Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Corte costituzionale ha reso inutilizzabile il Porcellum, dichiarando incostituzionali: il premio di maggioranza così come concepito nella legge elettorale in vigore fino a ieri mattina; l’impossibilità per l’elettore di indicare sulla scheda almeno un voto di preferenza. Le motivazioni della sentenza saranno note non prima di gennaio.
• Strano, no? Avevo capito che la Consulta, martedì scorso, aveva deciso di rimandare tutto di trenta-quaranta giorni. Si era pensato che i giudici volessero dare altro tempo alla politica.
Ci sono un paio di punti preliminari da chiarire. I giornali ieri hanno scritto che la Corte aveva rimandato il suo giudizio, ma i giudici avevano invece solo aggiornato la discussione e ieri, dopo un dibattito assai lungo, hanno sentenziato. Seconda questione: leggo nei commenti dei lettori un rimprovero alla Corte, «che ha deciso di intervenire solo adesso, dopo che col Porcellum abbiamo votato tre volte», cioè nel 2006, nel 2008 e lo scorso febbraio. Sia chiaro però che la Corte non può intervenire autonomamente sulle leggi, ma solo quando chiamata in causa da qualcuno legittimato a farlo e se la questione non risulta «manifestamente infondata». In questo caso si tratta dell’avvocato Aldo Bozzi, nipote del celebre Aldo Bozzi costituente e presidente della commissione parlamentare che nel 1985 doveva riformare la seconda parte della Costituzione. Bozzi junior ha presentato ricorso alla Consulta su due punti: la costituzionalità o meno del premio di maggioranza; la costituzionalità o meno delle liste bloccate, scelte dai partiti e che gli elettori devono accettare in blocco, senza poter esprimere preferenze. Solo a questo punto, solo cioè quando è stata chiamata in causa, la Corte ha potuto rispondere. E ha risposto che Bozzi ha ragione su entrambi i punti: il premio di maggioranza e le liste bloccate sono incostituzionali.
• Non potevano dichiarare incostituzionale l’intera legge?
Si sarebbe creato un vuoto legislativo perché il Paese non può non avere, in ogni suo momento, una legge elettorale. Però la legge elettorale emendata che la Corte ci consegna è di fatto inutilizzabile. Bisognerà anche capire in che modo, concretamente, viene emendata: tutto l’impianto del testo approvato dal Parlamento il 21 dicembre 2005 (noi chiamiamo Porcellum la legge n. 270 di quell’anno) è pervaso dal concetto che si votano liste e non candidati. I supremi giudici non hanno potuto/voluto abrogare o annullare quel testo, ma lo hanno reso impossibile da utilizzare. Non a caso il loro comunicato si conclude con un’ovvietà assoluta: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei princìpi costituzionali». Aggiungo che aver dichiarato incostituzionale un elemento che nella legge non c’è (la preferenza) è quasi un unicum: la Corte, in questo modo, ha rischiato di andare al di là del suo perimetro d’intervento, facendosi quasi legislatore.
• Che succede a questo punto?
La prima conseguenza è che le elezioni, al momento, sono impossibili: con la legge attuale, che non prevede un sistema per votare un singolo nome invece che una lista, non si saprebbe letteralmente come fare. L’approvazione di una nuova legge a questo punto è inderogabile. La Commissiona Affari costituzionali del Senato, che in settimane e settimane di discussione non ha trovato un punto d’accordo su niente, ha nominato proprio ieri, prima della sentenza, un comitato ristretto, composto da un rappresentante per partito più i due relatori Doris Lo Moro e Donato Bruno, i quali hanno il compito di presentare un testo entro la fine di gennaio. Qualcuno del Pd ieri, subito dopo la sentenza, ha giudicato questa mossa inutile. Altri vorrebbero che la discussione fosse trasferita alla Camera, dove la maggioranza schiacciante dei democratici farebbe varare un testo su cui il Senato dovrebbe poi pronunciarsi più o meno scegliendo tra il prendere e il lasciare. Ma il Pd è davvero unito sul sistema elettorale? Fino a questo momento si direbbe di no.
• Renzi?
Vuole, o dice di volere, un ritorno più o meno al Mattarellum (75% dei seggi distribuiti col maggioritario, 25% col proporzionale) con l’aggiunta di un doppio turno di coalizione, cioè i due partiti primi in classifica si affrontano poi una seconda volta per riscuotere un premio di maggioranza che gli consentirà di governare.
• Supponiamo che il governo cada, che non si riesca a farne un altro, che non ci sia altra soluzione che le elezioni anticipate...
La sentenza della Corte autorizza il governo a intervenire con un’iniziativa sua su una materia che è formalmente di proprietà del Parlamento. Di fronte a uno stallo delle forze politiche, adesso Letta è autorizzato perfino a emanare un decreto d’urgenza. Non escludo che debba farlo nelle prossime ore e che poi si vada a votare immediatamente. L’attuale parlamento è del tutto delegittimato, i deputati e i senatori che siedono sui loro seggi grazie al premio di maggioranza potrebbero essere dichiarati decaduti e i seggi, eventualmente, distribuiti altrimenti. Lo ha sostenuto Brunetta e molti costituzionalisti gli hanno dato ragione. Votare è impossibile, ma le elezioni sono quanto mai necessarie.
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