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 2013  dicembre 05 Giovedì calendario

A DARCI LEZIONI DI ECONOMIA IL BANCHIERE CHE ADORA IL MARCO


«Potrebbe essere il genero ideale: intelligente, gentile, premuroso». Chissà perché, in Germania, quando si vuol fare un complimento si tira fori l’immagine del genero. Era successo con Mario Monti, capita anche con Jens Weidmann, il genero ideale per José Manuel Gonzalez-Paramo, che fino a pochi mesi fa sedeva nel direttorio della Bce. Ma a Le Monde un suo collega anonimo (meglio non scherzare con herr Jens) aggiunge: «Peccato che herr Weidmann come genero abbia un difetto: va senz’altro d’accordo con la suocera, ma il resto della famiglia non lo sopporta...».
L’immagine calza. Jens Weidmann, presidente della banca centrale più importante dell’area euro, va senz’altro d’accordo con Mutti Angela Merkel, cui del resto deve il salto di carriera dalla IV Divisione della Cancelleria alla guida della Bundesbank a soli 43 anni. Ma non sono in molti a sopportarlo nel direttorio della Bce, cui parteciperà anche stamane assieme ai 22 colleghi. Non solo per l’intransigenza delle sue posizioni, ma anche per quel tono da primo della classe che non perde occasione per impartire lezioni ai colleghi su quel che è consentito o meno dagli statuti della banca centrale. «È senz’altro intelligente e competente, per carità - dice un altro banchiere che ha partecipato alle riunioni dell’Eurotower -Ma quando la situazione precipita e occorre prender decisioni e lui si mette a disquisire di teorie, ti viene spontaneo chiedere: ma tu, benedetto Weidmann, cosa proponi? ».
Facile che la scena si ripeta stamane, in occasione di un direttorio che al solito si annuncia delicato e cruciale per le sorti dell’eurozona. Bisogna fare il punto sulla situazione dopo il taglio dei tassi e, soprattutto, in vista di altre misure per ridare ossigeno alle economie in debito di credito: dare avvio a un nuovo Ltro, cioè i prestiti alle banche dell’eurozona (magari condizionati all’impiego nelle imprese, non in titoli di Stato), oppure pensare ad interessi negativi per i depositi presso la banca centrale. O altre mosse, in linea con le operazioni effettuate dalla Federal Reserve o alla Bank of England. Che farà Weidmann? Di sicuro obietterà. «Di cose, in teoria, se ne possono fare molte - ha anticipato a Die Zeit -Ma domandiamoci: hanno senso? A forza di studiare nuove misure rischiamo di perdere di vista le vere cause della crisi. L’euro non ha problemi perché i tassi sono troppo alti, bensì perché alcuni Paesi non sono competitivi, hanno un debito pubblico alto e sistemi bancari pieni di guai. Per affrontare questi nodi ci vogliono i politici, non le banche centrali...». Insomma, un incrocio tra monsieur de Lapalisse e un Pierino che ti verrebbe voglia di prendere a schiaffi. Magari con la solidarietà di Joerg Asmussen, il membro tedesco della Bce: stesse scuole, stesso noviziato ma stavolta alla corte del ministro socialdemocratico Peer Steinbrueck. Uno che non ha esitato, davanti alla Corte Costituzionale di Karlsruhe, a difendere il piano Draghi dalle accuse di Weidmann.
Sembra impossibile immaginare uno così in enoteca, davanti a un buon bicchiere di vino. Eppure non pochi sono pronti a testimoniare, anche tra i giornalisti, che herr Weidmann si trasforma davanti al Kloster Eberbach, bella abbazia cistercense nei pressi di Francoforte ove si può gustare un buon Riesling. Pare che Weidmann, classe 1968, studi a Aix En Provence, Parigi e Bonn prima del dottorato con Manfred Neumann (e un’esperienza alla banca centrale del Rwanda per conto della Banca Mondiale) sia un intenditore di vino. Nonché un buon lettore, appassionato delle belles lettres francesi, tanto apprezzate negli anni provenzali.
Ma l’immagine idilliaca sparisce quando herr Weidmann rientra in ufficio: sulla parete fa bella mostra un Deutsche Mark ben incorniciato, quasi a ricordare agli ospiti dove ci si trova e a che cosa si deve ispirare l’Europa così come la vuole la Bundesbank: per oltre mezzo secolo, ha ricordato nella sua ultima intervista a Die Zeit, gli uomini della Buba hanno difeso la stabilità monetaria. «Ed è questa la ragione per cui io sto qui». E parlando ad Harvard, la settimana scorsa, il banchiere è stato ancora più esplicito: «Le banche centrali corrono il rischio di farsi sovrastare dai problemi di politica fiscale e finanziaria ». Ovvero il ritornello di sempre: noi pensiamo a difendere la moneta, il resto tocca ai politici.
E l’occupazione? La crescita? Questa è roba buona per gli americani. Vade retro Schuld, che in tedesco indica sia il peccato sia il debito. Mefistofele, con la sua offerta di denaro di carta che genera inflazione è sempre in agguato, come ha ammonito lo stesso Weidmann, esorcista di Draghi più che di diavoli.
(2. Continua)