro per 99 miliardi, la quota maggiore tra i Paesi dell’eurozona colpiti dalla crisi del debito. Seguono Spagna (44,3 miliardi), Grecia (33,9), Portogallo (22,8) e Irlanda (14,2). La durata media residua del debito italiano in pancia all’Eurotower è di quattro anni e mezzo. La durata maggiore è quella irlandese, mentre la Grecia è quella a più breve termine (circa tre anni e mezzo). Il programma Smp era stato avviato dalla Bce alla metà del 2010, allo scoppio delle crisi del debito ellenico, ed terminato lo scorso settembre quando è stato sostituito dall’Omt. Quest’ultimo non è stato finora mai attivato in quanto, a differenza del precedente programma, richiede, a chi ne fa richiesta, di sottoporsi alle condizioni di aggiustamento strutturale fissate dal fondo europeo salva-Stati.

Per la Bce è stata
anche giornata di bilancio; l’esercizio 2012 di Francoforte si è chiuso con un utile netto di 998 milioni di euro, in rialzo dai 728 milioni del 2011. Il surplus è stato di 2,164 miliardi (1,894 nel 2011), di cui 1,166 miliardi messi a riserva a copertura dei rischi. Il consiglio direttivo che ha approvato i conti dell’anno scorso ha notato che i margini netti realizzati dalla Bce sugli interessi raggiungono i 2,289 miliardi (1,999 miliardi nel 2011), di cui 1,108 miliardi dai titoli di Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia acquistati attraverso il programma Smp. Dell’utile 2012 sono già stati girati 575 milioni alle Banche centrali nazionali dell’Eurozona; i restanti 423 milioni saranno distribuiti il 25 febbraio.

Sul versante delle spese, nel 2012 le spese per il personale hanno registrato un lieve incremento, portandosi a 219 milioni di euro (216 milioni nel 2011). Le altre spese di amministrazione, che comprendono gli affitti di immobili, gli onorari professionali e gli acquisti di altri beni e servizi, ammontano a 242 milioni di euro nel 2012 (226 milioni nel 2011) e includono gli oneri risultanti dall’ammortamento delle immobilizzazioni per 13 milioni di euro. Le "Immobilizzazioni in corso", nelle quali confluiscono le spese per la nuova sede, sono aumentate di 191 milioni di euro, raggiungendo 530 milioni.

BORSE GIU’
Giornata ad alta tensione sui mercati finanziari. Tutti i principali listini hanno chiuso in forte ribasso. Piazza Affari è stata la peggiore d’Europa con un calo del 3,13%, circa un punto percentuale peggio dei vicini listini del Vecchio Continente.

Ma cosa è successo? Il flusso di notizie arrivate nelle ultime 24 ore ha spinto certamente molti investitori a chiudere alcune posizioni. A partire dalle minute della Fed che mettono in dubbio il proseguio della politica espansiva da parte della Banca centrale degil Stati Uniti (che dal 2009 ha annuncianto tre manovre di quantitative easing pompando come mai liquidità sui mercati). In mattinata si è aggiunto il dato deludente dell’indice Pmi che misura l’attività economica nei servizi e nel manifatturiero nell’Eurozona. A febbraio è sceso a sorpresa a 47,3 da 48,6 di gennaio, continuando a segnalare un declino e deludendo le attese degli economisti per un miglioramento a 49,0. In ogni caso resta abbondantemente sotto la soglia di espansione, delimitata a quota 50.
video

A queste notizie si aggiunge l’incertezza politica sull’esito elettorale in Italia quando ormai mancano tre giorni al voto parlamentare. Ed è questo - secondo gli analisti - il motivo per cui oggi Piazza Affari è maglia nera in Europa. Ieri l’agenzia di rating Standard and Poor’s ha palesato le preoccupazioni circa un esito elettorale incerto. Nei giorni scorsi la società di investimento Blackrock ha inviato in Italia alcuni emissari per provare a intercettare in anticipo il riscontro delle urne in modo tale da posizionarsi ("short" o "long" sul Paese).

«Milano è la Borsa peggiore in Europa perché gli investitori stanno scontando l’aumento delle possibilità di uno scenario post-elettorale molto incerto, soprattutto al Senato dove sarà difficile trovare una maggioranza solida - spiega Filippo Diodovich di Ig market -. Anche l’eventuale alleanza Pd+Monti potrebbe non essere sufficiente a raggiungere i 158 seggi al Senato. Non è da escludere che i grandi fondi esteri abbiano infatti commissionato dei sondaggi privati e in base a tali polls abbiano deciso di posizionarsi "short" sull’Italia».

Secondo Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali Invest Banca, «i mercati mettono in evidenza una situazione piuttosto incerta sopratutto per la lista centrista di Monti che potrebbe non raggiungere i livelli previsti per supportare il Pd richiedendo il soccorso di Bersani o il ritorno alle urne in breve tempo. A ciò si aggiunge la perdita di stabilità del governo spagnolo. Fattori che ripropongono delle amare verità che erano state offuscate dall’oppiaceo liquidità/sostegno ai mercati finanziari: i problemi sono sempre presenti, si sono solo dimenticati per qualche settimana».

Banche straniere preoccupate per nuove elezioni
«Le banche straniere sono preoccupate dell’instabilità politica»" Lo ha affermato in diretta a Focus Economia su Radio 24, il presidente dell’associazione Banche Estere in Italia, Guido Rosa. Se si rivotasse fra sei mesi? «Sarebbe un vero disastro – dice Rosa - Le banche estere sono preoccupate perché l’Italia è un Paese straordinariamente attraente per tutto il mondo della finanza mondiale perché non solo è l’ottavo Paese industrializzato al mondo ma perché ha un’economia estremamente finanziarizzata. Sappiamo tutti che le Pmi hanno un indebitamento verso il sistema bancario molto alto, cioè il rapporto fra equity debito è molto più sfavorevole rispetto a società in altre parti e in più c’è anche il debito pubblico. Questa attività finanziaria è lavoro per le banche. Quindi è chiaro - conclude a Radio 24 - che sono preoccupate perché se succede qualcosa potrebbero scomparire le loro attività o almeno si limiterebbero».

twitter.com/vitolops

(21 febbraio 2013)

Giornata di vendite sui listini azionari europei, preoccupati per la possibile riduzione dell’intervento a sostegno dell’economia statunitense messo in atto dalla Federal Reserve. Maglia nera di giornata è Milano, che paga anche l’incertezza legata alle elezioni politiche del week-end (e sottolineate ieri da Standard & Poor’s), che ha chiuso le contrattazioni con un calo del 3,13% sul Ftse Mib. Pesano i ribassi delle banche, penalizzata dallo spread oltre i 290 punti base. Realizzi su Mediaset, che di recente ha beneficiato della rimonta elettorale di Silvio BerlusconI, mentre l’unica blue chip positiva é stata Parmalat, grazie alle scommesse su un nuovo maxi dividendo in arrivo. Nel resto del listino continua la corsa di Ti Media, in attesa dell’esito delle trattative tra Telecom Italia e Cairo.
video

Le tensioni su Piazza Affari

Male anche gli altri indici europei: Londra cede l’1,6%, Parigi il 2,19%, Francoforte l’1,84% e Madrid l’1,74%. In rosso pure Wall Street dopo i poco convincenti dati macro (segui gli indici finanziari).

Dati macro Usa in chiaroscuro
Le vendite di case esistenti negli Stati Uniti in gennaio sono salite più delle attese, dello 0,4% a un tasso annualizzato, di 4,92 milioni di unità. Lo afferma La National Association of Realtors. Al di sotto delle attese invece il superindice dell’economia Usa di gennaio (+0,2%). Anche l’indice sull’attività manifatturiera della regione di Filadelfia è sceso a -12,5 punti a febbraio dai -5,8 di gennaio: decisamente peggiore delle attese degli analisti.

L’indice Pmi
Ad appesantire i listini è stato l’indice Pmi che misura l’attività economica nei servizi e nel manifatturiero nell’Eurozona a febbraio, sceso a sorpresa a 47,3 da 48,6 di gennaio, continuando a segnalare un declino e deludendo le attese degli economisti per un miglioramento a 49,0.

Spread in risalita
Lo spread tra BTp e Bund chiude a 292 punti base, in leggera ascesa rispetto ai 277 punti base della chiusura di ieri. Il rendimento del decennale italiano è al 4,44% (dal 4,43% di ieri).

Mercati alla prova dopo verbali Fed
Gli investitori non hanno apprezzato la divisione emersa in seno alla banca centrale americana sulla durata e sull’ammontare del programma di acquisto di bond della Fed stessa. Dopo le operazioni di compensazione, il Dow Jones ha perso 108,13 punti, lo 0,77%, a 13.927,54, Nasdaq é calato di 49,18 punti, l’1,53%, a 3.164,41 punti e lo S&P 500 é sceso di 18,99 punti, l’1,24%, a 1.511,95 punti. Il petrolio ha terminato in perdita: il contratto a marzo é arretrato di 2,2 dollari, il 2,3%, a 94,46 dollari al barile.

Euro in calo sul dollaro
La moneta unica viene scambiata a quota 1,318 dollari, mentre ieri secondo la rilevazione della Bce veniva scambiata a quota 1,3370 (segui il cambio euro/dollaro).

Tokyo in rosso
Le tensioni in seno alla Fed provocano una chiusura in netto calo anche per la Borsa di Tokyo. Il Nikkei 225 archivia la seduta perdendo l’1,39% a 11.309 punti. Ieri Wall Street ha finito sui minimi della seduta, con il Dow che ha registrato la peggior performance giornaliera del 2013 tornando sotto quota 14 mila punti dopo la diffusione delle minute della Federal Reserve relative all’incontro di gennaio.

Volano gli utili di Swiss Re
Swiss Re ha registrato nel 2012 un utile netto di 4,2 miliardi di dollari, in crescita del 60% rispetto all’esercizio precedente. Il risultato, superiore alle attese, ha spinto la compagnia di riassicurazione elvetica a proporre una cedola speciale da 4 franchi svizzeri ad azione e ad aumentare del 17% il dividendo ordinario, portandolo a 3,50 franchi ad azione.

Gli appuntamenti macro di oggi
Il Consiglio direttivo della Bce a Francoforte apre una giornata ricca di dati macroeconomici. In Europa sono attesi i dati sugli indici Pmi a febbraio in Francia e Germania, mentre negli Stati Uniti saranno resi noti, tra gli altri, i dati sull’inflazione a gennaio, l’indice Pmi a febbraio, l’indice Philadelphia Fed a febbraio e le vendite di case esistenti a gennaio.

STANBDARD AND POOR’S SULLE ELEZIONI ITALIANE (IERI)
ROMA (WSI) - Alert dell’agenzia di rating Standard & Poor’s che denuncia, come d’altronde stanno facendo già diversi editoriali pubblicati sui media nazionali e internazionali, il rischio che l’Italia si ritrovi "senza una chiara maggioranza", dunque, senza quella condizione sine qua non per portare avanti le riforme necessarie per la crescita.

"Riteniamo che esista il rischio che dopo le elezioni del 25 febbraio possa esserci una perdita di slancio sulle importanti riforme strutturali per migliorare le prospettive di crescita italiane", afferma Moritz Kraemer di Standard & Poor’s .

In un clima che si fa sempre più arroventato, l’unico che vorrebbe l’immediato ritorno alle elezioni è Beppe Grillo, mentre il premier Mario Monti afferma "La differenza tra votare Grillo e Scelta civica è poca ma determinante: alla base di entrambi c’e’ la profonda insoddisfazione per la politica ma noi alla protesta uniamo alla proposta".

Si voterà domenica e lunedì, 24 e 25 febbraio, e l’incertezza è forte tra gli operatori italiani e internazionali. Tanto che, per avere un’idea più chiara sul "pericolo Italia", lo stesso colosso degli investimenti Blackrock avrebbe deciso di contattare i sondaggisti, al fine di valutare le strategie da prendere riguardo al paese.

Intanto un monito a tutti i politici arriva da Equitalia, i cui lavoratori in una nota «ricordano che quegli stessi politici che oggi tanto inveiscono sulle regole della riscossione, sono proprio gli autori delle leggi che regolamentano l’attività e che devono essere applicate senza margine di discrezionalità». Basta sciacallaggio, chiede l’agenzia.

«Ancora una volta - si legge nella nota delle segreterie di Dircredito, Fabi, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl Credito e Uilca - i rappresentanti dei lavoratori evidenziano con preoccupazione come l’argomento Equitalia venga usato in campagna elettorale strumentalizzando il lavoro di 8.500 dipendenti da politici che sostengono la necessità di chiusura del gruppo o accusano i lavoratori di comportamenti vessatori e violenti, oppure legano l’attività di riscossione ad una serie di i suicidi con un legame di nesso causale che fa inorridire per l’opera di sconcertante sciacallaggio mediatico".



MONTI: LA MERKEL NON VUOLE IL PD (PEZZO DI STAMANE SUL CORRIERE)
ROMA — La giornata prende una piega scivolosa quando Mario Monti espone in maniera decisa qual è il giudizio politico (non benevolo) che Angela Merkel avrebbe dato di Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico e possibile alleato di governo del professore. In buona sostanza, il professore dice che la cancelliera non vede di buon occhio un leader della sinistra a Palazzo Chigi ma poi da Berlino, in serata, arriva una smentita: Angela Merkel «non si è espressa sulle elezioni italiane e non lo ha fatto neanche in passato», comunica su Twitter il portavoce del governo tedesco dopo esser stato interrogato dal vice direttore di Europa, Filippo Sensi (che sempre su Twitter si prende i complimenti di Mentana).
Il caso era nato alcune ore prima. La domanda a Monti — posta al forum organizzato dall’Adnkronos — ha preso spunto da un’affermazione di Silvio Berlusconi che ritiene «certa l’alleanza tra il polo di centro e quello di sinistra con la benedizione della Merkel». Ha risposto, dunque, il presidente del Consiglio per gli affari correnti che ha deciso di guidare una lista civica alleata di Fini (Fli) e di Casini (Udc): «L’affermazione di Berlusconi è falsa, non ho affatto deciso che collaborerò con Bersani... Certo la Merkel teme l’affermarsi di partiti di sinistra. Credo che non abbia nessuna voglia di vedere arrivare al governo il Pd, che è un partito della famiglia della sinistra europea».
Ma quello che è un ragionamento tutto politico, il Professore (che domani chiuderà la campagna elettorale a Firenze con due eventi) lo riprende nel pomeriggio parlando a SkyTg24: l’affermazione di Berlusconi sulla presunta «benedizione» della Cancelliera riguardo all’asse Monti-Bersani «è una somma di falsi» perché «non c’è alcuna conversazione tra Bersani e me. E poi, evidentemente, Berlusconi stravede per la Merkel e vede anche l’irrealistico. Io dubito, infatti, che la signora Merkel voglia che un partito di sinistra vada al governo di un grande Paese europeo in anno di elezioni per la Germania». Semmai, ha chiosato non senza perfidia il Professore, con un occhio alla campagna antitedesca di Berlusconi, la Merkel «auspicherebbe che sia il Pdl, che è con lei nel Ppe, a vincere». E su questo ultimo passaggio Monti si è attirato l’ira di Angelino Alfano, che del Pdl è il segretario: «Ormai Monti si comporta da portavoce della Merkel».
Invece Bersani — che si è beccato altre frecciate da Monti, compresa quella di dover essere «testato» prima di andare a Palazzo Chigi — ha atteso molte ore prima di rispondere al professore, comunque usando toni assai soft: «Non so se è un problema della Merkel o di Monti», ha replicato con diplomazia i segretario del Pd che pure alcuni giorni fa era andato Berlino a presentare le sue credenziali al ministro delle finanze Wolfgang Schäuble. Più esplicito Massimo D’Alema: «Fortunatamente il governo lo scelgono gli italiani e non la Merkel che poi, a settembre, dovrà affrontare gli elettori e tedeschi». Tutto questo agitarsi intorno ai rapporti con l’Europa coincide curiosamente con un allarmata previsione sul nostro Paese di Moritz Kraemer della potente agenzia di rating Standard & Poor’s: «Riteniamo che esista il rischio che dopo le elezioni possa esserci una perdita di slancio sulle importanti riforme strutturali per migliorare le prospettive di crescita italiane».
Dino Martirano

MARIA TERESA MELI STAMATTINA SUL CORRIERE
ROMA — «Ancora», Pier Luigi Bersani non sa quasi più che rispondere a Mario Monti. «Resuscita paure che non ci sono ormai da tempo: è in campagna elettorale».
Direbbe di più, il segretario del Partito democratico, ma si è ripromesso di non superare mai la soglia della civiltà con l’attuale premier, di non prenderlo di petto, di non attaccarlo, se non per difendersi.
Il leader del Pd ricorda bene quando il Partito popolare europeo fece l’endorsement per Mario Monti, lo ricorda perché gli arrivò una telefonata dallo staff di Angela Merkel per dirgli: «Per noi non c’è nessun problema se il Pd vince le elezioni». Certo, la postilla era la stessa di quella di adesso: «Ci piacerebbe se il Pd dopo la vittoria coinvolgesse Monti». È un ritornello che ripetono anche dagli Stati Uniti.
E di queste affermazioni Bersani fa tesoro, perché mondate dagli amori-umori italiani vogliono dire solo una cosa: siamo pronti a vedervi governare il Paese.
Il codicillo successivo — preferiremmo lo faceste con l’attuale premier e non con Nichi Vendola — è un auspicio che il segretario del Partito democratico tiene da conto, ma che non limita il suo raggio d’azione. Perché, come spiega Massimo D’Alema all’Unità, sono «gli italiani che votano alle elezioni, e non la signora Merkel». E dopo la precisazione della cancelliera aggiunge: «Ha fatto tutto Monti, il suo alla fine si è rivelato un doloroso infortunio».
Pier Luigi Bersani ha fatto una grande fatica per presentare se stesso e il suo partito all’Europa. Quando è andato dal ministro delle Finanze tedesco Schäuble sapeva già di avere il viatico di Merkel: «Sappiamo quale sarà l’esito delle elezioni in Italia, e non lo osteggeremo». E da allora è stato tutto uno scambio di email e messaggi, con un unico obiettivo: far comprendere all’estero che il Partito democratico non è la cinghia di trasmissione del fu Pci. Lavoro difficile, e lungo.
Lavoro che rischia di essere vanificato — solo in Italia — dalle parole pronunciate ieri da Mario Monti. Per questa ragione D’Alema si inalbera e dice: «Senza di noi Monti non sarebbe». Per questa ragione il segretario del Pd Bersani tiene il freno a mano tirato finché può, ma a un certo punto ammette: «Mi sono arrivati tanti messaggi dall’estero, dove, al contrario dell’Italia, hanno già metabolizzato la nostra vittoria».
Anche dagli Stati Uniti è arrivato il via libera. Tramite Giorgio Napolitano. O almeno così hanno interpretato a largo del Nazareno l’esito dell’incontro tra il presidente della Repubblica e il leader degli Usa.
Non è più la reazione delle ambasciate che fa paura al Pd, piuttosto sono la resistenza di Monti, lo scetticismo di Pier Ferdinando Casini e le incognite di un voto di cui nessuno ha chiari i contorni che preoccupano lo stato maggiore del Partito democratico. A preoccupare il Pd è l’atteggiamento dell’attuale premier: fino a dove arriverà la sua propaganda elettorale? Fino a che punto metterà in mezzo il Pd, dipingendolo come il luogo del vecchio?
Perché Bersani non vuole la guerra, non è nel suo stile, non è nelle sue corde. Ma di una cosa il leader del Partito democratico è certo: «Se è la guerra che si vuole, la guerra ci sarà». E ancora: «Io penso che potremmo tutti insieme disegnare un Paese diverso, ma se alla fine di diverso ci sarà solo il Partito democratico, perché tutti faranno finta di non avere niente a che fare con questa esperienza del centrosinistra, allora vorrà dire che saremo in pochi, sempre gli stessi, a segnare la differenza».
Maria Teresa Meli