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 2013  dicembre 05 Giovedì calendario

PERISCOPIO


I detrattori di Renzi si chiamano Marchionne e D’Alema. Allora, cos’è che non va? Edelmàn. Il Fatto quotidiano.

Dice Letta che Olli Rehn non può permettersi di essere scettico sull’Italia. Aspetti le primarie del Pd, almeno. Maurizio Crippa. Il Foglio.

Indignazioni – Anche Berlusconi respingeva indignato le critiche dell’Europa. Jena. La Stampa.

Un grande sondaggista, Roberto Weber, ha detto che Matteo Renzi gli ricorda Bettino Craxi, decisionista quanto lui, cinico più di lui. Per quanto mi riguarda, non la penso così. Ho visto e raccontato tante volte il leader del Psi. Al contrario di quel che si pensa, era un politico cauto che rifletteva a lungo e ponderava ogni mossa. Era l’opposto dell’avventurista e non parlava mai a vanvera. Quando lo intervistavi, ti rendevi conto che le sue risposte erano più brevi delle tue domande. Invece il sindaco di Firenze mi sembra, ogni volta di più, un parolaio. In un Bestiario di tanti anni fa avevo messo in scena il personaggio del Parolaio rosso, per indicare il verboso Fausto Bertinotti, gran capo di Rifondazione comunista. Bene, nel mio teatrino politico, Renzi potrebbe fare la parte del Parolaio bianco, viste le sue origini democristiane o biancorosa poiché sostiene di stare a sinistra. Giampaolo Pansa. Libero.

Certo, il fisico aiuta Cuperlo. Rispetto ai chili in più di Matteo e ai centimetri in meno di Pippo, questo ritratto di Schiele è una rarità estetica, ci si chiede perché i suoi compagni lo abbiano sempre tenuto dietro le quinte. Un tempo, si diceva che fosse il don Georg di D’Alema, oggi qualcuno vorrebbe farlo passare per il Ratzinger del Pd. Cuperlo è peste, al botteghino dell’emotività. Non arriva al cuore della gente, parla solo ai suoi, è uguale a chi lo ha preceduto, ha la cravatta sbagliata. Letizia Muratori. Il Foglio.

Si può scommettere che la parola «berlusclone», recentemente coniata, avrà successo. Come i «trinariciuti» comunisti di Guareschi. Ottima scappatoia alla noia che, da adesso in poi, potrebbe assalire l’antiberlusconiano d’acciaio: ora che se ne è andato, che cazzo facciamo tutto il giorno? Così, si apra la caccia al «berlusclone», si mobiliti Twitter - fatto: «Fuori uno. Ora dobbiamo mandare tutti gli altri a casa»; - si scruti con attenzione debolezze ed eresie si trattenga l’indignado residuo con un principio di rapamento genere le ausiliarie di Salò. Come addestra Marco T.: perlustrare a destra, mandare ronde al centro, spedire drappelli a cavallo (i cosacchi devoti a Mastro Lindo) a sinistra. Dai, che ci si può ancora divertire. Occhio a Brunetta. Attenti alla Bernini, adesso va in giro vestita come Medea. Scrutate Alfano nel ruolo di Vitangelo Moscarda. E tu Dudù - Mangiacroccantini a tradimento - ’ndo cazzo vai? Sdm. Il Foglio.

«A cena con Agnelli o con Berlusconi?». Battiato risponde: «Con nessuno». Gazzetta dello Sport.

Violante, nel suo ultimo libro, sostiene che «la separazione delle carriere andrebbe fatta tra magistrati e giornalisti» specie «di giudiziaria». Così la gente non saprà più nulla. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.

Prima, noi politici, non ci amavano per quel che dicevamo. Adesso non ci amano per ciò che siamo. Valery Giscard d’Estaing. Le Figaro.

Mi stupisce che Michele Serra (nel suo ultimo libro Gli sdraiati, Feltrinelli) sia così inorridito dalla generazione del figlio che è una generazione wireless, quella degli iPad, degli iPod e degli iPhone, ma non ci sia mai curiosità su che cosa il figlio ascolta, legge, condivide; che il rifiuto del mezzo (online) conviva con una sostanziale indifferenza al messaggio? Questo ragazzo «sdraiato», studia? Legge, sia pure su un ebook? Che musica ascolta, satanica o angelica? Crede in Dio o in qualche forma di trascendenza? Ama? Non si viene a sapere niente di tutto questo, dal libro, probabilmente perché il padre narratore non lo sa, o forse non lo sa perché non gli interessa. Ciò che sommamente lo smuove è piuttosto come il figlio accartocci l’amato kilim, o dove e in che condizioni sparga i suoi calzini. Niente che non possa risolvere una brava colf, che sicuramente non mancherà, con tutte le case in giro per mari e per monti. Antonio Polito. Corsera.

Il bilancio politico della presidenza di John F. Kennedy è stato un disastro. È lui infatti che ha tentato il vergognoso colpo di stato a Cuba, che ha dato inizio alla guerra del Vietnam, che ha accelerato la corsa agli armamenti nucleari che, in quel periodo, superarono di tre volte quelli dell’Urss. Ciò nonostante è passato ugualmente alla storia come il presidente degli Stati Uniti che più aveva amato la pace e la coesistenza. Massimo Fini. Il Fatto quotidiano.

«Pensavo» dissi «allo strano spettacolo che ho visto stamattina: in boulevard Saint-Michel c’era un uomo appoggiato al muro, che mostrava una scimmietta. La teneva dentro una cassetta. La scimmietta tirava la tenda, si affacciava e dava la mano al curioso, il quale, poi, metteva qualche moneta nel cappello che l’uomo gli porgeva. Andai anch’io a dar la mano alla scimmietta e sentii tra le dita le sue ossicine e il suo piccolo palmo, freddo e tremante». Piero Chiara, Il cappotto di astrakan. Mondadori. 1978.

«Un alunno nuovo: Gianni Ettori» disse con la sua voce triste. E insistendo perché l’insegnante si sedesse, si spiegarono qualche cosa a barbe avvicinate. Il professor Vergato aperse le braccia, alzandosi e inchinandosi come per dire: «Quand’è così, niente da obiettare». Il direttore se ne andò facendo cenno ai ragazzi che non si alzassero. Vergato scese di cattedra e, alzatisi gli occhiali sulla fronte, si piantò davanti al nuovo e lo scrutò a lungo. «Da dove vieni?». «Da Verona, signore». Nelle larghe vocali aveva la grazia dei veneti. «Sei veronese?». «Per metà. Mia madre era viennese. Mio padre è ufficiale ed è stato trasferito improvvisamente a Milano, in seguito a una promozione. Mi scuso del ritardo». «Non si arriva mai abbastanza tardi, in una masnada di delinquenti come questa. Bada a non farti guastare». «Sembrano così gentili a vederli», disse il ragazzo girando sulla classe una maliziosa occhiata. I più scaltri risero; s’incresparono anche i baffi a scopa di Vergato. Luigi Santucci, Il Velocifero. Mandadori. 1963.

È rischioso dire la verità agli elettori. Puoi perderne il consenso. Roberto Gervaso. Il Messaggero.