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 2013  dicembre 05 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - È ANCORA GUERRA SU PORCELLUM E LEGGE ELETTORALE


REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ tutti contro tutti il giorno dopo la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum da parte della Consulta, mentre la Camera chiede - per voce della conferenza dei capigruppo - che la riforma della legge elettorale già in discussione in Senato, ma in fase di stallo, passi a Montecitorio. Una richiesta alla quale Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, risponde seccamente: "Non si muove da Palazzo Madama". Si profila quindi uno scontro tra le due Camere.
I deputati Cinque Stelle - prima di esultare per la decisione della conferenza dei capigruppo - in mattinata si erano resi protagonisti di una clamorosa protesta in aula. Hanno di nuovo denunciato, come ieri, la "totale illegittimità" del Parlamento in carica, al grido di "siamo tutti illegittimi". Poi hanno chiesto la sospensione della seduta per una riunione dei capigruppo (che si è svolta comunque più tardi) e, ricevuto il no dell’aula, hanno abbandonato l’emiciclo.
La presidente della Camera, Laura Boldrini, non si è fatta cogliere impreparata dalla protesta dei grillini e ha assunto d’ufficio la difesa del Parlamento in carica: "La Camera è pienamente legittima e legittimata a operare".
Ncd contro Grasso. Un’ipotesi, quella del passaggio della legge dal Senato alla Camera, respinta con forza al mittente dal Nuovo centrodestra, che mette in guardia Grasso sui passi da intraprendere: "Il presidente del Senato è avvertito - a dirlo è Maurizio Sacconi, capogruppo di Ncd a Palazzo Madama - Se dovesse piegare i propri comportamenti alle pretese di partito o di frazioni di partito verrebbe meno al suo ruolo istituzionale e le reazioni sarebbero proporzionate a un comportamento così grave".
La richiesta di Montecitorio. La Commissione Affari costituzionali calendarizzi la legge elettorale, sulla quale è stata già dichiarata l’urgenza, poi il presidente della Camera, in base all’articolo 78 del regolamento, cercherà un accordo sull’iter da seguire con il presidente del Senato. E’ questo l’orientamento emerso dalla Conferenza dei capigruppo della Camera per cercare di superare lo stallo sulla riforma emerso in Senato.
Esultano i grillini ("Li abbiamo convinti", scrive su Facebook Luigi Di Maio) ma Roberto Calderoli fa giungere alle agenzie di stampa un secco no: "La legge elettorale è e resta all’esame del Senato e Grasso non potrà cederla alla Camera contro il parere della Commissione".
La protesta M5S. "Anch’io ieri ho occupato i banchi del governo", è il mantra dei deputati M5s che intervenendo a raffica hanno chiesto alla presidenza di farlo mettere a verbale. Una sorta di riedizione della scena cult dell’Attimo fuggente, con i deputati grillini che fanno a gara a rivendicare di aver partecipato al gesto che, Regolamento alla mano, frutterà una sanzione ai colleghi che effettivamente ieri hanno preso posto tra i banchi riservati al governo.
Poi i grillini hanno richiesto la sospensione e, ricevuto il no dell’aula, sono usciti, riunendosi in assemblea per decidere come procedere nella protesta. Poco dopo Villarosa, parlando a Skytg24 in piazza Montecitorio, ha detto che i deputati grillini sono pronti a dimettersi.
Fi: "Napolitano legittimo?". Dopo la decisione della Consulta, il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, solleva il dubbio di legittimità anche sull’elezione del capo dello Stato: "Sono un semplice economista e non un costituzionalista perciò non so rispondere, ma il Porcellum è servito per eleggere due volte Napolitano e mi chiedo se napolitano sia un presidente della Repubblica legittimo", ha detto.
Le parole di Napolitano. E sullo stop alla legge elettorale si è pronunciato anche il Presidente della Repubblica: "Ho più volte sollecitato il Parlamento a modificarla", il commento di Napolitano che, comunque, non mette in dubbio la legittimità dell’attuale Assemblea: "Parliamo di una sentenza della Corte Costituzionale che espressamente si riferisce al Parlamento attuale dicendo che esso può ben approvare in qualsiasi momento la legge elettorale". Napolitano che, però, mette dei paletti alla legge elettorale che verrà: "Diventa imperativo ribadire il superamento del sistema proporzionale - ha sottolineato - con l’introduzione di modifiche costituzionali per quel che riguarda almeno il numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo paritario. Il problema è che ci sia la volontà politica del Parlamento".
Ricorso anche su legge Ue. Il pool di avvocati che ha impugnato il Porcellum, Felice Carlo Besostri, Aldo Bozzi, Giuseppe Bozzi e Claudio Tani, ha notificato lunedì scorso ricorso anche nei confronti della legge elettorale europea. Lo ha spiegato Besostri durante una conferenza stampa.

CORRIERE.IT
«La riforma del Porcellum ormai è un imperativo». Il giorno dopo la bocciatura del Porcellum, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non usa mezzi termini: le forze politiche devono adempiere a quello che ormai è «un imperativo» e mostrare «una espressione di volontà attenta a ribadire il già sancito, dal 1993, superamento del sistema proporzionale». Il presidente della Repubblica parla ai giornalisti entrando a palazzo Reale a Napoli. «La decisione della Corte Costituzionale non può aver stupito o colto di sorpresa chiunque abbia ricordo delle numerose occasioni in cui sono intervenuto per sollecitare fortemente il Parlamento ad intervenire». Per Giorgio Napolitano, le forze politiche oltre a ribadire il superamento del sistema proporzionale dovrebbero adoperarsi per introdurre alcune modifiche costituzionali come, ad esempio, «la riduzione del numero dei parlamentari e la modifica del bicameralismo paritario». «Stiamo parlando - ha spiegato il capo dello Stato di una sentenza della Corte costituzionale che espressamente si riferisce al parlamento attuale dicendo che esso stesso può ben approvare una riforma della legge elettorale». Quindi, ha aggiunto il presidente Napolitano, «è la Corte stessa che non mette in dubbio che c’è continuità nella legittimità del Parlamento». «Il problema era e resta quello dell’espressione di una volontà politica del Parlamento tesa a produrre finalmente la riforma elettorale giudicata necessaria - ha sottolineato Napolitano - da tutte le parti».
SENATO - Intanto in parlamento è bagarre. La Camera chiede attraverso conferenza dei capigruppo che la riforma della legge elettorale, bloccata in Senato, passi a Montecitorio. Il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, autore del Porcellum, dice che la Commissione Affari Costituzionali proprio nella giornata di ieri ha deliberato che l’esame prosegua a Palazzo Madama.
M5S - In precedenza si registra la nuova protesta dei deputati del M5S (ieri l’occupazione dei banchi del governo, ndr). I grillini, definiscono «illegittimi» Parlamento e Governo. Ad inasprire ulteriormente i toni una disputa sul calendario dei lavori. I deputati pentastellati chiedono di sospendere immediatamente i lavori per convocare una conferenza dei capigruppo in cui calendarizzare la riforma della legge elettorale. Ma non avendo ottenuto quanto richiesto, abbandonano l’aula in segno di protesta.
LA REPLICA DI LAURA BOLDRINI - La presidente della Camera Laura Boldrini ha subito replicato alle accuse: «L’affermazione di aver negato al Movimento 5 Stelle la convocazione di una capigruppo urgente è falsa». Quindi ha letto in Aula la lettera del vice capogruppo vicario dei pentastellati Alessio Villarosa e la sua missiva di risposta. Nella lettera dell’esponente del M5S, ha sottolineato Boldrini, «si parla di discussione articolata e non di calendarizzare una proposta di legge. Avevo consigliato al presidente Villarosa di consigliare gli altri gruppi, ma la mia è stata tradotta come una negazione, chissà perché». Alla fine Boldrini legge in aula quanto stabilito dalla Giunta del Regolamento sul procedere dei lavori. Sta al governo «valutare se sussiste l’urgenza per invertire l’ordine dei lavori», e la scelta assunta in tal senso «non è sindacabile dalla presidenza. Ma la spiegazione non è servita a fermare i cinquestelle, che hanno compattamente abbandonato l’emiciclo di Montecitorio.
GRILLO ALL’ATTACCO - Ma anche Beppe Grillo è attivo, dal suo blog: «Il Porcellum è una legge truffa incostituzionale, ma il Governo Letta non ha fatto nulla in questi mesi per sostenere la posizione emersa ieri dalla Consulta». È dal 17 luglio, secondo la ricostruzione del suo leader, che il M5S chiede di abolire il Porcellum: «Non ha mai ricevuto alcuna risposta. Il 4 dicembre è arrivata, implacabile quella della Consulta. Rileggiamo e ricordiamo grazie alla memoria della Rete quelle profetiche e inascoltate parole». Poi, aggiunge con l’auspicio che la Corte Costituzionale «si pronunci rapidamente sulle due questioni di costituzionalità riguardanti il sistema elettorale ma intanto Letta non può più far finta di nulla deve agire di conseguenza dicendo come la pensa e schierare il Governo nettamente. Da che parte sta il governo Letta? Con lo Stato di diritto o con la partitocrazia?».
05 dicembre 2013

MARTIRANO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
[Esplora il significato del termine: ROMA - E ora può succedere di tutto. Il Parlamento «può sempre approvare nuove leggi elettorali», come sottolinea la Corte, ma di sicuro Camera e Senato dovranno puntare su un sistema che non preveda i due macigni introdotti dal «Porcellum» nel 2005: il premio di maggioranza senza soglia di accesso e le liste bloccate che non danno la possibilità di esprimere la preferenza. Il percorso è segnato dai giudici delle leggi. Eppure la nebbia è ancora fitta perché le opzioni offerte dalla Consulta al legislatore sono molteplici: sistema tedesco «all’italiana» (50% maggioritario con collegio uninominale, 50% proporzionale con preferenza), doppio turno alla francese, proporzionale puro, sistema spagnolo. Se poi il Parlamento non dovesse intervenire, al momento della sua pubblicazione la sentenza della Corte produrrebbe una legge elettorale residuale zoppicante: senza premio di maggioranza, infatti, il «Porcellum» dovrebbe produrre per sottrazione un sistema proporzionale puro ma rimane il problema della preferenza che non può essere il semplice risultato di un’operazione aritmetica. E se il Parlamento non legifera? Se per ipotesi si votasse oggi, si andrebbe alle urne con il «Porcellum» perché, come spiega il comunicato della Consulta, «gli effetti giuridici» della decisione avranno effetto solo nelle «prossime settimane», comunque dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Bene, ma cosa succederebbe se poi la Corte producesse gli effetti giuridici annunciati in assenza di un intervento legislativo risolutivo? Qui nascerebbero problemi seri perché una «toppa» ce la potrebbe mettere solo il governo con decreto legge, o lo stesso Parlamento con leggina, capace di inserire nell’ordinamento il voto di preferenza. In alternativa, si potrebbe pure andare a votare con una legge imperfetta (proporzionale con liste bloccate) ma poi ci sarebbe l’avvocato Aldo Bozzi, o chi per lui, pronto a risollevare la questione davanti alla Consulta. Questo schema, tuttavia, non convince il professor Andrea Morrone (che con passione seguì il comitato referendario bocciato alcuni mesi fa dalla Corte): «Una semplice operazione di sottrazione, con la cancellazione delle norme relative al premio di maggioranza, non può portare a un sistema proporzionale. Per ottenere questo risultato la Corte dovrà proporre qualcosa in positivo». Stessa considerazione la fa Peppino Calderisi, ex parlamentare del Pdl ora consulente del ministro Quagliariello: «I conti non tornano. Non basta levare il premio per tornare al proporzionale». Può rinascere il Mattarellum? Su questo punto la Corte si è divisa. Una parte dei giudici avrebbe sposato la tesi della «reviviscenza» proposta in udienza pubblica dai ricorrenti e illustrata dall’avvocato Giuseppe Bozzi, quella secondo la quale la cancellazione completa del «Porcellum» avrebbe dovuto resuscitare d’incanto la vecchia legge detta del Mattarellum: 75% maggioritario con i collegi uninominali, 25% proporzionale con listini bloccati. Ma così non è andata perché una maggioranza seppur risicata del plenum (8 giudici) ha battuto una minoranza (7 giudici) che avrebbe voluto spingere l’opera di demolizione ben oltre il premio senza soglia e le liste bloccate. I parlamentari senza preferenza I parlamentari eletti a febbraio del 2013, senza un voto di preferenza, sarebbero tutti «politicamente delegittimati» se non si prendesse alla lettera il comunicato della Corte. Il quarto capoverso della nota firmata dal presidente Gaetano Silvestri argomenta: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Per la Corte, questa sottolineata legittimazione delle assemblee parlamentari, che per altro hanno rieletto la scorsa estate il capo dello Stato, vale ora ma deve valere anche dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, «dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici». Come dire, il «Porcellum» è una legge imperfetta ma la volontà popolare va rispettata. Per cui si intende che le nuove regole (premio di maggioranza con soglia di accesso, e voto di preferenza) debbano valere per il futuro. I deputati non convalidati Ben 629 deputati (tutti tranne quello eletto in Val D’Aosta con il maggioritario) sono stati proclamati dalle corti d’Appello ma non convalidati dalla giunta delle Elezioni di Montecitorio. La Corte, comunque, ha già detto la sua su questo aspetto della sentenza che «è destinata a non avere effetti sugli attuali parlamentari» La sentenza, «sarà cogente solo dopo la pubblicazione delle motivazioni e vengono fatti salvi gli effetti di legge per il passato»  ]

CORRIERE.IT
ROMA - E ora può succedere di tutto. Il Parlamento «può sempre approvare nuove leggi elettorali», come sottolinea la Corte, ma di sicuro Camera e Senato dovranno puntare su un sistema che non preveda i due macigni introdotti dal «Porcellum» nel 2005: il premio di maggioranza senza soglia di accesso e le liste bloccate che non danno la possibilità di esprimere la preferenza. Il percorso è segnato dai giudici delle leggi. Eppure la nebbia è ancora fitta perché le opzioni offerte dalla Consulta al legislatore sono molteplici: sistema tedesco «all’italiana» (50% maggioritario con collegio uninominale, 50% proporzionale con preferenza), doppio turno alla francese, proporzionale puro, sistema spagnolo. Se poi il Parlamento non dovesse intervenire, al momento della sua pubblicazione la sentenza della Corte produrrebbe una legge elettorale residuale zoppicante: senza premio di maggioranza, infatti, il «Porcellum» dovrebbe produrre per sottrazione un sistema proporzionale puro ma rimane il problema della preferenza che non può essere il semplice risultato di un’operazione aritmetica.

E se il Parlamento non legifera?
Se per ipotesi si votasse oggi, si andrebbe alle urne con il «Porcellum» perché, come spiega il comunicato della Consulta, «gli effetti giuridici» della decisione avranno effetto solo nelle «prossime settimane», comunque dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Bene, ma cosa succederebbe se poi la Corte producesse gli effetti giuridici annunciati in assenza di un intervento legislativo risolutivo? Qui nascerebbero problemi seri perché una «toppa» ce la potrebbe mettere solo il governo con decreto legge, o lo stesso Parlamento con leggina, capace di inserire nell’ordinamento il voto di preferenza. In alternativa, si potrebbe pure andare a votare con una legge imperfetta (proporzionale con liste bloccate) ma poi ci sarebbe l’avvocato Aldo Bozzi, o chi per lui, pronto a risollevare la questione davanti alla Consulta. Questo schema, tuttavia, non convince il professor Andrea Morrone (che con passione seguì il comitato referendario bocciato alcuni mesi fa dalla Corte): «Una semplice operazione di sottrazione, con la cancellazione delle norme relative al premio di maggioranza, non può portare a un sistema proporzionale. Per ottenere questo risultato la Corte dovrà proporre qualcosa in positivo». Stessa considerazione la fa Peppino Calderisi, ex parlamentare del Pdl ora consulente del ministro Quagliariello: «I conti non tornano. Non basta levare il premio per tornare al proporzionale».

Può rinascere il Mattarellum?
Su questo punto la Corte si è divisa. Una parte dei giudici avrebbe sposato la tesi della «reviviscenza» proposta in udienza pubblica dai ricorrenti e illustrata dall’avvocato Giuseppe Bozzi, quella secondo la quale la cancellazione completa del «Porcellum» avrebbe dovuto resuscitare d’incanto la vecchia legge detta del Mattarellum: 75% maggioritario con i collegi uninominali, 25% proporzionale con listini bloccati. Ma così non è andata perché una maggioranza seppur risicata del plenum (8 giudici) ha battuto una minoranza (7 giudici) che avrebbe voluto spingere l’opera di demolizione ben oltre il premio senza soglia e le liste bloccate.

I parlamentari senza preferenza
I parlamentari eletti a febbraio del 2013, senza un voto di preferenza, sarebbero tutti «politicamente delegittimati» se non si prendesse alla lettera il comunicato della Corte. Il quarto capoverso della nota firmata dal presidente Gaetano Silvestri argomenta: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Per la Corte, questa sottolineata legittimazione delle assemblee parlamentari, che per altro hanno rieletto la scorsa estate il capo dello Stato, vale ora ma deve valere anche dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, «dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici». Come dire, il «Porcellum» è una legge imperfetta ma la volontà popolare va rispettata. Per cui si intende che le nuove regole (premio di maggioranza con soglia di accesso, e voto di preferenza) debbano valere per il futuro.

I deputati non convalidati
Ben 629 deputati (tutti tranne quello eletto in Val D’Aosta con il maggioritario) sono stati proclamati dalle corti d’Appello ma non convalidati dalla giunta delle Elezioni di Montecitorio. La Corte, comunque, ha già detto la sua su questo aspetto della sentenza che «è destinata a non avere effetti sugli attuali parlamentari» La sentenza, «sarà cogente solo dopo la pubblicazione delle motivazioni e vengono fatti salvi gli effetti di legge per il passato»